Larry Niven - I burattinai

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Sulla scia di Robert Heinlein e di Isaac Asimov, Larry Niven ha costruito una serie di racconti e romanzi che costituiscono un coerente e dettagliato affresco dell’avvenire dell’uomo nello spazio.
I Burattinai Qui Niven ci narra la storia del viaggio esplorativo organizzato dalla buffissima e misteriosa razza dei “burattinai” (specie di centauri paranoici con tre gambe, senza testa, e con due braccia su cui si ergono due busti separati) con la complicità di alcuni terrestri verso il Mondo ad Anello, un gigantesco anello che orbita intorno a una stella lontana, con un’area pari a tre milioni di volte quella della Terra e pieno di fantastiche meraviglie come antiche rovine, castelli fluttuanti nell’aria e strane razze barbare. Un romanzo bizzarro e affascinante: una creazione indimenticabile e una pietra miliare della fantascienza moderna.

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Sbarcare era un problema. Non c’era abbastanza spazio per liberare l’equipaggio, tutto insieme, dal campo statico. E, fatto più importante ancora, quella era l’ultima occasione per Speaker di impossessarsi della nave.

— Non credi che obbedirà al mio tasp, Louis?

— No. Penso che affronterà il rischio di un’altra scossa al momento di rubare la nave. Ti dico io cosa si potrebbe fare…

Disinnescarono il quadro-strumenti dai motori della Long Shot. Non c’era nulla che lo kzin non potesse riparare con quel briciolo di intuizione meccanica che qualunque artigiano possiede. Ma non ne avrebbe avuto il tempo…

Louis tenne d’occhio il burattinaio mentre si inoltrava nel tunnel. Nessus portava con sé la tuta pressurizzata di Speaker. Teneva gli occhi serrati. Ed era un peccato, perché la vista era stupenda.

— Caduta libera — disse Teela quando Louis le aprì la calotta del sedile. — Non mi sento troppo bene. Guidami tu, per favore. Che cosa sta succedendo? Siamo arrivati?

Louis le narrò alcuni particolari mentre la conduceva verso la camera di equilibrio. Lei ascoltava, ma Louis immaginò che tutta la sua attenzione fosse concentrata sulla bocca del suo stomaco. Aveva l’aria di essere in preda a un acuto malessere. — Sull’altra nave troverai la gravità — le disse.

Gli occhi di lei si posarono sulla Rosetta che Louis le stava indicando. Adesso era visibile a occhio nudo. Lei lo guardò con aria interrogativa; quel movimento le diede un giramento di testa e Louis vide l’espressione del suo viso mutare, un attimo prima che lei si infilasse nella camera di equilibrio.

Le Rosette di Kempler erano una cosa, ma il mal di caduta libera era qualcosa di molto diverso. Louis la osservò attentamente mentre si allontanava verso le stelle sconosciute.

La Long Shot , accostandosi lentamente in iperpropulsione, si era fermata alla distanza di mezz’ora-luce dalla flotta dei burattinai: una distanza di poco inferiore a quella media tra la Terra e Giove. La flotta si stava spostando a una velocità favolosa, tanto che la luce della sua propulsione colpiva la Long Shot da molto lontano. Quando la Long Shot si era fermata, la Rosetta era troppo piccola. Era appena visibile quando Teela aveva lasciato la camera di equilibrio. Adesso era di una grandezza impressionante e continuava a dilatarsi a velocità incredibile.

Difficilmente avrebbe visto uno scenario più bello.

La nave burattinaia era un robot. Oltre la camera di equilibrio si trovava il sistema di sopravvivenza, costituito da un’unica grande stanza. Quattro sedili di emergenza, sagomati per ricevere occupanti diversi, erano piazzati uno di fronte all’altro attorno a una specie di mensola di ristoro.

Non c’erano finestre.

C’era la gravità, con grande sollievo di Louis. Non era esattamente uguale a quella terrestre, e l’aria non era proprio quella che si respirava sulla Terra. La pressione era un tantino troppo alta. Per la stanza aleggiavano odori non sgradevoli ma strani. Louis percepì odore di ozono, di idrocarboni, di burattinaio… di decine di burattinai… e altri odori che non sperava di riuscire a individuare.

Non esistevano angoli. Le pareti curve si fondevano col pavimento e col soffitto; i sedili e la mensola da ristoro sembravano semifusi. Nel mondo dei burattinai non esisteva niente di duro o di spigoloso, nulla che potesse graffiare o provocare contusioni.

Nessus si distese mollemente nel suo sedile. Era completamente a suo agio, e anche ridicolo.

— Non ne vuole sapere di parlare? — chiese Teela ridendo.

