Florence chiuse di nuovo gli occhi. Avrebbe voluto dormire, ma la sua mente era troppo inquieta. Pensava a tante cose. All’imbarazzo della signora Barrett; al modo come s’era rigirata di scatto, come se qualcuno la stesse guardando; all’eccesso di zelo da parte di Barrett, per premunirsi contro delle frodi; al fatto che d’un tratto lei aveva cominciato a funzionare come medium fisica; alla sua incapacità di entrare nella cappella; al pensiero che si dava per Fischer; al suo senso di insoddisfazione di sé; al timore di dare al figlio di Belasco più importanza di quanta ne meritasse. Dopotutto…
Balzò su d’un tratto, trattenendo il fiato. Il gatto saltò giù dal letto. Lo vide correre verso la porta e accovacciarsi là, con la schiena inarcata, il pelo irto, le pupille dilatate sì che gli occhi parevano neri. In fretta, ella si alzò e gli andò vicino. Non appena aprì la porta, il gatto schizzò fuori e scomparve.
Udì come starnazzare, alle sue spalle. Si volse di scatto. Vide le coperte e il copriletto ammucchiarsi in terra.
C’era qualcuno disteso sul letto sotto il lenzuolo.
Florence constatò ch’era la figura di un uomo. Si appressò al letto. I suoi nervi si tesero, quando vide che l’uomo era nudo. Infatti, distingueva, sotto il lenzuolo, ogni contorno del suo corpo: l’ampiezza del torace, il rigonfiamento dei genitali. Sentì qualcosa di sensuale attraversare il proprio corpo. No, no, si disse: è proprio questo che vorrebbe, lui. E disse ad alta voce: «Se siete venuto qui solo per farmi impressione con la vostra bravura, ebbene, la cosa non mi interessa affatto».
La figura non si mosse né parlò né niente: giaceva immobile sotto il lenzuolo, e soltanto il torace si sollevava, simulando perfettamente la respirazione. Florence disse, scrutandolo in faccia: «Siete il figlio di Emeric Belasco?». Avanzò lentamente lungo la sponda del letto. «In tal caso, siete voi che avete detto che nulla cambia. E invece, con l’amore, ogni cosa è possibile. Questo vale per la vita, ma vale anche per la vita oltre la vita.» Si chinò su di lui, cercando di distinguerne le fattezze. «Ditemi chi siete, dunque.»
La figura gettò un urlo: «Bu!». Florence indietreggiò, con un grido. In quell’istante il lenzuolo si afflosciò e sul letto non c’era più niente, nessuno. Nell’aria risuonò una risata di scherno. Florence ebbe un moto di risentimento. «Molto spiritoso» disse. La risata salì d’intensità, divenendo frenetica. Florence strinse i pugni. «Se vi interessa solo far dispetti e scherzi, state lontano da me!» ordinò.
Per una ventina di secondi, regnò il silenzio nella stanza. Florence sentì che i muscoli del suo stomaco si tendevano. D’un tratto la lampada cinese fu gettata in terra, la lampadina si ruppe. Ora la stanza riceveva luce solo dalla stanza da bagno. La porta che dava sul corridoio fu spalancata così violentemente che sbatté contro la parete.
Ella attese un momento. Poi andò a richiuderla. Accese la luce centrale. Raccolse la lampada cinese, la rimise a posto. Quanta rabbia, pensò. Ma non era solo rabbia, questo era chiaro.
Era anche una scusa, una difesa.
ore 18.21
Florence entrò nella sala da pranzo. «Buonasera» disse.
Fischer le rivolse un sorriso distratto.
Florence sedette e indicò la tavola imbandita, dicendo: «Ma lei li ha mai visti quei due, marito e moglie, che ci portano i pasti?».
«No.»
Ella sorrise. «Sarebbe buffo, se non esistessero.»
Fischer non si mostrò affatto divertito. Florence guardò verso il vestibolo. «Dove saranno i Barrett?» disse. Guardò di nuovo il suo commensale. «Be’, lei che cosa ha fatto?»
«Esplorato.» E Fischer sollevò il coperchio di una pentola, che conteneva cotolette di agnello. Rimise giù il coperchio.
«Cominci pure a mangiare» disse Florence.
Egli spinse la pentola verso di lei. La donna disse: «Ma forse sarà meglio aspettare gli altri».
«Cominci pure.»
Florence attese ancora un poco. Poi disse: «Prenderò un po’ d’insalata». Si servì. Lo guardò. Lui scosse il capo. «Non ne vuole?» Lui scosse ancora il capo.
