Vernor Vinge - Quando la luce tornerà

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Quando la luce tornerà: краткое содержание, описание и аннотация

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“Universo incostante”, il romanzo di Vernor Vinge vincitore del Premio Hugo 1993, ha elevato l’autore nell’élite dei grandi scrittori della fantascienza. Ora Vinge ritorna a quel mondo di infinita varietà con un affascinante racconto ricco di suspense e originalità; un’epica immaginifica ebbra della complessità e dell’ampio respiro di quell’universo, di gioia e di umano dolore.
Trentamila anni prima degli eventi di “Universo Incostante”, Pham Nuwen opera anonimamente nell’ambito della flotta interstellare commerciale Qeng Ho che in orbita sopra il pianeta Arachna attende il risveglio della sua popolazione dormiente, i Ragni, che si sono rintanati in profondità nel pianeta, in attesa che la sua stella intermittente torni a illuminare le orbite del pianeta. Perché quando la luce ritornerà, Arachna entrerà finalmente nella sua Età dell’Oro, immergendosi in un vertiginoso sviluppo tecnologico e commerciale. Ma la vulnerabilità dei Ragni ha attirato un’altra presenza nascosta; gli Emergenti, una banda di trafficanti i cui piani per Arachna sono più sinistri di qualunque cosa i Qeng Ho arrivino ad immaginare. Riluttanti a dividere il bottino con i Qeng Ho, gli Emergenti scatenano un attacco mai visto nella millenaria storia delle esplorazioni, riducendo la flotta nemica in schiavitù... e poi a qualcosa di molto peggiore. Pham raduna i “sopravvissuti” per effettuare un ultimo tentativo di guadagnarsi un posto d’onore nell’antica storia dei Qeng Ho. Ma il tempo scarseggia, perché ben presto l’assalto degli Emergenti spoglierà del tutto il pianeta. Mentre la cellula di resistenza segreta di Pham lotta contro i suoi aguzzini dello spazio, sul pianeta sottostante un gruppo di Ragni sorprendentemente dotati combatte un’altra battaglia: portare la propria tecnologia a uno stadio sufficientemente avanzato da sconfiggere i propri nemici.

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Qiwi annuì, ma sottovoce disse a Ezr: — Il problema è che non stanno manovrando neppure i jet disposti nell’ombra. Non sono là.

Ezr sentì una mano di lei scivolare in una delle sue. Strano gesto da parte della Marmocchia. Ma dopo un momento gliela strinse, per rassicurarla. Fu allora che le inquadrature delle finestra oscillarono, come se qualcosa avesse colpito contemporaneamente tutte le telecamere. E dal basso provenne un suono, un gemito che salì e scese di intensità nell’aria del provvisorio.

— Caponave! — La voce insistente e allarmata non era quella del tecnico che aveva fatto i suoi monotoni rapporti. Era Ritser Brughel. — Diamante Due si muove, si alza… — Nello stesso momento tutti se ne accorsero. L’intero asteroide si stava girando, miliardi di tonnellate, libere.

Il gemito che si udiva nel provvisorio dovevano essere gli ancoraggi sotto tensione.

— Noi non siamo sul suo percorso, signore. — disse Ezr.

L’enorme massa si scostava lentamente, ma in direzione opposta al provvisorio e ad Hammerfest e alle navi ancorate. Tutti i presenti erano andati a cercare delle ringhiere a cui ancorarsi.

Hammerfest era fissato a Diamante Uno, e la grande roccia sembrava ferma. Le navi, più oltre, erano ninnoli al confronto, e oscillavano all’ormeggio dei cavi fissati su Diamante Uno. Era una danza di leviatani, ma una danza che le avrebbe ridotte in rottami se fosse continuata.

— Caponave! — esclamò ancora Brughel. — Ricevo in audio il capoequipaggio Diem.

— Passalo sul canale comune!

Oltre il compartimento stagno era buio. Le luci non s’erano accese, e non c’era atmosfera. Jimmy Diem e gli altri fluttuarono avanti nel tunnel girando qua e là le lampade sui loro caschi. Guardarono dentro locali vuoti, e dentro altri in cui le paratie erano state strappate via lasciando cavi penzoloni dappertutto. Quella avrebbe dovuto essere una nave non danneggiata dalla battaglia. Diem aveva una morsa allo stomaco. Il nemico era entrato lì dentro dopo Io scontro e aveva distrutto o portato via molte attrezzature, riducendola a un guscio vuoto.

Dietro di lui Tsufe disse: — Jimmy, la Tesoro si sta muovendo.

— Sì. Io ho un buon punto d’appoggio, qui. Sembra che i cavi d’ormeggio la tirino da una parte e dall’altra.

Diem appoggiò il casco alla paratia. Sì. Se ci fosse stata atmosfera la nave sarebbe stata piena dei rumori di cose che andavano in pezzi. Dunque la Riaccensione stava causando più sconquasso del previsto. Il giorno prima questo lo avrebbe terrorizzato. Ora… — Non credo che importi molto, Tsufe. Proseguiamo. — E incitò con un gesto Do e Patil. Così Pham Trinli aveva ragione, e il piano era fallito. Ma qualunque ne fosse la causa lui voleva sapere cos’era successo lì dentro.

