Anne Rice - Scelti dalle tenebre
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- Название:Scelti dalle tenebre
- Автор:
- Издательство:Longanesi
- Жанр:
- Год:1989
- Город:Milano
- ISBN:978-88-304-0911-8
- Рейтинг книги:5 / 5. Голосов: 1
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E il valzer viennese, ah, era tratto dall’incantesimo che Armand aveva operato su di me, troppo straziante per ricordarlo.
Perché non ero stato un po’ più ingegnoso nell’ingannare me stesso, perché non avevo fatto in modo che il film fosse muto come doveva? Allora avrei potuto continuare a credere che fosse stata una visione autentica.
Ma quella era la prova definitiva della mia invenzione, dell’audace fantasia egoistica. Akasha, la mia amatissima, mi parlava!
Akasha era sulla soglia della camera e guardava il corridoio sotterraneo dell’ascensore che aveva riportato Marius al mondo di lassù. I capelli neri scendevano folti e pesanti sulle spalle candide. Alzò la mano bianca per chiamarmi. La bocca era rossa.
«Lestat!» sussurrò. «Vieni.»
I suoi pensieri si irradiavano da lei senza suono, nelle parole della vecchia regina vampira pronunciate sotto il Cimitero degli Innocenti, tanti anni prima:
Dal mio cuscino di pietra ho sognato il mondo dei mortali. Ho udito le sue voci, la sua musica nuova, come nenie che mi cullano nella tomba. Ho visto le sue scoperte fantastiche, ho conosciuto il suo coraggio nel sacrario eterno dei miei pensieri. E, sebbene mi escluda con le sue forme abbaglianti, attendo qualcuno che abbia la forza di aggirarvisi senza paura e di percorrere la Strada del Diavolo attraverso il suo cuore.
«Lestat!» sussurrò di nuovo Akasha. Il suo volto marmoreo era tragicamente animato. «Vieni!»
«Oh, mia adorata», dissi, e sentii tra le labbra il sapore amaro della terra. «Oh, se lo potessi.»
Lestat de Lioncourt
nell’anno della sua Resurrezione
1984
Dioniso a San Francisco
1.
LA settimana prima che venisse messo in vendita il nostro album, loro si mossero per la prima volta per minacciarci per mezzo del telefono.
La sicurezza che circondava il complesso rock Il Vampiro Lestat era dispendiosa ma quasi impenetrabile. Persino gli editori della mia autobiografia avevano collaborato in pieno. E durante i lunghi mesi delle registrazioni discografiche e televisive, non avevo visto uno solo di loro a New Orleans, e non li avevo sentiti muoversi.
Eppure, chissà come, loro si erano procurati il numero che non figurava sull’elenco e avevano dettato ammonimenti e insulti sulla segreteria telefonica automatica.
«Fuorilegge. Sappiamo che cosa stai facendo. Ti ordiniamo di smettere. Vieni fuori dove possiamo vederti. Ti sfidiamo a farlo.»
Avevo isolato il complesso in una vecchia, deliziosa casa coloniale a nord di New Orleans, e versavo il Dom Pérignon per i ragazzi mentre fumavano hashish, e tutti noi eravamo stanchi per la tensione e i preparativi, ansiosi d’incontrare per la prima volta il pubblico di San Francisco e di assaporare per la prima volta il gusto certo del successo.
Poi la mia avvocatessa, Christine, inoltrò i primi messaggi telefonici (è strano come l’apparecchio avesse catturato il timbro delle voci ultraterrene) e nel cuore della notte condussi i miei musicisti all’aeroporto e spiccammo il volo per l’ovest.
Da quel momento neppure Christine seppe dov’eravamo nascosti. Persino i musicisti non ne erano interamente sicuri. In un lussuoso ranch di Carmel Valley ascoltammo per la prima volta alla radio la nostra musica. Ballammo quando i nostri primi video apparvero in tutta la nazione attraverso la TV via cavo.
E ogni sera andavo da solo fino alla città costiera di Monterey a ritirare le comunicazioni di Christine. Poi mi spingevo a nord, a caccia.
Andavo con la lucida, potente Porsche nera fino a San Francisco, affrontando a velocità inebriante le curve strettissime della strada costiera. E nell’immacolata semioscurità gialla delle grandi strade cittadine appostavo gli assassini un po’ più crudelmente e lentamente di prima.
La tensione stava diventando insopportabile.
