Jeanne Kalogridis - Il Signore dei Vampiri

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Il Signore dei Vampiri
Diari della famiglia Dracula
Il patto con il Vampiro
I figli del Vampiro
Dracula
In questo libro conclusivo della sensualissima trilogia
, Jeanne Kalogridis fonde brillantemente la sua appassionante storia della famiglia Tsepesh con quella narrata da Stoker, rivelando i retroscena del grande classico.

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Ma l’inglese si alzò accanto al bordo della vasca con le ginocchia e i fianchi premuti contro il ferro caldo, e le dita aggrappate al bordo.

«Per favore, signorina… un telo da bagno! Mi sento piuttosto a disagio poiché, nel mio paese, l’usanza è del tutto diversa».

Mi avvicinai finché le nostre gambe si toccarono; lui si ritrasse subito, spruzzando acqua dappertutto, disperato. Seppi, in quel momento, che la sua decisione di essere fedele alla sua fidanzata era, sfortunatamente, sincera e sorretta da una grande determinazione, così allungai una mano gocciolante e voltai il suo ispido mento verso di me.

La sua volontà era forte, ma non in modo eccessivo; nell’istante in cui il suo sguardo incontrò il mio, cadde sotto il mio incantesimo e sospirò, felice di essere liberato da ogni ingombrante inibizione.

«Siete la creatura più squisitamente bella che abbia mai visto», bisbigliò, e allungò la mano verso di me.

Ci baciammo, unendo le nostre labbra febbrilmente, lui con passione tale da eguagliare la mia, come se anche a lui fosse stata negata l’esperienza dell’amore per due decenni. Pensai che sarei diventata pazza, tanto grande era il mio desiderio per il suo corpo e il suo sangue: i miei baci affamati divennero presto dei piccoli e rapidi morsi sul suo collo e sulle spalle. Si alzò gemendo, e mi sollevò insieme a lui in modo che i suoi baci potessero scendere verso il basso, dal viso al collo, ai seni…

Allora indietreggiai, con suo sgomento (poiché tentava di afferrarmi disperato), e mi appoggiai contro il lato della vasca, chiamandolo perché venisse da me. Così fece e, anche sotto la trance , fece trasparire una temporanea confusione su ciò che, con precisione, doveva accadere poi: il mio inglese sembrava fosse vergine. Ma, quando si avvicinò, mi raddrizzai per sedermi sul bordo della vasca e circondai con le mie ginocchia i suoi fianchi.

Intenta a mostrargli come fare, mi ero del tutto dimenticata della presenza di Elisabeth finché lei non apparve accanto a noi: ora splendidamente nuda e più gloriosa di me. Mi trovai a fissare nel profondo dei suoi occhi blu elettrici, semplicemente attonita per la sua bellezza. Per quanto fossi occupata dal nostro ospite, fui ancora più presa dalla sua pelle nuda, luccicante come neve fresca nella luce del sole. E, lo confesso, dai suoi seni… grandi e pieni, ma sodi come quelli di una ragazza giovane, con il loro latteo biancore coronato da capezzoli di un rosa delicato come un cammeo.

Desiderai ardentemente allungare una mano e toccarli, ma ero così sorpresa nello scoprirmi a desiderare una donna, che mi trattenni e, invece, la guardai mentre aiutava l’inglese nei suoi sforzi di esplorare nuovi territori.

Mentre, con le dita che lo tenevano saldamente, lo guidava verso di me, io inclinai le anche per permettergli di entrare; nell’istante in cui ciò accadde, lui ansimò di gioia stupefatta. Era il suono puramente grato di chi, infine, sa: «Ah, allora è questo ciò che mi è stato tanto a lungo negato!».

Cominciò a spingere… selvaggiamente, con insistenza, pieno di un tale intollerabile desiderio che non riusciva a trattenersi; anch’io non riuscii a resistere e mi aggrappai a lui disperatamente, gridando a ogni movimento. Nel mio delirio, ero solo vagamente cosciente del braccio di Elisabeth tra di noi, con il pollice e l’indice che, formando uno stretto anello, stringevano alla base il membro di lui, in modo che la sua crescente rigidità potesse garantire al mio amante e a me maggiore piacere.

Ma troppo presto, troppo presto, lui si inarcò contro di me gridando, mentre io venivo invasa da un calore interno. In quell’istante, il mio urgente desiderio lasciò il passo a una fame ancora più urgente: lo morsi selvaggiamente nella pelle calda e umida, alla giuntura tra collo e spalle, e bevvi il sangue più dolce, più delizioso che abbia mai bevuto, poiché il gusto era esaltato dall’intensa estasi virginale dell’inglese e dal mio stesso affamato desiderio.

