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George Martin: La luce morente

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George Martin La luce morente

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La storia di un pianeta che vive la sua ultima stagione di luce prima del buio intergalattico «Un vagabondo, un viaggiatore senza meta, una scoria della creazione: il pianeta Worlorn era tutte queste cose. Per innumerevoli secoli aveva continuato a cadere, da solo, senza scopo, precipitando tra i freddi e solitari spazi che si aprono fra le stelle. Ma lui non apparteneva a nessuna di quelle stelle. In un certo senso non faceva nemmeno parte della galassia, anche se rotolava attraverso il piano della galassia come un chiodo che attraversa la tonda superficie di un tavolo. Non faceva parte di niente...» Poi Worlorn passa vicino alla Ruota di Fuoco, la supercostellazione che gli darà qualche anno di luce prima che esso piombi di nuovo nella notte senza fine cui sono destinati i mondi senza sole. E nel momento in cui il pianeta solitario si avvicina, forse per l’ultima volta, al fuoco della vita, gli uomini decidono di trasformarlo per i loro fini riposti. La luce morente è una storia di superscienza, ma anche di esseri umani posti di fronte a un ennesimo simbolo dell’esistenza precaria che conduciamo, sul Margine dell’universo. É il primo romanzo di George R.R.Martin, un grande affresco spaziale del lontano futuro, dove tutto è azione, poesia, meraviglia.

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1

Dietro la finestra l’acqua sbatteva contro i pali che sostenevano le passatoie di legno lungo il canale. Dirk t’Larien sollevò gli occhi e guardò una barca nera e bassa che passava lentamente sotto la luce della luna. Una figura solitaria era posta a poppa, in piedi, piegata su di un palo nero e sottile. L’immagine si stagliava in maniera assai netta, perché la luna di Braque si stava alzando nel cielo, grande come un pugno chiuso e luminosissima.

Dietro l’astro c’era calma e tenebra fumosa, una cortina di polvere e gas, pensò lui. Il Velo Tentatore.

Il principio venne di gran lunga dopo la fine: una gemma mormorante.

Era avvolta in strati di argento e di morbido velluto scuro, così come lui l’aveva data alla donna, anni prima. Quella notte l’uomo aprì il pacchetto, seduto presso la finestra della sua stanza che si affacciava sul largo canale su cui affiorava il sudiciume, dove i mercanti spingevano instancabilmente con i lunghi pali barconi pieni di frutta. La gemma era proprio come se la ricordava Dirk: rosso scura, striata di sottili linee nere, fatta a forma di lacrima. Gli venne in mente il giorno in cui l’éspero la tagliò per loro, quando si trovavano su Avalon.

Passò gran tempo prima che si decidesse a toccarla.

Era liscia e freddissima a contatto con la punta delle dita e, nel profondo del suo cervello, mormorava. Ricordi e promesse che lui non aveva scordato.

Non si trovava su Braque per una ragione speciale, e non riusciva a capire come avessero fatto a rintracciarlo. Eppure c’erano riusciti e Dirk t’Larien aveva riavuto il suo gioiello.

«Gwen», disse piano, solo a se stesso, solo per ridar forma ancora una volta alla parola e sentire il familiare calore sulla punta della lingua. La sua Jenny, la sua Ginevra, protagonista di perduti sogni.

Erano passati sette anni standard, pensò lui, mentre le sue dita accarezzavano la gemma fredda, freddissima. Ma pareva che fossero trascorse sette intere vite. E tutto era finito. Che cosa poteva volere lei da lui adesso? L’uomo che lei aveva un tempo amato, l’ altro Dirk t’Larien, quello che-faceva-promesse e quello che-donava-gioielli era da tempo morto.

Dirk alzò una mano per allontanare una nuvola di capelli grigio-bruni dagli occhi. Ed ecco che improvvisamente, senza alcuna ragione, si ricordò del gesto con cui Gwen gli allontanava i capelli dalla fronte quando aveva intenzione di baciarlo.

Allora si sentì stanchissimo, e assai solo. Il cinismo che aveva amorevolmente costruito attorno a sé, ebbe a vacillare ed un gran peso gli cadde sulle spalle, uno spettro, il peso della persona che lui era stato un tempo e che adesso non era più. Era davvero cambiato in tutti questi anni e si era detto che stava diventando più saggio, ma adesso tutta la sua saggezza pareva diventata aspra. Pensò a tutte le promesse che lui aveva spezzato, ai sogni che aveva messo da parte e poi smarrito, agli ideali con cui era venuto a dei compromessi, il suo splendido futuro perduto nel tedio e nel decadimento.

Perché lei glielo aveva fatto ricordare? Era passato troppo tempo, gli erano capitate troppe cose… probabilmente era successo ad entrambi. Tra l’altro, lui non aveva mai davvero creduto che lei avrebbe usato la sua gemma mormorante. Era stato un gesto stupido, l’atteggiamento di un adolescente giovane e romantico. Nessun adulto avrebbe tenuto un simile pegno assurdo. Non sarebbe andato, si capisce. Aveva appena il tempo di visitare Braque, aveva la sua vita, cose importanti da fare. Dopo tutto questo tempo, Gwen non si sarebbe dovuta aspettare che lui si precipitasse sulla prima nave per imbarcarsi verso i mondi esterni.