— Nossignora — disse il burattinaio. — Dovrei ricominciare tutto da capo ogni volta che arriva uno di voi. Sono certo che vi sarete chiesti…

— Sono mondi volanti — lo interruppe lo kzin.

— E Rosette di Kempler — aggiunse Louis. Un ronzio appena percettibile gli annunciò che l’astronave si stava muovendo. Insieme a Speaker mise il bagaglio nel deposito, poi raggiunse gli altri.

— Quanto ci metteremo? — domandò Louis al burattinaio.

— Un’ora, fino al momento dello sbarco. Allora vi parlerò per sommi capi della nostra destinazione finale.

— Sarà una faccenda piuttosto lunga. Va bene, parla. Che significano quei mondi volanti? Non mi sembra prudente disseminarli a destra e a manca con tanta disinvoltura.

— Invece è prudente, Louis — rispose il burattinaio serissimo. — È molto più sicuro di questo sicurissimo mezzo spaziale. Noi siamo degli esperti nel trasferimento dei mondi.

— Esperti? Ma come è possibile?

— Per spiegartelo dovrei parlarti di calore… e di controllo della popolazione.

— Grrr. Comincio a capire. Più numerosi sono i burattinai, maggiore è il calore prodotto.

— Capisci, quindi, che il calore della nostra popolazione stava rendendo inabitabile il nostro mondo?

Smog , pensò Louis Wu. Motori a combustione interna. Bombe a fissione e missili a fusione nell’atmosfera. Scorie industriali nei laghi e negli oceani. Quanto basta per ucciderci con l’inquinamento provocato dai nostri stessi prodotti. Se non ci fosse stato il Ministero della Fertilità, la Terra starebbe morendo nella sua stessa dispersione di calore?

— È incredibile — disse Speaker-agli-Animali. — Perché non ve ne siete andati?

— Chi avrebbe rischiato la vita nello spazio? Solo uno come me. Dovremmo ricostruire mondi di pazzi?

— Inviate dei carghi di ovuli fertilizzati e congelati su navi con un equipaggio di pazzi.

— Le discussioni sul sesso mi imbarazzano. La nostra biologia non è adatta a simili metodi, ma senza dubbio potremmo studiare qualcosa di analogo… ma a che scopo? La nostra popolazione sarebbe sempre la stessa, e il nostro mondo continuerebbe a estinguersi per l’eccessiva emanazione di calore!

Senza preoccuparsi della sua sensibilità, Teela disse: — Mi piacerebbe guardare fuori.

Il burattinaio si stupì. — Ne sei sicura? Non soffri di vertigini?

— Su una nave burattinaia?

— Sì…ì. Ad ogni modo anche se guardi non aumenterai il pericolo. — Nessus pronunciò qualche parola nella sua lingua musicale, e la nave sparì.

Si vedevano a vicenda; quattro sedie ferme nel vuoto e una mensola da ristoro in mezzo a loro. Tutto il resto era spazio nero. Ma cinque mondi risplendevano di una abbagliante luce bianca dietro la chioma nera di Teela.

Erano tutti e cinque di uguale grandezza; forse il loro diametro era il doppio di quello della luna piena. Erano raggruppati a pentagramma. Quattro erano coronati da una raggiera di piccole luci fisse; soli orbitali che emanavano una luce solare artificiale, di un colore bianco giallastro. Questi quattro erano uguali e possedevano la medesima luminosità; opache sfere azzurre dove i continenti, a quella distanza, erano ancora invisibili. Ma il quinto…

Intorno al quinto mondo non c’erano luci orbitali; risplendeva di luce propria e le configurazioni dei continenti, distribuite a chiazze illuminate dalla luce solare, si alternavano a zone d’ombra così scure da risaltare sullo sfondo dello spazio, nero e punteggiato di stelle.

— Non ho mai visto niente di più bello — disse Teela, col pianto nella voce. E Louis, che aveva visto molte cose, era disposto a trovarsi d’accordo con lei.

— Incredibile — fece Speaker. — Non avrei mai osato credere a una cosa del genere. Hai mantenuto la parola con te stesso.

— I burattinai non hanno fiducia nelle navi spaziali — disse Louis con aria assente. Il solo pensiero che avrebbe potuto perdere la vista di quello spettacolo lo faceva rabbrividire. Il burattinaio poteva avere scelto qualcun altro e lui sarebbe morto senza vedere la Rosetta dei mondi burattinai…

— Ma come avete fatto?

— La nostra civiltà era agonizzante — disse Nessus. — Una conversione totale di energia ci aveva liberato di tutti di prodotti di scarto della civilizzazione, meno quelli del calore. Non ci rimaneva altra scelta se non trasferire il nostro mondo al di fuori del suo sistema primario.

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