I compartimenti stagni interni non c’erano più, e il vuoto si estendeva in ogni direzione. La squadra fluttuava attraverso quello che un tempo era stato un cantiere di riparazione, ma non c’era più niente, e al posto degli iniettori d’accensione ram c’erano soltanto degli enormi buchi.

Più avanti, nella ben protetta stiva della Tesoro Lontano, c’erano i contenitori per il sonno freddo. Nel muoversi a contatto della paratia Jimmy e gli altri potevano sentire con le mani le vibrazioni e gli schianti della nave in lento movimento. Fino a quel momento non sembrava che le navi fossero venute in collisione fra loro, anche se Jimmy non era certo di potersene accorgere. Le navi erano così enormi e pesanti che venendo a contatto con una velocità di un solo centimetro al secondo avrebbero potuto schiantarsi una dentro l’altra, data l’enorme inerzia della loro massa.

Erano all’ingresso della stiva. Dove gli Emergenti dichiaravano di aver ricoverato gli armieri superstiti.

Vuoto anche lì. Un’altra bugia?

Jimmy oltrepassò il portellone. Le loro lampade girarono da una parte e dall’altra.

Tsufe Do gridò inorridita.

Non il vuoto. Cadaveri. Jimmy illuminò a destra e a sinistra. I contenitori del sonno freddo erano stati portati via, ma il vasto locale era… pieno di corpi umani. Diem staccò la sua lampada e la fissò a una paratia. Le loro ombre danzavano ancora, sulla paratia opposta, ma adesso poteva vederli meglio.

— Sono tutti m-morti, è così? — La voce di Patil era sognante, come se non credesse a quell’orrore.

Jimmy avanzò fra i cadaveri. Erano stati legati in gruppi ordinati, e in quel piccolo volume di spazio ce n’erano centinaia. Riconobbe alcuni armieri. La madre di Qiwi. Solo pochi mostravano forti danni da decompressione. Egli altri quando sono morti? Alcune facce erano tranquille, alcune invece… Si fermò, bloccato da due occhi vuoti che sembravano fissarlo. Il volto era sporco, con una bruciatura sulla fronte. Quello doveva aver vissuto per qualche tempo dopo l’attacco a tradimento. E lui lo conosceva.

Tsufe attraversò la stiva proiettando la sua ombra sui corpi. — Questo è uno dei trilandesi, vero?

— Sì. Uno dei geologi, credo. — Uno degli scienziati che si credevano vivi e prigionieri ad Hammerfest. Jimmy tornò verso la lampada. Quanti erano? I cadaveri fluttuavano anche nel locale accanto, una volta chiuso da una paratia. Hanno ucciso tutti? La nausea lo prese alla gola.

Patil era rimasto calmo dopo la prima inutile domanda, ma Tsufe era pallida e la voce le usciva rauca e sforzata. — Noi credevamo che li tenessero come ostaggi. E invece erano già stati uccisi. — Ebbe una risatina stridula. — Non importava niente, no? Noi ci credevamo, e a loro basta che la menzogna funzioni.

— Ma ora sappiamo la verità. — All’improvviso la nausea di Jimmy scomparve. La congiura era stata scoperta, nessun dubbio su questo. Lui, Tsufe e Patil sarebbero morti molto presto. Ma se avevano ancora qualche secondo di vita forse potevano smascherare i mostri. Tirò fuori una radio da una tasca della tuta e la appoggiò alla paratia metallica per avere un’antenna. Un altro dei mezzi di comunicazione messi al bando, sicuro. Pena di morte per chi ne possiede uno. Ma con quello, e con il ripetitore che aveva applicato fuori dal portello della Tesoro Lontano, poteva parlare su ogni lunghezza d’onda. Il provvisorio sarebbe stato mondato dalla sua voce. Molte apparecchiature l’avrebbero ricevuta e registrata. Alcuni automatismi evoluti avrebbero perfino compreso il messaggio, identificandolo come prioritario e cercando di ripeterlo a tutti i Qeng Ho in grado di riceverlo.

Jimmy Diem si schiarì la voce: — Qeng Ho! Ascoltatemi! Sono a bordo della Tesoro Lontano. La nave è stata svuotata. I nostri compagni tenuti qui a bordo sono stati assassinati…

Ezr, e ogni persona presente nel salone, attese un secondo mentre Ritser Brughel ubbidiva mettendo la comunicazione in linea. Poi la voce di Jimmy Diem disse: — Qeng Ho! Ascoltatemi, sono…

— Capoequipaggio Diem! — lo interruppe Tomas Nau. — State tutti bene? Non riusciamo a vedervi, là fuori.

Ci fu una pausa, poi Jimmy rise. — Questo è perché siamo a bordo della Tesoro Lontano.

L’espressione di Nau era stupita. — Non capisco. La Tesoro Lontano non ha riferito di…

— È ovvio che non lo ha riferito. — Ezr poté quasi vedere il sorriso dietro le parole di Diem. — Vede, la Tesoro Lontano è una nave Qeng Ho, e ora ce la siamo ripresa.

Sulle facce che Ezr poteva vedere si accese lo sbalordimento o la gioia. Così quello era il piano! Un’astronave in piena efficienza, forse con tutte le armi ancora a bordo. La stiva dove gli Emergenti avevano installato l’ospedale per i feriti, i contenitori del sonno freddo con gli armieri e gli ufficiali sopravvissuti all’attacco a tradimento. Ora abbiamo una possibilità!

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