Laura Merlin - Morrigan
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â¹â¹Mi odia, è questo il fatto. Se mi piace una persona non cerco di aggredirla ogni volta che dice una cosaâºâº.
Sonia rise. â¹â¹Non capisci, è proprio questo il puntoâºâº.
La guardai a bocca aperta. Non capivo davvero dove volesse arrivare. Gabriel era stato chiaro con me, non voleva avermi attorno. E nemmeno io lo volevo.
O forse sì?
Arrossii al pensiero che fra noi potesse nascere qualcosa. Sonia lo notò e abbassai lo sguardo, non volevo ammettere che forse aveva ragione.
â¹â¹Andiamo, daiâºâº. Mi diede una leggera pacca sulla spalla.
Salì a cavallo con unâeleganza che le invidiai. Io non lâavevo mai fatto prima e al solo pensiero mi tremavano le gambe.
Dietro di lei salì Sara.
Mancavo solo io.
Mi ritrovai davanti Gabriel. Il cavaliere nero sul suo nero destriero, pensai. Gli si addiceva come figura.
Cercai di concentrarmi sulla sella e presi coraggio. Se mi fossi distratta avrei rischiato davvero di ritrovarmi con il sedere per terra.
Come diavolo si faceva a salire su quel coso?
Avevo bisogno di aiuto ma non lo volevo ammettere. Non volevo farmi aiutare proprio da lui, che se ne stava a guardarmi con le braccia incrociate appoggiate al collo del cavallo in un modo alquanto irritante.
â¹â¹Dai, metti il piede destro sulla staffaâºâº. Lo sentii trattenere una risata. â¹â¹Appoggiati a me, ti tirerò suâºâº.
Non ci trovavo nulla da ridere!
Sbuffai e misi da parte lâorgoglio di potercela fare da sola. Misi il piede destro sulla staffa, mi attaccai al braccio di Gabriel e, con un movimento agile e senza fatica, mi alzò.
Me lo ritrovai di fronte, gli occhi poco distanti dai miei. â¹â¹Ã stato facile, vero?âºâº.
Avrei voluto dirgli quanto lo odiavo, però mi limitai a un semplice e acido: â¹â¹Grazie, ce lâavrei fatta anche da solaâºâº.
â¹â¹Non ne dubitoâºâº, disse in tono sarcastico. Poi tornò subito serio. â¹â¹Attaccati a me, dovremmo sbrigarci ad arrivare al castello. Più veloci siamo, meno attenzioni attiriamoâºâº.
Appoggiai le mani sui fianchi e mi attaccai più stretta che potevo alla maglia.
Gabriel si girò scocciato. â¹â¹Tu non mi ascolti alloraâºâº.
Mi prese le mani e se le portò davanti. â¹â¹Ora non rischierai la vita. Tieniti forteâºâº, e poi si rivolse alle ragazze gridando â¹â¹Possiamo andareâºâº.
Mi ritrovai schiacciata contro la sua schiena. Stavamo andando a una velocità impensabile, tanto che il paesaggio attorno risultava sfocato. Riuscivo a malapena a distinguere le immense praterie e qualche monte in lontananza, ma niente più.
Mi girava ancora la testa, così decisi di chiudere gli occhi.
Il vento mi scompigliava i capelli e con gli occhi chiusi mi sembrava di volare.
Volare!
Gabriel era un angelo, avrebbe dovuto avere le ali. Allora perché non le vedevo? La sua schiena sembrava perfetta. Oltre ai muscoli non notavo nessuna imperfezione. O almeno stando appoggiata a lui era quello che mi sembrava.
Ebbi un flash in cui vidi una sagoma con un paio di ali nere, maestose e terrificanti.
Spalancai gli occhi allâimprovviso per lo spavento, e nello stesso istante la nostra folle corsa rallentò.
Attorno a me câera un paesaggio fantastico immerso nel verde.
Gabriel notò che ero distratta e per richiamare la mia attenzione appoggiò una mano sopra le mie. Passò con delicatezza il pollice sul dorso per avvisarmi che eravamo arrivati.
Mi si fermò il cuore.
