Dio di Tutti i Commerci, come potevano farle questo? Le avevano ordinato di tornare dentro, senza niente da fare che ficcarsi le dita nel naso mentre Jimmy Diem si occupava del lavoro che lei avrebbe dovuto fare!
Pham Trinli fluttuava trenta metri più in alto del telone isolante steso sull’iceberg. Ufficialmente lui era il capo delle operazioni che assicuravano stabilità all’ammasso di asteroidi e habitat, ma si era assicurato che ogni ordine dato da lui passasse attraverso Jimmy Diem. Era quest’ultimo a prendere le decisioni sui particolari più spiccioli. E con sua sorpresa era stata la piccola Qiwi Lisolet ad avere le idee migliori su dove piazzare i jet elettrici e come programmare l’operazione nel suo complesso. Se avessero seguito tutti i suoi suggerimenti, la Riaccensione si sarebbe svolta senza inconvenienti.
E questa non sarebbe stata affatto la cosa migliore.
Pham Trinli era un membro della cospirazione. Un membro di poca importanza, a cui non era stata affidata nessuna parte critica del piano. Questo gli andava bene. Ruotò su se stesso dando le spalle a OnOff, col mucchio di rocce direttamente sopra la sua testa. Nell’ombra degli asteroidi c’erano altri gruppi di ombre: le astronavi ormeggiate, i provvisori, l’impianto di raffinazione delle materie prime, il tutto al riparo della tempesta di radiazioni che stava per riempire il cielo. Uno degli habitat, Hammerfest, aveva la forma ramificata di una radice. Sarebbe stato attraente, in un suo modo bizzarro, senza tutto l’equipaggiamento che aveva attorno. Il provvisorio dei Mercanti sembrava un pallone aeronautico ancorato al suolo. In esso c’erano tutti i Qeng Ho e buona parte degli Emergenti.
Oltre gli habitat, parzialmente nascosti da una gobba di Diamante Uno, c’erano le naviram. Uno spettacolo poco piacevole, in effetti. Delle astronavi non avrebbero dovuto stazionare a stretto contatto, e inoltre così vicine a grandi quantità di rocce e materiale sfuso. Nella mente di Pham balenò un ricordo: un mucchio di balene morte che galleggiavano in un abbraccio sensuale. Non era quello il modo di tenere un cantiere navale. Ma gli scafi avevano subito tanti danni che ai suoi occhi quello era quasi un deposito di relitti. Gli Emergenti avevano pagato caro il loro attacco a tradimento. Dopo la distruzione della nave di Park, Pham aveva vagato per oltre un giorno in un taxi danneggiato… ma collegato a tutti i sistemi delle navi superstiti. Evidentemente Nau non aveva mai avuto un solo sospetto su chi stava coordinando la reazione dei Qeng Ho. Se l’avesse avuto, Pham sarebbe finito in sonno freddo con gli altri armieri sulla Tesoro Lontano, o magari in un sonno ancora più freddo e molto più definitivo.
Nonostante l’attacco di sorpresa i Qeng Ho erano andati vicini alla vittoria. Ma se la battaglia si fosse conclusa con un maggior numero di danni sarebbe stata la fine di entrambe le parti. Al momento c’erano soltanto due navi in grado di andarsene da quel sistema coi propulsori ram, dopo alcune riparazioni. Altre due potevano essere rimesse in grado di funzionare solo usando apparecchiature recuperate dagli altri relitti. Ma a giudicare dall’efficienza della raffineria ci sarebbe voluto del tempo prima di avere abbastanza idrogeno da mettere a velocità ram anche una sola nave.
Meno di cinquecento secondi alla Riaccensione. Pham fluttuò lento verso le rocce, finché il cantiere navale fu nascosto dal telone isolante. Sparsi sulla superficie dell’asteroide principale i suoi compagni — Diem, Do e Patil, ora che avevano rimandato dentro Qiwi — stavano facendo gli ultimi controlli ai jet. La voce di Jimmy Diem era calma sul canale di lavoro della squadra, ma Pham sapeva che si trattava di una registrazione. Dietro il mucchio di materiale sfuso Diem e altri erano scomparsi, diretti sull’altro lato dell’asteroide. Tutti e tre erano armati, adesso. Era stupefacente quel che si poteva fare con un jet elettrico, specialmente con un modello Qeng Ho.
