— Accidenti a te! — ho strillato.
— No, accidenti a “te!” — ha urlato lui. Io mi sono sentito raggelare, vedendo che infilava la destra nella tasca della giacca. “Sono morto”, ho pensato.
— Ehi, ehi. — L’uomo più anziano mi ha lasciato andare per afferrare il socio. — Sei pazzo? Così vicino all’hotel?
— Non me ne importa niente! Voglio infilare una pallottola in quella testa tronfia.
— Tieni la pistola in tasca, Jack, oppure, Dio mi è testimone, ti ridurrò la faccia a polpette — ha ribattuto il più anziano. All’istante, il suo tono mi ha fatto capire quanto fosse più uomo dell’altro, e quale maggiore minaccia costituisse.
Jack è rimasto a fissarlo, senza muoversi. Il più anziano gli ha battuto sulla spalla. — Andiamo, ragazzo — gli ha detto. — Usa il cervello. Vuoi attirarci addosso la polizia?
— Non è ancora nato il damerino che può insultarmi e sperare di cavarsela — ha borbottato Jack.
— È sconvolto, Jack. Non lo capisci?
— Tra un po’ sarà anche morto, te lo giuro — ha ribattuto Jack.
— Sia come sia. Adesso andiamo. — Le parole di Al mi hanno raggelato molto più di quelle di Jack, perché sapevo che non venivano da uno spaccone, ma da qualcuno perfettamente sicuro di sé. Se Al avesse deciso di uccidermi, io sarei morto. Punto e basta.
Ci siamo avviati di nuovo. Il risolino ironico di Al è stato una fitta al cuore. — Cosa hai detto? — ha chiesto lui. — Non avevo mai sentito storie del genere, da uno che implora di salvargli la pelle. — Ho avuto l’impressione di lunghi anni trascorsi a uccidere, e ho rabbrividito.
Dapprima, non volevo rispondergli; poi ho deciso che non avevo niente da guadagnare dal silenzio. — Vi sto dicendo la verità. Mi sono fermato a questo hotel settantacinque anni fa, nel 1971. Ho deciso di…
— Quando sei nato? — mi ha interrotto lui.
— Nel millenovecentotrentasei.
Una risata ansimante è uscita dalle labbra di Al. Sono stato investito dai fumi del whisky. — Molto bene. Se non sei ancora nato, com’è possibile che cammini al nostro fianco?
— È un balordo. Facciamolo fuori — ha detto Jack.
Comprendere quanto fosse difficile spiegare l’enigma mi ha colmato d’ansia. Ma non avevo scelta. — State a sentire — ho detto. — Sono arrivato a questo hotel il 14 novembre 1971. Ho visto una fotografia di Elise McKenna e mi sono innamorato di lei.
— Come no — ha detto Jack.
Ho stretto i denti. — Ho fatto ricerche su quest’epoca, e sono tornato nel 1896 con uno sforzo di volontà. “È vero” — mi sono affrettato ad aggiungere, vedendo il sorriso di Al. — Ve lo giuro. Sono nato il 20 febbraio 1936. Sono stato…
Mi ha interrotto la ruvida pacca di Al sulle spalle. — Sei un bravo ragazzo, Collier, ma sei anche svitato. — E io ho capito quanto fosse assurdo il desiderio di fargli capire. Il che, come unica possibilità, mi lasciava la prospettiva di poter sfuggire a quei due perché avrei perso la mia presa sul 1896, allontanandomi troppo dall’hotel; ed era meno di niente.
Alla fine del sentiero di assi, siamo scesi sulla spiaggia, proseguendo in direzione sud. Ho guardato di nuovo l’hotel. Pareva lontano chilometri. Fissandolo, ho preso una decisione improvvisa, dura: non mi sarei arreso troppo facilmente.
— È inutile che continuiate a stringermi le braccia — ho detto. — Non scappo. — Nel mio tono, o così speravo, c’era tutta la mia amara delusione.
— È vero. Non scappi — ha commentato Al. Mi ha lasciato andare il braccio. Jack, invece, no. Ho aspettato, irrequieto. Dopo un altro minuto, anche lui ha lasciato ricadere la mano.
Nello stesso istante, io mi sono lanciato in avanti e mi sono messo a correre con tutta la mia velocità. Ero convinto di udire, da un secondo all’altro, l’esplosione della pistola di Jack, di essere raggiunto dall’impatto di un proiettile alla schiena. — No, Jack! — ha urlato Al, e io ho capito che i miei timori erano giustificati. Ho corso con tutta la potenza delle mie gambe, sollevandole il più in alto possibile; sapendo che la mia era un’occasione concreta di fuga, visto che loro erano tanto più corpulenti di me.