Non vedevo ancora gli altri. Non li sentivo. Avevo soltanto quei messaggi telefonici, inviati da immortali che non avevo mai conosciuto.
«Ti avvertiamo. Non continuare con questa follia. Il tuo gioco è più pericoloso di quanto immagini.» E poi il bisbiglio registrato che le orecchie umane non potevano udire:
«Traditore!» «Fuorilegge!» «Mostrati, Lestat!»
Se mi davano la caccia a San Francisco, non li vedevo. Ma San Francisco è una città densamente popolata. E io ero furtivo e silenzioso come sempre.
Finalmente arrivarono i telegrammi alla casella postale di Monterey. Ce l’avevamo fatta. Le vendite del nostro album stavano battendo tutti i primati, lì e in Europa. Dopo San Francisco avremmo potuto esibirci in qualsiasi città avessimo desiderato. La mia autobiografia era in tutte le librerie da costa a costa. Il Vampiro Lestat era in testa alle classifiche.
E, dopo la caccia notturna in San Francisco, incominciai a percorrere tutta la lunghezza di Divisadero Street. La Porsche nera passava davanti alle case vittoriane in rovina, e mi domandavo in quale di quelle Louis aveva raccontato al giovane mortale la storia dell’ Intervista col Vampiro. Pensavo continuamente a Louis e Gabrielle. Pensavo ad Armand. Pensavo a Marius. Marius che avevo tradito raccontando tutti gli avvenimenti.
Il Vampiro Lestat tendeva i suoi tentacoli elettronici abbastanza lontano da toccarli? Avevano visto i video L’eredità di Magnus, I Figli delle Tenebre, Coloro-che-devono-essere-conservati? Pensavo agli altri antichi dei quali avevo rivelato i nomi: Mael, Pandora, Ramses il Dannato.
Per la verità, Marius avrebbe potuto trovarmi a dispetto della segretezza e delle persecuzioni. I suoi poteri erano tali da travalicare anche le immense distanze dell’America. Se aveva guardato, se aveva sentito…
Tornò il vecchio sogno di Marius che faceva funzionare il proiettore, le figure in movimento sulla parete del sacrario di Coloro-che-devono-essere-conservati. Persino nel ricordo sembrava assurdamente lucido, e mi faceva battere più forte il cuore.
A poco a poco mi resi conto di possedere un nuovo concetto di solitudine, un nuovo metodo per misurare un silenzio che si estendeva sino alla fine del mondo. E le sole cose che l’interrompevano erano le minacciose voci sovrannaturali registrate che non portavano immagini con sé mentre cresceva la loro virulenza.
«Non osare presentarti sul palcoscenico a San Francisco. Ti avvertiamo. La tua sfida è troppo volgare, troppo sprezzante. Siamo pronti a correre ogni rischio, anche un pubblico scandalo, per punirti.»
Ridevo della combinazione incongrua del linguaggio arcaico e dell’accento inconfondibilmente americano. Com’erano, quei vampiri moderni? Ostentavano istruzione e raffinatezza quando si aggiravano tra i Non Morti? Assumevano un certo stile? Vivevano in congreghe, oppure andavano in giro inforcando potenti moto nere, come amavo fare io?
L’eccitazione cresceva incontrollabilmente dentro di me. E, mentre giravo solo in macchina nella notte con la radio che trasmetteva la nostra musica a tutto volume, sentivo crescere dentro di me un entusiasmo puramente umano.
Tenevo a presentarmi al pubblico come ci tenevano i miei amici mortali, Tough Cookie e Alex e Larry. Dopo il lavoro massacrante per preparare i dischi e le registrazioni, volevo che levassimo insieme le nostre voci di fronte al pubblico urlante. A volte ricordavo fin troppo chiaramente le notti lontane nel piccolo teatro di Renaud. Mi tornavano alla memoria i dettagli più strani… la sensazione del cerone bianco che mi spalmavo sulla faccia, l’odore della cipria, l’attimo in cui comparivo afte luci della ribalta.
Sì, tutto stava per compiersi. E se questo avesse portato anche la collera di Marius… ebbene, la meritavo, no?
San Francisco mi affascinava e mi placava un po’. Non era diffìcile immaginare il mio Louis in quella città. Sembrava quasi veneta, con i caseggiati multicolori che sorgevano muro contro muro nelle vie scure e strette. Erano irresistibili le luci sparse sulle colline e sulle valli, e la giungla cruda e fulgida dei grattacieli del centro che si ergevano come una foresta fiabesca in un oceano di nebbia.
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