Le sue guance erano bagnate di lacrime.
«Oh, Zsuzsa», bisbigliai, e chiusi gli occhi. Quando li riaprii, la visione rimase. Barcollai, improvvisamente preso da vertigini.
«Kasha», disse in fretta, e mi prese per il polso; rabbrividii al suo tocco freddo e vidi che anche lei rabbrividiva… alla vista del crocifisso di Ion, che avevo tirato fuori con la mano libera dalla tasca e che avevo messo sul palmo aperto. Indietreggiò immediatamente, come se la mia pelle l’avesse bruciata come vetriolo. «Ti ho aspettato per andare dove lui non possa udire. Kasha, ti devo parlare subito! Noi ti dobbiamo salvare: tu non sai i suoi progetti! Ma andiamo all’ombra; la luce mi fa male».
Mi raddrizzai, insicuro; fece un gesto come per aiutarmi, ma fu forzata dal crocifisso a mantenere le distanze. Insieme camminammo nell’ombra gettata dal castello e lì lei allungò le braccia per abbracciarmi, poi le abbassò, impotente per la presenza del crocifisso. Ma non avvertii da parte sua alcun tentativo di ipnotizzarmi.
«Kasha», ripeté, con una voce bassa che tremava di disperazione.
«So che eri là la notte scorsa. Hai visto che mi nutrivo…».
«Ti ho visto uccidere una donna», dissi.
Abbassò gli occhi. Non incontrò il mio sguardo, ma non c’era traccia di colpa nella sua voce, nella sua espressione quando disse:
«Sì, ma non avevo scelta. Non puoi immaginare la fame, il dolore; non ero me stessa. Non ero affatto me stessa, ma ora sono ciò che sono e non posso cambiare. Non dico queste parole per ingannarti, ma perché voglio aiutarti: Kasha, devi permettermi di morderti. Devi permettermi di farti diventare ciò che io sono! È l’unico modo; altrimenti, quello che è accaduto al povero papà accadrà anche a te!».
Alzai il crocifisso e lo tenni davanti al suo viso, chiedendomi se fosse efficace — quindi i racconti dei contadini sono veri! — e desiderando di aver pensato ad usarlo la notte precedente, per salvare Frau Mueller dalla creatura che mi stava dinanzi.
Fece una smorfia e si tirò indietro, alzando le braccia come temendo che avrei potuto colpirla, ma non mostrò rabbia.
«Ritorna indietro», ordinai. «Ritorna da lui, mostro. Mia sorella è morta».
Emise un solo singhiozzo ma rimase dov’era, sebbene la vicinanza della croce chiaramente la tormentasse. Quando ebbe ripreso un certo grado di controllo e si fu asciugata gli occhi con il bordo della sua veste funebre disse, con una voce decisa, che non le avevo mai udito usare quando era viva:
«Io sono tua sorella, Kasha. Sì, sono una morta vivente… ma sono sempre Zsuzsa. Devi capirlo; Vlad è sempre stato com’è, un crudele tiranno. La morte e l’immortalità hanno cambiato lui… e anche me, ma poco. Non ti meravigli che io sia venuta ora, di mattina, quando lui non lo hai mai visto?».
Non ebbi risposta a questo, poiché, infatti, ero stupito. Il mio silenzio le procurò una lieve soddisfazione.
«Lui si può muovere di giorno, se l’emergenza lo richiede», continuò, «ma la luce è molto fastidiosa e a lui non piace, poiché i suoi poteri sono grandemente ridotti. Lui deve riposare per una parte delle ventiquattro ore, di più quando si è nutrito, e così, il più delle volte, sceglie di riposare di giorno. Ma io mi sono nutrita e riposata la notte scorsa, e ti appaio adesso nel momento in cui sono più vulnerabile come segno di fiducia. Oh, sono ancora più forte di te e potrei provare a controllarti… ma non lo farò. Arkady, devi ascoltarmi e credermi!».
Il suo tono era di angosciata sincerità e non potevo negare che non stesse cercando di ipnotizzarmi, come aveva fatto la prima notte che si era alzata. Così chiesi:
«Ascoltare e credere cosa?»
«La verità». Il suo viso si contorse dal dolore. «Lui non ci ama. Oh, Kasha, lui non ci ha mai amato! Io pensavo, quando venne da me, che faceva così perché provava dei sentimenti… ma è stata tutta una bugia. Allora mi controllava, mi faceva sentire e credere delle cose e, anche quando bevvi il suo sangue…».
