Federico Moccia - Scusa ma ti voglio sposare

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Una voce. E non è la sua.

"Dottor Belli?"

"Sì."

"Un pacco per lei."

"Ultimo piano."

Un pacco. Qualcuno mi ha pensato. Mi ha regalato qualcosa. Un pensiero per me. Cosa può essere e, soprattutto, chi potrebbe essere, forse lei? E perché mai un pacco? Quale miglior regalo sarebbe stato invece aver direttamente lei qui stasera… Alex apre la porta, aspetta che arrivi l'ascensore e quando le porte si aprono, una sorpresa incredibile. Non se lo sarebbe mai aspettato. Ha un pacco in mano ed è elegantissima. E più bella del solito. "Raffaella…" Sorride. "Arrivo in un momento sbagliato?" Si ferma a

pochi passi da lui. "Non vorrei essere un problema… Magari non sei solo."

No. Purtroppo no, pensa Alex, avrei tanto voluto che ci fosse stato il "problema" Niki. Ma non c'è. Non c'è pericolo… "No no… Sono solo. Non ti avevo riconosciuto al citofono!"

"E certo, l'ho fatto apposta, ho camuffato un po'"la voce." Rientra nel personaggio e cambia tono. "Dottor Belli, c'è un pacco per lei…" Poi si mette a ridere. "Ci sei cascato, eh…"

"Già." E rimangono così sul pianerottolo. E alla fine quel tempo che passa diventa quasi scortese. Alex se ne accorge ed è costretto in qualche modo a rimediare. "Che sciocco che sono, anzi che maleducato, vieni, ti va di entrare?"

"Certo…"

Entrano dentro casa, Alex chiude la porta. "Vuoi qualcosa da bere? Stavo bevendo del vino… O vuoi qualcos'altro? Che ne so, un bitter, una grappa, un succo di frutta, una Coca Cola…" E senza volerlo gli ritorna in mente quella stessa frase, la prima volta che l'aveva detta a Niki, quando l'aveva fatta salire a casa sua. Basta. Alex si obbliga ad allontanarsi da quel pensiero. Ho detto basta.

"Allora? Cosa ti posso dare?" E si accorge di dirlo con un po'"di nervosismo. Alex, lei non c'entra nulla, anzi è stata gentile.

"Per me va benissimo quello che stai bevendo tu, grazie…"

Alex fa un sospiro, è un po'"più sollevato. "Vuoi anche un pezzo di formaggio? Un cracker… Qualcos'altro… Che ne so…"

"No no, va benissimo un bicchiere di vino."

E si ritrovano in salotto, seduti a sorseggiare del vino con quel pacco sul tavolo basso proprio di fronte a loro. Raffaella ha una bellissima gonna di seta a fantasia piena di farfalle, fiori, onde. Gioca tra il vinaccia e il rosa e il fucsia con un leggerissimo celeste che sembra legare morbidamente quelle immagini, come se fosse un pastello usato da un delicato pittore per farne il fondo. Sopra ha un golf sbracciato azzurro, con i bordini vinaccia e alcuni bottoni sempre sulla stessa tonalità di colore. Accavalla le gambe. Ha un bellissimo personale. E anche uno splendido sorriso. E ora lo sta usando. È bella. È veramente bella. Divertita tra i suoi capelli ricci castani, che la avvolgono in quell'immagine leggera, come un profumo raffinato ma non invadente. I suoi occhi si nascondono dietro il bordo di un bicchiere.

"Allora, Alex…"

"Cosa?" Dice lui imbarazzato, come se già sapesse di cosa parleranno, dove andrà a finire quella conversazione. Ma non è così. Raffaella sorride.

"L'ho portato per te… Mi farebbe piacere che tu lo aprissi…"

"Ah sì, certo." Alex si scrolla di dosso quel momento, prende il pacco e comincia a scartarlo. Raffaella lo segue sorseggiando il vino. Sorride- sapendo cosa c'è là dentro. Poi Alex lo solleva con tutte e due le mani davanti al viso.

"Ma… È bellissimo." Leva quell'ultimo pezzo di carta che ancora lo nascondeva.

"Sul serio?"

"Come hai fatto?" E guarda ammirato quel piccolo plastico. È il modellino della sua campagna, foto trasparenti di animali, che si attaccano, si azzannano, in primo piano, e poi il modellino della macchina e la scritta della campagna. "Istinto. Amore… Motore."