Florence mangiò un po’ d’insalata. Poi domandò: «Lei riuscì a mettersi in contatto con il figlio di Belasco, l’altra volta?».
«L’unica cosa con cui mi misi in contatto fu un filo elettrico scoperto.»
Risuonarono dei passi. Si volsero. «Buonasera» disse Florence.
«Buonasera.» Barrett sorrise educatamente. Edith annui. «Si sente meglio?» domandò Barrett.
Florence annuì. «Sì, sto bene.»
«Sono contento.» Barrett e sua moglie si sedettero, si servirono, cominciarono a mangiare.
«Stavamo parlando del figlio di Belasco» disse Florence.
«Ah, già, il figlio di Belasco.»
Qualcosa, nel tono di voce di quell’uomo, le fece rizzare i peli dalla rabbia. Ripensò all’ignominia cui l’aveva sottoposta con la scusa dell’ispezione fisica. Quel costume, quelle sue ridicole precauzioni: corde e reti e raggi infrarossi, spie luminose, macchine fotografiche. Cercò di reprimere la rabbia che montava in lei, ma non ci riuscì. Come osava, Barrett, trattarla in quel modo? Il suo ruolo nell’impresa era tanto essenziale quanto quello di lui.
«Ma non finirà mai?» disse.
Gli altri la guardarono. «Diceva a me?» domandò Barrett.
«Sì, appunto.» Di nuovo cercò di soffocare la sua rabbia, ma di nuovo ripensò a quell’ignominiosa ispezione fisica, al costume, alle assurde salvaguardie contro le frodi.
«Che cosa non finirà mai?» chiese Barrett.
«Questo atteggiamento di sfiducia… questi dubbi.»
«Sfiducia? Dubbi?»
«Ma perché si pretende, dai medium, che producano dei fenomeni solo a certe condizioni prescritte dalla scienza?» domandò. «Non siamo mica macchine. Siamo esseri umani. Quelle rigide inflessibili esigenze della scienza hanno fatto più male che bene alla parapsicologia.»
«Miss Tanner…» Barrett appariva confuso. «Che cosa le fa pensare che io?…»
«Io non faccio la medium perché la cosa mi diverte, sa!» Florence l’interruppe. Più parlava, più si faceva furiosa. «Spesso è molto doloroso, e tante volte ci si rimette pure!»
«Ma non penserà…»
«Per sua norma e regola, se io faccio la medium è perché sono convinta che attraverso le virtù medianiche Dio si manifesta agli uomini.» Non riusciva a fermarsi. Si mise a citare dalle Scritture, con rabbia: «Imperocché ti dico, che io ti ispirerò e tu quindi dirai loro: Così parlò il Signore.».
«Miss Tanner…»
«Non c’è niente nella Bibbia — non un solo fenomeno — che non si verifichi anche al giorno d’oggi: si tratti di visioni o di rumori, di soffitti che ballano o di esseri che passano attraverso porte chiuse, si tratti di raffiche di vento, di levitazione, di scrittura automatica o di gente che parla lingue ignote.»
Seguì un pesante silenzio a questa sfuriata. Florence fissava Barrett con occhi di fuoco, e sentiva su di sé gli sguardi attoniti degli altri due. A questo punto udì, nella sua mente, un grido d’ammonizione, ma tanta era la rabbia che non gli diede retta.
Barrett si versò una tazzina di caffè. La portò alle labbra. Poi guardò la medium e disse: «Miss Tanner, io non lo so che cosa la disturba, ma…».
S’interruppe: la tazzina gli era scoppiata in mano. Edith diede un balzo all’indietro, a bocca aperta. Barrett, raggelato, guardava il coccio con il manico che gli era rimasto fra le dita. Gli gocciolava del sangue da un taglio sul pollice.
Florence sentiva le tempie martellarle. Fischer si guardava intorno allibito. «Che cos’è, in nome di Dio, che…» Barrett sobbalzò.
Fu investito da schizzi, era scoppiato il bicchiere accanto al suo piatto e i frantumi di vetro si sparsero sulla tavola. Edith si riparò istintivamente il viso con le mani: il suo piatto si era sollevato, e cominciò a volteggiare rapidamente spargendo cibo da tutte le parti, prima di schiantarsi sul pavimento. Edith diede un altro sussulto allorché il suo bicchiere saltò su e si scagliò contro suo marito, a capotavola. Barrett riuscì a schivarlo. E il bicchiere, sfiorandogli un braccio, tonfò sul pavimento. Anche il bicchiere di Fischer esplose, e lui fece un balzo all’indietro, riparandosi il viso con le mani.
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