Lois Bujold - L'eroe dei Vor
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- Название:L'eroe dei Vor
- Автор:
- Издательство:Nord
- Жанр:
- Год:1992
- Город:Milano
- ISBN:88-429-0234-9
- Рейтинг книги:3 / 5. Голосов: 1
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– Perché? – protestò Tris, indignata.
– Perché lo dico io, perché te lo chiedo. Vuoi che implori per loro?
– No! D'accordo! – sbottò la donna, e si allontanò di scatto, passandosi le mani fra i capelli corti e borbottando fra sé.
Trascorse un tempo imprecisato. Suegar giaceva su un fianco senza parlare, anche se di tanto in tanto i suoi occhi si aprivano per guardarsi intorno con sguardo opaco. Miles gli umettò le labbra a intervalli regolari e non si allontanò da lui neppure per la distribuzione del cibo, che giunse e passò senza la sua partecipazione; ad operazione ultimata Beatrice gli passò vicino e lasciò cadere accanto a loro due barre nutritive, fissandoli per un momento con uno sguardo accuratamente improntato a dura disapprovazione prima di allontanarsi di nuovo.
Sorreggendosi con cautela la mano ferita, Miles rimase seduto a gambe incrociate, impegnato a revisionare mentalmente il catalogo di errori che lo aveva portato a quella situazione, a contemplare la sua apparente genialità nel far finire uccisi i suoi amici. Aveva la premonizione che la morte di Suegar sarebbe stata quasi altrettanto sgradevole quanto quella del Sergente Bothari, sei anni prima… e lui conosceva Suegar soltanto da settimane, non da anni. Come aveva sempre saputo a livello razionale, il ripetersi della sofferenza aumentava il timore di soffrire invece di diminuirlo, lo trasformava in un devastante terrore. Non di nuovo, mai di nuovo…
Si distese sulla schiena e fissò la cupola, quel bianco occhio fisso di un dio morto. Aveva altri amici che avrebbero potuto già essere morti in questa folle e megalomaniaca impresa… sarebbe stato tipico dei Cetagandani lasciarlo rinchiuso lì dentro fino a quando il dubbio e il timore non fossero gradualmente cresciuti fino a farlo impazzire.
A farlo impazzire in fretta… l'occhio del dio aveva appena ammiccato.
Miles sbatté a sua volta le palpebre per reazione nervosa, poi sgranò gli occhi e fissò la cupola come se il suo sguardo potesse trapassarla. Aveva realmente ammiccato? Oppure quel tremolio era stato un'allucinazione? Stava davvero perdendo il senno?
La cupola tremolò ancora e Miles balzò in piedi, traendo una rapida successione di profondi respiri.
Poi la cupola scomparve. Per un breve istante la notte planetaria gli si riversò intorno, fatta di nebbia, di pioggia sottile e di un vento freddo e umido. L'aria non filtrata puzzava di uova marce e l'oscurità a cui lui non era abituato era accecante.
– DISTRIBUZIONE DEL CIBO! – urlò, con quanto fiato aveva in gola.
Un istante più tardi quel limbo fu trasformato in caos dal brillante bagliore di una bomba controllata elettronicamente che era esplosa alle spalle di un gruppo di edifici: una luce rossa risplendette lungo il lato inferiore di un'enorme nuvola di detriti che si stava sollevando rapidamente verso l'alto. Una fragorosa serie di simili esplosioni cinse il campo e respinse la notte, assordando tutti gli orecchi privi di protezione al punto che Miles, pur continuando a gridare, non riuscì più a sentire la propria voce mentre il fuoco di risposta che scaturiva dal terreno artigliava le nubi con linee di luce colorata.
Vedendo Tris che gli passava accanto di corsa, con un'espressione stordita nello sguardo, Miles l'afferrò per un braccio con la mano sana e piantò i talloni nel terreno per frenarla fino a poterle urlare le proprie parole nell'orecchio.
– Ci siamo! Organizza i quattordici capisquadra e provvedi perché mettano in fila e in attesa tutt'intorno al perimetro i primi dannati gruppi di 200 uomini, poi trova Oliver, perché dobbiamo far sì che i sorveglianti costringano tutti gli altri ad aspettare con ordine il loro turno. Se le cose si svolgeranno esattamente come nelle esercitazioni presto ce ne andremo tutti. – O almeno lo spero , pensò fra sé. – Se però i prigionieri prenderanno d'assalto le navette come erano soliti fare con il mucchio delle barre nutritive saremo tutti perduti. Hai capito?
