Poco più avanti, su un’enorme bancarella di un grosso e vecchio nano, un’infinità di armi poggiavano le une sulle altre sopra a vecchi e sporchi pezzi di stoffa. Asce, pugnali, coltelli, archi, lance, balestre, mazze chiodate e armature dalle diverse misure ne facevano un vero e proprio arsenale in grado di armare un centinaio se non più di soldati.
Il grosso e basso mercante urlava elogiando l’affidabilità e la qualità delle proprie armi, impegnato ad affilarne una contro un’apposita pietra circolare messa in moto da uno strano strumento a pedali.
Con gli occhi arrossati a causa della polvere alzata dalle migliaia di stivali in movimento, Jack si strofinò fortemente il viso da sopra la rete del mantello, andando così a peggiorarne il fastidio.
Quel cambiamento, così improvviso quanto eccitante, lo stava travolgendo ogni secondo di più alternando in lui diverse sensazioni. L'intenso e inebriante profumo di fiori dei primi tre distretti aveva abbandonato le sue narici ormai sature dei forti fetori presenti. Muffa, sudore, escrementi e altre orribili e sconosciute esalazioni non gli davano tregua e nonostante l'immensa meraviglia, un forte conato lo contorse sul piccolo e scomodo sedile.
«Profumo del mercato, caro mio!», scoppiò a ridere da sotto il mantello il barbuto folletto abituato, come l'astro, a quei nauseabondi fetori.
Nell'assistere alla scena, Santos si lasciò scappare un leggero sorriso felice di avere al suo fianco il piccolo amico.
Forse, tutto sarebbe andato nel migliore dei modi e nel vedere Boris così spensierato, capì che, nonostante la situazione, ridere non poteva di certo peggiorarla ma, al contrario, renderla più piacevole.
Per sfuggire a quell'insopportabile tanfo, Jack si strinse il cappuccio sul viso nel tentativo di filtrare il più possibile l’aria circostante. Con il passare dei minuti, capì che non tutti gli odori poi erano così cattivi. Alcuni, nuovi per le sue narici, si dimostrarono addirittura piacevoli donandogli così piccoli sprazzi di tregua.
«Hooo…», fermò di colpo il carro il suo maestro.
«Ho una faccenda da sbrigare, restate qui sul carro e non muovetevi per nessuna ragione.» ordinò l’astro scendendo dal calesse con agilità.
Jack, stupito da quell'improvvisa fermata, annuì da sotto il cappuccio, ben attento a tenerselo stretto sul viso.
«Tranquillo, è con me!» gli rispose di petto Boris sbucando leggermente dal mantello.
«Ed è per questo che mi preoccupo» urlò l'astro ormai avvolto dalla folla.
«Sfacciato che non sei altro!», s'infuriò il folletto strattonando i lembi rugosi della cappa.
Jack, nell’assistere all’ennesima scenetta, si lasciò scappare una lieve risata. Aumentò così la furia del piccolo re dell'Ovest, che paonazzo lo fissò seriamente.
«Ma chi si crede di essere?», continuò Boris offeso.
«Sono un re, non il primo scapestrato che gli si è parato davanti. Sono un re!».
Jack, nonostante il simpatico siparietto, smise di ascoltarlo. Nei suoi occhi, lo sguardo indecifrabile di Santos visto di sfuggita da sotto il cappuccio poco prima di essere inghiottito dal mare d'individui presenti.
Per quanto l’astro avesse provato a nasconderglielo, non era sfuggito. Qualcosa turbava il suo maestro, un qualcosa di intimo e profondo.
Tristezza?
Preoccupazione?
Non era riuscito a capirlo in uno sguardo così veloce e l'unica cosa che poteva fare era aspettare il suo ritorno.
Poi, nel mezzo della confusione, la sua attenzione si spostò su un acceso diverbio poco distante.
«Non scherzare, elfo, ne vale almeno il doppio!»
«Sono serio più che mai, nano! Nel mio pianeta costano quindici Pugni e se vuoi fregare qualcuno, di certo non sarò io!»
«Chiudi quella sporca bocca e apri le tue ridicole orecchie a punta: Brit non frega nessuno, hai capito, razza d’ignorante?»