Alex se lo rigira tra le mani, sinceramente sorpreso. Raffaella beve l'ultimo sorso di vino. "Oh… È facile. Ho messo le foto stampate su carta trasparente con il computer." Poi si siede vicino a lui. "E poi non hai visto qui in fondo." Dietro l'ultima foto della pantera c'è la stanza di Alex, con lui assorto che pensa davanti a dei fogli, con la mano che gli regge il mento. Alex è sbalordito.

"Davvero, come hai fatto?"

Raffaella gli sorride. "Lasciavi sempre la porta aperta in quei giorni… Sai che amo la fotografia. Ne ho scattate diverse mentre pensavi…"

Alex immagina quelle foto. Avrà rapito in questi scatti momenti d'amore, di dubbio e di dolore, di vana ricerca. Chissà in quante foto che mi ha fatto i miei pensieri andavano a Niki.

"E questa l'hai vista?" Raffaella lo richiama alla realtà e indica un punto dall'altra parte del modellino.

"Ma… Sei tu." C'è una sua immagine proprio mentre sta facendo delle foto nella sua direzione, lei dietro una colonna che prende la mira con la sua macchina fotografica.

"Chi te l'ha fatta?"

"Oh, non mi ricordo…" risponde Raffaella imbarazzata.

E certo, a lei tutti vorrebbero fare una foto e anche qualcos'altro… pensa Alex, che si ritrova così a fissare quel modellino con un'aria diversa.

"Se vuoi la mia la puoi togliere Alex, non l'ho incollata apposta… Se vuoi ci sono, sennò… no." E lo guarda fisso. Ed è vicino a lei sul divano, molto vicino, troppo vicino. E sente il suo profumo, leggero, elegante, secco, non invadente, non troppo presente. Proprio come lei. Se vuoi ci sono, sennò… no. Alex la guarda e le fa un sorriso.

"Perché dovrei toglierti? È bellissimo questo tuo pensiero. Mi piace. Mi ricorderà il lavoro che abbiamo fatto insieme."

E anche tutto questo periodo però, pensa Alex, sarà doloroso questo regalo.

"E spero che sia anche un pensiero per tutto quello che faremo…."

Raffaella si avvicina a lui. Dolorosamente vicina. Alex la guarda.

"Già… Per tutto quello che faremo…"

E rimangono così, in silenzio, su quel divano. Alex fissa quel modellino, le foto, gli animali, le pellicole trasparenti, quella scritta. Il nome della macchina. Istinto. Il suo slogan: amore motore. E rimane così, in quel silenzio che sembra infinito, con una nuova idea, un nuovo slogan per chissà quale terribile campagna. Silenzio, Amore, Dolore. Raffaella lo richiama al presente con la sua voce allegra. "Ehi… Le mie sorprese in realtà non erano finite qui… Ti va di venire con me?"

Centotrentotto

La moto corre veloce. Tra il traffico lento della sera, svicola facile, agile, snella, silenziosa lungo il Tevere. Niki è dietro Guido, che sentendosi stringere rallenta un po'.

"Hai paura?" Le sorride nello specchietto.

Niki allenta la presa. "No…"

Guido allora sceglie un'andatura meno forte. "Ok, ora vado comunque così."

E procede piano dando un filo di gas con la destra, mentre la sinistra, libera, scivola sulla gamba di Niki, cercando la sua mano. Alla fine la trova e la stringe. Niki lo guarda riflesso nello specchietto. Che strano stare dietro a lui con la mia mano nella sua… È una sensazione insolita. Non la tolgo, non so perché ma non la tolgo, eppure non è che sono del tutto felice di sentirmi così… Boh, non so, come oppressa, ecco, sì, oppressa. Cioè… ho bisogno della mia libertà più totale e completa, senza nessun limite, di nessun tipo.

Gli porta la mano in avanti. "Mettila sul manubrio…"

"Ma guarda che io guido bene anche con una…"

"Lo so, ma mettila sul manubrio, mi sento più sicura."

Guido sbuffa ma decide comunque di non contraddirla, di fare tutto quello che lei desidera, di farla sentire serena. Ci vuole tempo, lo sa. L'unica cosa che non sa è quanto. E se mai basterà. Allora accelera un po'. Niki si tiene alle maniglie laterali sotto di lei e corrono ancora, di nuovo, stavolta fino a piazza Cavour, poi Guido gira a sinistra e si ferma all'angolo.

"Ecco, siamo arrivati. Qui fanno degli aperitivi straordinari… Ti va?"

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