Larry Niven - I burattinai

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Sulla scia di Robert Heinlein e di Isaac Asimov, Larry Niven ha costruito una serie di racconti e romanzi che costituiscono un coerente e dettagliato affresco dell’avvenire dell’uomo nello spazio.
I Burattinai Qui Niven ci narra la storia del viaggio esplorativo organizzato dalla buffissima e misteriosa razza dei “burattinai” (specie di centauri paranoici con tre gambe, senza testa, e con due braccia su cui si ergono due busti separati) con la complicità di alcuni terrestri verso il Mondo ad Anello, un gigantesco anello che orbita intorno a una stella lontana, con un’area pari a tre milioni di volte quella della Terra e pieno di fantastiche meraviglie come antiche rovine, castelli fluttuanti nell’aria e strane razze barbare. Un romanzo bizzarro e affascinante: una creazione indimenticabile e una pietra miliare della fantascienza moderna.

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L’ignoranza di Louis sembrò sorprendere tutti. Fu Teela a rispondere: — Colpisce il centro del piacere del cervello.

— A distanza?

— Certo. Agisce proprio come una piccola scossa elettrica.

— Sei mai stata colpita da un tasp? Non che siano affari miei, naturalmente.

Lei sorrise davanti a tanta delicatezza. — Sì, so che cosa si prova. Un attimo di… be’, non so trovare la descrizione adatta. Ma non si può usare il tasp su se stessi. Serve solo contro chi non se lo aspetta. La polizia gira nei parchi per pescare i tasp-amatori.

— I vostri tasp — precisò Nessus, — inducono una corrente inferiore al minuto secondo. Il mio è di circa dieci secondi.

L’effetto su Speaker doveva essere stato formidabile. Tuttavia Louis intuiva che ci doveva essere sotto qualcos’altro. — Oh, oh! Questa è bella! Solo un burattinaio poteva circolare con un’arma che benefica i nemici.

— Però solo un raffinato come me poteva spaventarsi di fronte al piacere! Il burattinaio ha perfettamente ragione — disse Speaker. — Non si arrischierebbe a usare di nuovo il tasp. Mi piacerebbe tanto da trasformarmi in uno schiavo volontario. Io, uno kzin, schiavo di un erbivoro!

— Saliamo sulla Long Shot - disse Nessus con aria maestosa. — Abbiamo perso troppo tempo con le trivialità.

Louis fu il primo a salire.

Sentiva una gran voglia di fare qualche passo di danza sulla superficie rocciosa di Nereide. Non se ne sorprese. Sapeva come muoversi quando si trovava in un ambiente di bassa gravità. Il suo cervelietto gli suggeriva che, una volta messo piede nella camera di equilibrio della Long Shot , la gravità avrebbe subito una variazione. La gravità, invece, c’era e Louis incespicò. Per poco non cadde.

La cabina era semplice: piena di spigoli, ottimi per urtarci gomiti e ginocchia. Era sovraccarica di strumenti. I quadri di controllo erano sistemati alla bell’e meglio.

Però, più che semplice, la cabina era piccola. Al momento della costruzione della Long Shot , vi era stata indotta la gravità. I macchinari erano tanti. A malapena c’era il posto per il sedile di pilotaggio.

Louis si fece piccolo per entrare in quello spazio. Aprì l’arma dello kzin facendo uscire due metri di filo metallico.

Speaker salì muovendosi lentamente, in uno stato di semiincoscienza. Si arrampicò oltre la cabina di Louis, fino allo scomparto superiore che in origine doveva essere la sala ricreativa per l’unico pilota dell’astronave. Le attrezzature per la ginnastica e lo schermo di lettura erano stati sostituiti da tre sedili di emergenza. Speaker si arrampicò sul primo sedile.

Louis lo seguì, lungo la scaletta, reggendosi con una sola mano. Teneva bene in vista, con noncuranza, l’arma allungabile. Richiuse la calotta sul sedile dello kzin, e fece scattare un interruttore.

Il sedile si trasformò in un uovo dalla superficie a specchi. All’interno, il tempo sarebbe rimasto immutabile finché Louis non avesse disinserito il campo statico. Se la nave fosse entrata in collisione con un asteroide anti-materia, lo scafo si sarebbe dissolto in vapore ionizzato; ma il sedile non avrebbe perduto le sue rifiniture di specchi.

Louis si rilassò. La faccenda si era svolta come una danza rituale; ma lo scopo non aveva niente di irreale. Lo kzin aveva le sue buone ragioni per impossessarsi dell’astronave. Il tasp non aveva cambiato le sue intenzioni. Non si doveva permettere a Speaker di avere un’altra opportunità.