«Non ti conviene alzare la voce, mercante, potresti ritrovarti con un pugnale conficcato nel collo senza accorgertene!» minacciò l'alto e mingherlino elfo portando la mano all'elsa legata in vita.
Di fronte a lui, quattro volte più largo e decisamente più basso, il nano lo fissò in cagnesco impugnando con sicurezza un'accetta dai bordi affilati.
«Non cambieranno mai… Zoticoni!», si lamentò Boris infastidito.
Ne aveva per tutti, sempre.
«Tieniti pure la tua merce, ladro di un mercante!» urlò infine l’elfo andandosene adirato. Il nano restò immobile e rosso dalla collera.
«Mantelli, mantelli signori! Ottimi mantelli di ogni taglia e per qualsiasi esigenza!» urlò improvvisamente un grosso e muscoloso individuo dal viso ricoperto da strani tatuaggi.
Jack, senza accorgersene, si voltò nella sua direzione. Nel vederlo, socchiuse gli occhi incredulo cercando di metterlo a fuoco nel migliore dei modi.
«È un umano?» chiese stupito.
«Quell'irresponsabile allora non ti ha detto proprio nulla!», scosse il capo Boris nell'ennesima predica.
«Mi ha parlato della Grande Guerra, di Marmorn e dell’esclusione della Terra dalla Grande Costellazione»
«Abbassa la voce… sciocco!», lo rimproverò l'amico cambiando subito espressione.
Nel vederlo così serio, Jack si portò le mani alla bocca spaventato.
Cosa mai aveva detto di così grave?
«Dovunque sarai e con chiunque mai parlerai, tieniti per te queste informazioni. E come cosa più importante, prima di ogni altra cosa non pronunciare più il nome del Re Nero! Hai capito bene?».
Jack, stupito da quella reazione, annuì sentendosi in colpa.
«Da molti anni ormai non se ne parla più. La gente vuole dimenticare, vivere in pace.»
«Anche sulla Terra ci sono state numerose e violente guerre con migliaia di caduti». Sospirò il terrestre, cercando di trovare le parole migliori. Con un filo di voce riprese.
«Ma tutte le nuove generazioni le studiano, leggono delle atrocità commesse in passato dai propri simili e non lo fanno per non vivere in pace ma per non dimenticare, per far sì che nessun altro ripercorra le strade di quegli assassini. Le si studia per ricordare e onorare i soldati morti in battaglia. Dimenticare vorrebbe dire infangare la memoria delle vittime che con coraggio hanno sacrificato la propria vita per salvare quella degli altri. Ti sembra giusto?», terminò non accorgendosi del tono di voce sempre più alto.
La pronta risposta di Boris morì tra le sue piccole labbra e, fissandolo diritto negli occhi, si bloccò.
Quelle parole lo avevano spiazzato. Il discorso del giovane aveva una logica, un forte senso di responsabilità e di orgoglio. Nei nove mondi però la mentalità era ben diversa.
«Qui funziona in un altro modo, ragazzo!», provò a ricomporsi.
«Dopo la fine della guerra, gli antichi saggi hanno avviato questa politica cercando di nascondere, generazione dopo generazione, i ricordi atroci e violenti di quei terribili anni».
Entrambe le ideologie alla fine avevano un senso e continuare il discorso sarebbe stato inutile.
I due si guardarono per un istante, segno del reciproco rispetto. Boris, con il corpo nascosto nella tasca interna del mantello, annuì con il capo lasciando sbucare di pochi centimetri il suo piccolo cappello verdastro a punta, dal quale non si separava mai.
«Comunque c’è altro che è meglio tu sappia, ragazzo!».
Curioso, Jack abbassò la testa verso di lui.
«Come già sai, i superstiti dell’armata umana, dopo la sconfitta del loro re, furono esiliati sulla Terra ed esclusi dalla Grande Costellazione privi di ogni ricordo. Quando Marmorn…», bisbigliò coprendosi le labbra con la mano, «… Quando il Re Nero venne sconfitto, Astor, il salvatore, oltre a provare pietà per lui la provò per l’intero genere umano».
Jack ascoltava immobile, estraniatosi ormai dalla confusione che li circondava.
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