Un po’ risentito allungò la mano e prese la gemma nel palmo, chiudendo il pugno attorno a quella piccola cosa. Ecco, l’avrebbe gettata dalla finestra, decise, via, nelle cupe acque del canale, lontano assieme a tutto ciò che l’oggetto rappresentava. Ma non appena ebbe la gemma in pugno, gli parve un inferno di ghiaccio ed i ricordi erano lame.

…perché lei ha bisogno di te , mormorava la gemma. Perché tu le hai promesso.

La sua mano non si mosse. Il pugno rimase chiuso. Il freddo che sentiva sul palmo diventò più che doloroso e poi sordo.

Era quell’altro Dirk, quello più giovane, il Dirk di Gwen. Era lui che aveva promesso. Ma anche lei aveva promesso, lui se lo ricordava. Tanto tempo fa, ad Avalon. Il vecchio éspero, un Emereli rugoso con un Talento minimo e capelli rosso-oro, aveva tagliato due gemme. Egli aveva letto in t’Larien, aveva sentito tutto l’amore che Dirk aveva per la sua Jenny e poi aveva messo tutto ciò che aveva sentito nella gemma, per quanto gli avevano permesso le sue deboli capacità psioniche. Poi aveva fatto la stessa cosa con Gwen. Loro avevano acquistato i gioielli.

Era stata un’idea sua. Potrebbe non essere sempre così , aveva detto a lei, citando un’antica poesia. Così avevano promesso, tutti e due: manda questa memoria ed io verrò. Non importa dove sarò, o quando, o ciò che sarà passato tra di noi. Io verrò e non ci saranno domande.

Ma la promessa venne infranta. Sei mesi dopo che lei lo lasciò, Dirk le aveva mandato il gioiello. Lei non era venuta. Dopo di ciò, egli non si sarebbe mai aspettato che lei avrebbe fatto appello alla promessa che Dirk stesso aveva fatto. Eppure ora era successo.

Lei credeva che lui sarebbe davvero andato?

E Dirk sapeva, con tristezza, che l’uomo che egli era stato allora, quell’uomo sarebbe ritornato da lei, non importava che cosa, o quanto l’avesse odiata… o amata. Ma quello sciocco era da tempo sepolto. Il tempo e Gwen lo avevano ucciso.

Eppure ascoltava ancora la gemma e provava ancora l’antico sentimento e la nuova stanchezza. Alla fine sollevò gli occhi e pensò, be’, forse non è ancora troppo tardi malgrado tutto.

Ci sono parecchi modi per muoversi tra le stelle ed alcuni sono più veloci della luce, alcuni no, ma tutti sono lenti. Ci vuole quasi tutta la vita di un uomo per spostarsi da una parte all’altra della galassia abitata dall’uomo e la galassia abitata dall’uomo — gli sparsi mondi umani e l’enorme quantità di vuoto che li divide — non costituiscono che una minima parte dell’intera galassia. Ma Braque era vicino al Velo ed ai mondi esterni che c’erano dall’altra parte, per cui c’erano dei collegamenti con questi ultimi, sicché Dirk riuscì a trovare una nave.

Si chiamava il Tremito dei Nemici Dimenticati ed andava da Braque a Tara e poi attraversava il Velo verso Lupania, poi Kimdiss e finalmente Worlorn. Il viaggio, anche se fatto tutto in pvl, richiedeva più di tre mesi standard. Dirk sapeva che, superato Worlorn, la nave avrebbe proseguito alla volta di Alto Kavalaan, poi di-Emerel, fino alle Ultime Stelle, prima di ritornare a ripercorrere a ritroso la sua noiosa rotta.

Lo spazioporto era stato costruito per poter ospitare venti navi al giorno; ora ne atterrava forse una al mese. La maggior parte degli impianti erano chiusi, bui ed abbandonati. Il Tremito si era posato al centro della piccola zona ancora tenuta in attività, facendo apparire ridicolmente minuscole le navi private, riunite in un grappolo e le navi da carico Toberiane parzialmente smantellate.

Una zona del gigantesco terminal appariva ancora automatizzata ed era illuminata briosamente, ma Dirk l’attraversò rapidamente, per immergersi nella notte, la notte vuota di un mondo esterno che gridava un disperato bisogno di stelle. Loro erano là, che. lo aspettavano, proprio sotto la porta principale, più o meno come si era aspettato. Il capitano aveva inviato un messaggio laser non appena la nave era emersa dall’iperspazio.

Gwen Delvano era venuta a riceverlo, proprio come lui aveva chiesto. Ma non era venuta da sola. Gwen e l’uomo che lei aveva portato con sé stavano parlando a voce bassa tra di loro, guardandosi attorno, quando lui emerse dal terminal.

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