â¹â¹Guarda, Sofia, non è magnifico questo posto?âºâº. La sua voce nascondeva un velo di tristezza, quasi come se quei luoghi gli facessero tornare alla mente ricordi lontani, o forse mi stavo sbagliando. Non lâavrei mai creduto capace di provare sentimenti.
Rispetto al solito, però, sembrava più dolce. Il suo lato angelico era venuto a galla?
No, ma mi sarei goduta quel momento prima che ritornasse il solito, irascibile Gabriel.
â¹â¹Ã fantasticoâºâº.
E in effetti era vero. Davanti a noi câera unâimmensa distesa dâacqua, così azzurra da dare lâimpressione che il cielo si fosse ribaltato. Doveva essere un lago perché lì attorno câerano solo montagne.
â¹â¹Questo è il Lago dei tre fiumi. Se guardi bene puoi benissimo capire il perché di questo nomeâºâº.
Guardai con attenzione e alla fine capii. Attorno al lago si trovavano tre montagne e da ognuna di esse scendeva un fiume che andava a sfociare direttamente nelle acque cristalline.
â¹â¹Dobbiamo passare il ponte. Vedi laggiù?âºâº. Gabriel mi riportò con la mente a terra e, con mio grande dispiacere, tolse la mano dalle mie per indicare un punto in lontananza.
Vidi un ponte che sembrava non avere fine. Strizzai gli occhi per vedere meglio. Il luccichio dellâacqua mi impediva di vedere bene. Portai una mano sopra gli occhi per coprirli e alla fine vidi un piccolo rilievo montuoso.
Era strano però, aveva una forma particolare.
â¹â¹Lassù, in cima a quel monte câè il castello di Ares. Vi accompagnerò fin là , poi proseguirete il viaggio da soleâºâº, disse Gabriel serrando la mascella.
â¹â¹Perché non vieni con noi?âºâº
Un lampo di rabbia gli passò negli occhi. â¹â¹Non sono il benvenutoâºâº. E bloccò la conversazione.
Con lui non si poteva mai fare un discorso completo, lasciava sempre le cose a metà e questo mi dava davvero fastidio.
Arrivammo al castello nel tardo pomeriggio.
Gabriel se ne andò con i cavalli e disse che sarebbe venuto a prenderci la mattina dopo.
Dove avrebbe passato la notte non ce lo disse, ma quello non era importante. La mia attenzione era stata attirata da qualcosâaltro.
Il castello di fronte a me era stupendo, il classico castello medievale con le torri imponenti, il fossato attorno e le merlature nella parte terminale della muratura.
Entrammo scortate da quello che avrebbe dovuto essere un paggio. Era un ragazzo giovane, che scoprii essere lâunico immortale al servizio di Ares. Tutti gli altri erano rimasti con Mefisto, il quale li lasciava marcire fino allâosso in un mare di vizi e corruzione.
Indossava una calzamaglia aderente alle gambe lunghe e snelle, simili a quelle di un cerbiatto, e una camicia bianca. Sopra aveva un gilet nero con gli orli in oro chiuso da un semplice cordino marrone.
Come se non fosse abbastanza ridicolo, in testa aveva uno di quegli strani cappelli di foggia spagnoleggiante, in feltro nero, con una piuma di struzzo che ricadeva sui capelli biondi e ricci.
Non riuscii a trattenere una risata quando vidi i pantaloni corti bombati, marroni a strisce argentate. Era come se si fosse messo due palloncini sulle gambe.
Ci accompagnò fio alla porta del salone, lâaprì e annunciò a gran voce: â¹â¹Sua Altezza lâimmortale Ares è pronto a riceverviâºâº.
Entrammo in fila, prima Sonia, poi Sara e poi io.
Il salone era più grande di come lâavevo immaginato. Enormi dipinti occupavano sia la parete destra che la parete sinistra.
Erano elfi nobili, lo si capiva dal portamento fiero e dalle elaborate coroncine di foglie posate sul capo.
â¹â¹Chi sono?âºâº Chiesi sottovoce a Sara, che ancora mi guardava con uno sguardo torvo.
â¹â¹La prima stirpe di elfi che regnò ad Naostur, i Nuropeguesâºâº.
â¹â¹Ma qui non ci sono elfiâºâº, le feci notare. â¹â¹Finora ho visto solo mezzelfi. Che fine hanno fatto?âºâº
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