– Non ho mai creduto… non pensavo… navette ?
– Non devi pensare, è un'esercitazione che abbiamo ripetuto cinquanta volte, quindi ti basterà seguire l'esercitazione per la distribuzione del cibo. L' esercitazione !
– Piccolo subdolo figlio di buona donna! – esclamò Tris allontanandosi con un cenno di assenso che era quasi un saluto militare.
Una serie di scoppi eruppe nel cielo al di sopra del campo come un succedersi ininterrotto di lampi, proiettando sulla scena sottostante un'illuminazione spettrale: adesso il campo di prigionia ribolliva come un formicaio che fosse stato preso a calci, una vera babele di uomini e di donne che correvano di qua e di là in una confusione urlante che non corrispondeva precisamente all'immagine ordinata che Miles aveva in mente… perché, per esempio, i suoi uomini avevano scelto di attaccare di notte e non di giorno? In ogni caso avrebbe interrogato a fondo i suoi ufficiali al riguardo dopo che avesse finito di baciare loro i piedi…
– Beatrice! – esclamò, agitando un braccio. – Comincia a passare parola! Stiamo eseguendo l'esercitazione per la distribuzione del cibo, solo che invece di una barra nutritiva ciascuna persona otterrà un posto su una navetta. Bada che lo capiscano bene e che nessuno si allontani nel buio, perché altrimenti perderà il passaggio, poi torna qui e resta con Suegar, perché non voglio che venga lasciato indietro o calpestato. Sorveglialo , hai capito?
– Non sono un dannato cane. Quali navette?
In quel momento il suono che gli orecchi di Miles stavano aspettando da tempo di sentire, un multiforme sibilo che si faceva sempre più intenso, trapassò il frastuono circostante, e dalle nubi rossastre e ribollenti scaturirono delle sagome incombenti simili a mostruosi scarafaggi alati e forniti di corazza, con le zampe che si protendevano verso il terreno: navette da prelevamento corazzate e attrezzate per combattere… due, tre, sei, sette, otto… le labbra di Miles si mossero silenziosamente nel contarle fino ad arrivare a quattordici. Per Dio, erano riusciti ad approntare il B-7 in tempo utile.
– Le mie navette – rispose, indicando.
Beatrice rimase ferma a guardare verso l'alto con la bocca aperta.
– Mio Dio, sono splendide – mormorò, e Miles ebbe l'impressione di vedere la sua mente che cominciava a funzionare a velocità frenetica. – Però non sono nostre e neppure cetagandane. Chi diavolo…?
– Questo è un salvataggio politico a pagamento – spiegò Miles, inchinandosi.
– Mercenari?
– Non siamo una cosa strisciante e dotata di troppe zampe che tu abbia trovato nel tuo sacco a pelo. Il giusto tono di voce è un grido di gioia, così… Mercenari!
– Ma… ma… ma…
– Ora va' , dannazione. Potrai discutere più tardi.
Beatrice sollevò le mani in un gesto di frustrazione e spiccò la corsa mentre Miles continuava a bloccare ogni persona che gli passava vicino, trasmettendo gli ordini del giorno. In questo modo riuscì a catturare anche uno degli alti commandos di Oliver e si fece issare sulle sue spalle: una rapida occhiata circolare gli rivelò quattordici capannelli di persone che si stavano coagulando in mezzo alla folla disordinata più o meno nelle posizioni giuste stabilite lungo il perimetro. Sopra di essi le navette si librarono nell'aria ancora per un momento prima di posarsi ad una ad una al suolo intorno al campo.
– Così dovrà bastare – borbottò Miles fra sé. – Giù – ordinò poi, battendo un colpetto sulla spalla del commando.
Si costrinse quindi a camminare con calma in direzione di una delle navette per dare il buon esempio… una folle corsa di massa verso di esse era infatti lo scenario per evitare il quale lui aveva sparso sangue, ossa e orgoglio durante le ultime… tre, quattro?… settimane.
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