A questo punto, perse la sua compostezza, abbassò il viso nelle mani e pianse; i suoi capelli neri, liberi adesso da ogni traccia d’argento, le caddero in avanti sotto il velo bianco. «Quando bevvi il suo sangue, seppi tutto ciò che lui sapeva. Appresi allora le condizioni del Patto…».
«Il Patto…», dissi.
«Sì. Fu allora che appresi tutto, ma lui ancora mi controllava e mi forzò a dimenticare ciò che non voleva che ricordassi. Pensava — la sua arroganza non conosce limiti! — pensava che io gli sarei stata così grata per la mia immortalità che avrei continuato ad essere la sua piccola Zsuzsa che lo adorava come una schiava, e che una volta che mi fossi rialzata come strigoi e avessi ricordato ogni cosa, lo avrei ancora amato. Forse pensava che sarei diventata senza cuore come lui! Ma tu sei ancora mio fratello, ed io sono ancora Zsuzsa, anche se sono cambiata. Io ti voglio ancora bene, Kasha, e non posso tollerare che lui ti usi in questo modo.
Mi ha reso strigoi perché la mia venerazione verso di lui faceva piacere al suo ego e così, nella sua arroganza, decise che avrebbe calmato la sua fame, fatto cessare la mia opposizione al suo desiderio di andare in Inghilterra, e avuto una compagna immortale che lo avrebbe riverito per sempre come voievod.
Vedi? Lui ha rinunciato a controllarmi: non conosce i miei pensieri, non sa dove sono andata. Fa parte dell’affare che ha fatto, al fine di rompere il Patto e rendere strigoi qualcuno della sua stessa famiglia. Non poteva farlo senza pagare un alto prezzo, poiché rendere Vampiro uno dei suoi significava che l’anima sarebbe stata eternamente intrappolata tra Cielo e Inferno, in modo che il Demonio non potesse averla; così scelse che, una volta che mi fossi rialzata come morta vivente, avrebbe rinunciato alla sua abilità di entrare e controllare la mia mente. Era sicuro a tal punto della mia lealtà».
«Un affare con chi?», la interruppi, ma a ciò i suoi occhi si socchiusero e lei non sembrò propensa a rispondere, quindi continuò rapidamente.
«Fu così che non ricordai niente della verità del suo Patto quando stavo cambiando, prima che morissi, perché allora ancora comandava i miei pensieri e, quando mi alzai dalla bara, non riuscivo a pensare a nulla tranne al fatto che avevo una fame orribile. Solo dopo aver bevuto il sangue della donna ed essermi riposata, la mia mente fu abbastanza chiara da pensare, e poi fui presa dall’orrore per te.
Adesso il nostro povero padre soffre all’Inferno, al posto suo ! Vlad avrebbe potuto salvarlo, avrebbe potuto fare per lui ciò che ha fatto per me — intrappolare la mia anima sulla terra — invece si è assicurato che soffrisse il tormento eterno! Non credere che abbia tenuto lontani i suoi denti dal collo di papà per gentilezza! E farà lo stesso con te: ti intrappolerà, ti costringerà a commettere dei crimini al di fuori della tua libera volontà.
Dovresti udire come ride crudelmente quando parla del giorno in cui ti ha mandato a Bistritz a vedere il jandarm. Si bea del tuo tormento; non è che un gioco per lui, guardare il tuo crescente terrore mentre comprendi la verità, portarti sull’orlo della follia sperando di corrompere il tuo spirito…».
Chiusi gli occhi, pensando alla lettera di Radu:
È come un vecchio lupo che ha ucciso così tante volte che si è annoiato, e deve trovare nuovi piaceri; distruggere l’innocenza è uno di essi… Questo divertimento è nuovo per lui, poiché ne può godere soltanto una volta in ogni generazione.
«I Mueller», dissi bruscamente aprendo gli occhi, comprendendo che V. aveva ucciso Laszlo al fine di rendermi complice. Allo sguardo interrogativo di Zsuzsanna, aggiunsi: «I visitatori. Mi ha giocato inducendomi a piantare nei loro cuori dei pali prima che fossero morti; mi ha ingannato per farmi uccidere, quando io pensavo solamente di impedire che si rialzassero come morti viventi».
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