E così Pham Trinli veniva lasciato indietro. Probabilmente Jimmy era felice di liberarsi di lui. Si fidava di lui, ma solo come di una parte del piano, la facciata innocua della loro squadra di lavoro. Il solo compito di Trinli era adesso di muoversi qua e là, in vista di Hammerfest e del provvisorio, per rispondere alle istruzioni registrate di Diem.
Trecento secondi alla Riaccensione. Trinli si spostò sotto il telone. Il ghiaccio d’acqua e l’aria-neve si stavano accostando alla superficie nuda dell’asteroide, e quando lui tirò l’ultimo cavo furono fermamente a contatto con la montagna di diamante.
Diamanti. Quando Pham era giovane, i diamanti erano ancora un mezzo di scambio universale. Una scheggia di quel materiale poteva pagare l’omicidio di un principe. Per i Qeng Ho il diamante era soltanto un allotropo del carbonio, da vendere o da acquistare a tonnellate. Ma anche i Qeng Ho erano stati intimiditi da quei macigni. Asteroidi del genere non avrebbero dovuto esistere, in teoria. E sebbene quelle montagne non fossero vere e proprie gemme, in esse c’era un ordine molecolare cristallino. Il cuore di pianeti giganti, proiettato via dopo un’esplosione miliardi di anni prima? Erano uno dei misteri del sistema di OnOff.
Fin dall’inizio dei lavori di consolidamento Pham aveva studiato il terreno, ma non per le stesse ragioni di Qiwi Lisolet o di Jimmy Diem. C’era una grossa fenditura, dove il ghiaccio e l’aria-neve riempivano lo spazio fra Diamante Uno e Diamante Due. Questo poteva significare qualcosa per Qiwi e per Diem, ma solo in relazione al lavoro che stavano facendo lì. Per Pham Trinli… con un po’ di scavo la fenditura era diventata un sentiero dal luogo di lavoro ad Hammerfest. Un sentiero invisibile dalle navi e dagli habitat. Lui non ne aveva parlato a Diem; secondo il piano dei cospiratori Hammerfest doveva essere preso solo dopo che si fossero impadroniti della Tesoro Lontano.
Pham Trinli si avviò sul fondo a V della spaccatura, avvicinandosi sempre più all’habitat degli Emergenti, Diem e gli altri sarebbero stati sorpresi nel saperlo, ma lui non era un nato-nello-spazio.
A volte, quando procedeva in luoghi dove non c’erano i concetti di alto e basso, lo prendeva la tipica vertigine dei nati-su-un-pianeta. Se avesse lasciato libera l’immaginazione… quella non sarebbe più stata la fenditura di un asteroide, ma un camino di montagna, un camino che si curvava e curvava sempre più fino a dare il terribile brivido del precipizio sottostante e del vuoto.
Trinli si fermò un momento e si tenne saldo con una mano, mentre tutto il suo corpo anelava a corde da scalatore e chiodi piantati saldamente nella roccia. Dio. Era trascorso molto tempo dall’ultima volta in cui aveva lottato coi suoi istinti da nato-su-un-pianeta. Si mosse avanti. Avanti, non in su.
Il suo calcolo della distanza gli disse che adesso era vicinissimo ad Hammerfest, presso gli apparati di comunicazione. Se fosse balzato in alto c’era il caso che una telecamera lo riprendesse. Naturalmente era probabile che a quel punto nessuno, e nessun automatismo, potesse intervenire in tempo per cambiare le cose. Tuttavia Trinli si tenne basso. Se necessario avrebbe potuto avvicinarsi ancora, ma per il momento voleva origliare. Si distese nella fenditura, coi piedi puntati sul ghiaccio e la schiena sulla parete di diamante, e allungò l’antenna del suo monitor. Gli Emergenti avevano giocato ai tiranni di buon cuore fin da dopo l’attacco. La sola cosa che li faceva sentire minacciati era il possesso di sistemi di comunicazione molto evoluti. Pham sapeva che Diem e gli altri avevano lenti a contatto video, e comunicavano anche con sistemi cifrati usando la stessa rete locale. Grazie a ciò buona parte del piano era stata portata avanti letteralmente sotto il naso degli Emergenti. A volte facevano del tutto a meno della loro sofisticata elettronica; quei ragazzi giovani conoscevano un gioco in cui si usava la segno-lingua, un codice di cenni in apparenza del tutto insignificanti.
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