Louis ritornò alla cabina di pilotaggio. Mise in funzione il circuito interfonico tra le cabine: — Entrate — ordinò. Poco più di cento ore più tardi, erano già oltre il sistema solare.

LA ROSETTA

La matematica dell’iperspazio presenta molte singolarità. Ognuna di esse circonda le masse esistenti entro l’universo einsteiniano. Al di fuori di tali singolarità le navi possono viaggiare più velocemente della luce; ma se tentano di penetrarvi scompaiono nel nulla.

La Long Shot , distante ormai dal Sole circa otto ore-luce, si trovava al di là della singolarità che circonda il Sistema.

E Louis Wu si trovò in caduta libera.

Provava una certa tensione agli intestini e un senso di malessere allo stomaco, come se fosse sul punto di vomitare. I disturbi sarebbero passati. C’era un’urgenza paradossale di volare…

Si era trovato più volte in caduta linera nell’immensa sfera trasparente dell’Hotel Outbound, che ruotava intorno alla Luna. Qui si correva il pericolo di sfasciare qualcosa di importanza vitale, anche solo con un urto leggero delle braccia.

Aveva deciso di accelerare ancora a meno di due gravità. Per cinque giorni aveva lavorato, mangiato e dormito nel sedile di pilotaggio. Si sentiva sciatto e sporco. Pur avendo dormito cinquanta ore, era esausto.

Il futuro era nebuloso. Secondo le sue previsioni, la nota dominante della spedizione sarebbe stata rappresentata dal disagio.

Negli spazi profondi, il cielo non appariva molto diverso da quello di una notte di luna. Nel sistema solare i pianeti aggiungono ben poco alla visione normale di un cielo stellato. Una stella particolarmente brillante occhieggiava dal sud galattico: il Sole.

Louis manovrò i controlli per la conversione di volo. La Long Shot ruotò su se stessa e le stelle vennero a trovarsi sotto la plancia di pilotaggio.

Ventisette, trecentododici, mille costante… erano le coordinate che Nessus gli aveva dato. Erano i punti di riferimento della migrazione dei burattinai. Adesso, Louis si rendeva conto che non si trovavano nella direzione della Nebulosa di Magellano. Il burattinaio gli aveva mentito.

Però, pensò Louis, era distante circa duecento anni-luce. E si trovava lungo l’asse galattico. Forse i burattinai avevano deciso di spostarsi oltre la Galassia seguendo la via più breve, viaggiando la di sopra del piano galattico per raggiungere la Nebulosa Minore. Inoltre avrebbero evitato i detriti interstellari: planetoidi, nubi di polvere, concentrazioni di idrogeno…

Non importava un gran che. Le mani di Louis sfarfallarono sul quadro degli strumenti, come quelle di un pianista in procinto di iniziare un concerto.

Perse quota. La Long Shot sparì.

Louis cercò di non guardare il pavimento trasparente. Aveva già smesso di chiedersi per quale ragione quella enorme finestra non fosse schermata. La visione del Punto Cieco aveva ridotto alla pazzia molti uomini in gamba. Ma c’era anche chi aveva la forza di sopportarlo. Il pilota della Long Shot doveva essere uno di loro.

Si preoccupò invece di controllare l’indicatore di massa: una sfera trasparente situata sopra il quadro degli strumenti, con molte linee azzurre che si irradiavano dal centro della sfera. Il centro era di dimensioni superiori al normale. Louis si riaccomodò sul sedile e si mise a osservare le linee.

Cambiavano in maniera evidente. Louis riusciva a seguire il percorso della linea che si spostava lungo la curvatura della sfera. Era una cosa insolita e snervante. Alle normali velocità a iperpropulsione le linee sarebbero rimaste immobili per ore intere.

Louis allungò la mano sinistra sull’interruttore del panico.

La scanalatura del ristorante automatico, alla sua destra, gli servì un caffè dal gusto strano, e a parte, uno spuntino con pane, carne e formaggio. La programmazione della cucina automatica doveva essere in ritardo di centinaia di anni. Le linee radiali dell’indicatore di massa si allargarono e di spostarono velocemente come la lancetta dei minuti in un orologio, per poi restringersi fino a scomparire. Una confusa linea azzurra si formò in fondo alla sfera, allungandosi sempre più… Louis fece scattare l’interruttore del panico.

Una stella, una sconosciuta gigante rossa, fiammeggiò sotto i suoi piedi.

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