Ho tenuto gli occhi puntati in avanti. Avevo paura di guardare indietro. Non c’era una sola meta visibile: non una casa, un segno di vita. Ho cominciato a piegare leggermente sulla sinistra, nella speranza di percorrere un ampio semicerchio e di tornare, poco per volta, verso l’hotel. Mi è parso di sentire passi che mi inseguivano, ma non ne ero certo. E nessuno aveva sparato. La speranza si è riaccesa.
È morta all’istante quando qualcosa, da dietro, mi ha centrato alle gambe e io sono precipitato a faccia in giù nella sabbia. Alzando la testa, ho visto Jack sopra me. Con una bestemmia soffocata, ha cercato di assestarmi un pugno, e io ho alzato il braccio sinistro per parare il colpo. Ho boccheggiato di dolore quando la sua mano mi ha centrato il braccio: sembrava di pietra. Qualche altro pugno del genere, e mi sarei ridotto a un ammasso sanguinolento, privo di conoscenza.
Poi l’uomo più anziano gli è balzato addosso. Prima di potermi tirare un altro pugno, Jack è stato sollevato da terra e scaraventato via. Il mio sollievo è stato breve: Al si è chinato su me e mi ha afferrato per la giacca. Mi sono ritrovato in piedi e ho visto il suo braccio ritrarsi. Ho tentato di deviare il colpo, ma la forza dell’impatto ha spostato violentemente il mio braccio. Il palmo aperto della sua mano mi ha percosso la guancia, scavando un solco di dolore accecante nell’occhio e nella mascella. — Adesso “basta” — ha detto Al. Mi ha scrollato come un adulto scrollerebbe un bambino, con una forza incredibile. — Un altro scherzo del genere e ti uccidiamo.
Mi ha sbattuto a terra e si è girato per affrontare la carica di Jack. Lo ha fermato con ridicola facilità. — Lascialo a me! — ha urlato Jack, furibondo. — Lascialo a me! — Io mi sono rialzato, mezzo cieco. L’uomo più anziano ha continuato a tenere a bada l’altro, cercando di calmarlo. — Vacci piano, ragazzo — gli ha detto. — Rallenta il sangue.
Allora non avevano intenzione di uccidermi. Scoprirlo adesso non faceva che peggiorare le cose. Se lo avessi saputo prima, avrei aspettato un’occasione migliore per liberarmi. Dopo quello che avevo fatto, non mi avrebbero più dato la minima possibilità.
L’uomo più giovane ha smesso di divincolarsi solo quando l’altro gli ha ricordato di essere il capo, e che Jack avrebbe fatto meglio a non dimenticarlo. Pochi attimi dopo, mi avevano afferrato di nuovo per le braccia e mi trascinavano sulla spiaggia. Le dita di Jack mi martoriavano ferocemente la carne, ma non mi sono lamentato. A denti stretti, ho chiesto all’uomo più anziano cosa volesse fare di me.
— Ti uccideremo — ha risposto Jack. — Sarai più morto di un pesce all’amo.
— No, Jack — ha ribattuto Al, in tono quasi stanco. — Non sono uomo da omicidi, e lo sai.
— Allora cosa farete? — ho domandato io.
— Ti impediremo di tornare all’hotel — mi ha informato Al. — Finché il treno non sarà partito.
— È questo che vi ha ordinato Robinson?
— Mi pare che quel gentiluomo si chiamasse così, sì. — Al ha annuito. — E ringrazia lui se ti risparmiamo la vita. È stato chiarissimo. Non dobbiamo farti del male, ma semplicemente tenerti lontano dall’hotel per un certo numero di ore. — Un risolino disgustato. — E non ti avremmo fatto niente, se tu non avessi continuato a resistere. Ma è la gioventù, immagino. Anche il mio Paul era identico.
Non ha aggiunto altro. Mi sono chiesto come mai Robinson avesse dato istruzioni tanto precise per la mia vita, quando sembrava desiderare solo la mia morte. Avevo sbagliato un’altra volta nel giudicarlo? Ho scacciato l’idea. Comunque, che importanza aveva? Perdere Elise non era meno che perdere la vita. Vero, avevo letto che si era fermata all’hotel, ma potevo scommettere tutto su quello? Aveva senso che si fermasse da sola, dopo la partenza della sua compagnia? Aveva senso che sua madre, e soprattutto Robinson, la lasciassero lì? Robinson si sarebbe preso tanto disturbo solo per abbandonare Elise all’hotel?
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