Lui si lamentò, inarcandosi ora per il suo piacere di vittima; ricevere il Bacio Oscuro è, infatti, un piacere infinitamente sensuale.

«Fallo a pezzi!», gridò Elisabeth accanto a me. «Fallo a pezzi, fallo sanguinare… Vlad non lo saprà!».

Lo lacerai con i denti ben conficcati nella sua carne (facendo attenzione a stare lontano dal collo, per non ucciderlo inavvertitamente), scuotendo la testa come fa un cane quando ha preso un topo.

Il mio amante gemette di nuovo, poiché il dolore, adesso, era per lui gioia. Forte e scuro sangue mi sporcò le guance, le palpebre, il petto e le mani: bevvi! Bevvi finché fui ebbra, finché fui cieca, finché dimenticai del tutto me stessa e ciò che mi circondava, sorda a tutto tranne che al lento pulsare del cuore dell’inglese.

Avrei continuato incurante finché il battito del suo cuore fosse cessato, ma delle forti braccia mi tirarono via. Alzai gli occhi, abbagliata come un gufo al chiarore di una lanterna, e vidi Elisabeth che afferrava l’uomo mentre questi cadeva, sollevandolo dall’acqua e deponendolo su un telo di lino aperto sul pavimento.

Bella Elisabeth, con il viso coperto di sangue inglese.

Nessun angelo, nessuna dea, potrebbe osare aspirare a una tale bellezza. E poi mi mise quelle sue forti braccia intorno alle spalle, sotto le ginocchia, e mi sollevò dall’acqua tinta di rosso. Mi afferrai ai suo collo: Psycho salvata da Eros.

E, quando mi ebbe deposto accanto al mio amante con infinita gentilezza e mi ebbe porto un telo, si chinò tra me e la mia vittima svenuta e con trasporto strofinò le sue guance, la lingua, i seni e il ventre contro la ferita di lui, coprendosi di sangue. Poi infilò le dita nelle ferite e allungò le mani gocciolanti, per dipingermi le labbra sorridenti, il ventre, i seni. Si avvicinò a questi ultimi con grande delicatezza e il tocco di una piuma, avanzando lentamente a spirale verso l’interno dall’esterno di ogni seno, fino a raggiungere il suo centro. Lì indugiò, tracciando cerchi sempre più piccoli e più interni finché io non resistetti più e rabbrividii per la piacevole attesa, con le gambe che si agitavano contro la pietra fredda come se desiderassero fuggire.

Ma il mio cuore non me lo permise.

Ero già una felice prigioniera, anche prima che Elisabeth si chinasse per abbracciarmi. Ero satolla di sangue, languida ed elettrizzata per l’eccitazione di nutrirmi. Ma, quando lei premette la bocca contro la mia e sentii la sua lingua lavorare con forza contro le mie labbra, assaporando lì il sangue, compresi che la mia fame era stata placata… ma non il mio desiderio fisico.

Era la trasgressione del nostro amore che mi riempiva di un fuoco più caldo di quello che avessi mai conosciuto? Mi protesi per premere un palmo contro la sua schiena, e l’altro contro la sua nuca, quindi la tirai verso di me. Fu in quel momento che ebbi un’altra rivelazione: oggi, per la prima volta nei miei ottant’anni di esistenza, avevo fatto esperienza dell’amore nel vero senso della parola… carne calda contro carne calda.

Lei mi baciò il viso, i seni, il ventre, usando la lingua per pulire ogni parte con grazia sensuale e consapevole. Poi si alzò e si avvicinò nuovamente alla ferita dell’inglese; ancora una volta, intinse le dita nel suo sangue.

Gridai piano quando lei (le mani mi tremano talmente al ricordo, che posso appena scrivere) mise quelle dita insanguinate tra le mie gambe e ripulì il sangue nel posto dove l’inglese era stato poco prima. Poi con quelle dita penetrò dentro di me e si chinò di nuovo per leccarmi via il sangue.

Ricordo poco altro tranne l’istante in cui caddi fuori dal mondo in quel grande e glorioso abisso di piacere, talmente poco consapevole delle mie urla che sembrava come se le avesse emesse qualcun altro.

Ma mentre giacevo con gli occhi chiusi, disfatta dal piacere, udii le sensuali grida di qualcun altro: era Elisabeth, la mia cara Elisabeth, che giaceva accanto a me. La accarezzai allontanandole i riccioli bagnati dalla fronte finché si riprese e aprì gli occhi blu per sorridermi.

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