Quindi lo condusse fuori su un piano più basso della sezione duty-free, aprendo la busta con le unghie laccate. — Qui ci sono i suoi nuovi documenti — gli disse. Gli porse una carta di credito. — Adesso lei è il revisore Andrew Bela Milosz. Benvenuto al Cartello Dembowska.
— Grazie, moglie-poliziotta.
— Basterà Greta. Posso chiamarti Andrew?
— Chiamami Bela — disse Lindsay. — Chi ha scelto questo nome?
— I tuoi genitori. Andrew Milosz è morto di recente, nel Cartello Bettina. Ma non troverai la sua morte registrata negli archivi. Il suo parente più prossimo ha venduto la sua identità all’Harem della Polizia di Dembowska. Tutti i segni d’identificazione nelle sue registrazioni sono stati cancellati e sostituiti con i tuoi. Ufficialmente, sei immigrato qui. — Sorrise. — E io sono qui per aiutarti nella transazione. Per farti felice.
— Sto gelando — annunciò Lindsay.
— Ci occuperemo subito della cosa. — Lo condusse oltre il vetro smerigliato, dentro uno dei duty-free-shop, un negozio di abbigliamento. Quando riemersero, Lindsay aveva un nuovo completo, d’un tessuto imbottito più spesso, con marezzature verticali in rilievo inserite ai polsi e alle caviglie. Il colore era grigio carbonella e, di ottimo gusto, s’intonava ai suoi nuovi stivali di velcro imbottiti di pelliccia. Sfoggiava un microfono a bottone in uno dei risvolti color crema della giacca.
— Adesso tocca ai tuoi capelli — annunciò Greta Beatty. Portava la sua nuova borsa-guardaroba a cerniera. — Sono in condizioni orrende.
— Erano grigi — disse Lindsay. — Le radici sono cresciute nere, così li ho rasati. Da allora, sono cresciuti come hanno voluto. — La gratificò d’uno sguardo deciso.
— Vuoi conservare la barba?
— Sì.
— Qualunque cosa ti faccia felice.
Dopo dieci minuti sotto le mani del parrucchiere, i capelli di Lindsay erano pettinati all’indietro dalla fronte e dalle tempie in lisce curve brillantinate. La barba era stata leggermente spuntata.
Lindsay aveva osservato i movimenti muscolari della sua compagna. C’era una calma, una quiete nei suoi movimenti che tradiva la sua giovinezza. Lindsay si sentiva teso, ipersensibile, ma la naturale allegria di Greta cominciava ad avere effetto su di lui grazie alla contaminazione cinetica. Si scoprì a esibire un involontario sorriso.
— Hai fame?
— Sì.
— Andremo al Periscopio. Stai benissimo, Bela. Ti abituerai alla gravità di Dembowska in un batter d’occhio. Rimani vicino a me. — Avvolse il braccio intorno al suo. — Mi piace questo tuo vecchio braccio.
— Rimarrai con me?
— Tutto il tempo che vorrai.
— Capisco. E se dovessi suggerirti di andartene?
— Credi proprio che ti troveresti meglio?
Lindsay soppesò la cosa. — No, perdonami, moglie-poliziotta. — Si sentiva irascibile, oscuramente infastidito. La sua nuova identità lo preoccupava. Mai prima di allora gli era capitato che gliene imponessero una. Il suo vecchio addestramento lo spronava a integrarsi nella società locale, ma gli anni l’avevano reso più rigido.
Greta lo condusse giù per due rampe di scale mobili a staffa, che si addentravano nelle profondità dell’asteroide. Le pareti e il pavimento erano di metallo antico, consumato, rivestite di un nuovo strato di velcro. La gente si muoveva a salti che iniziavano maestosi e finivano in penose contorsioni. Sopra le loro teste dei cittadini frettolosi procedevano lanciandosi da un cappio all’altro del soffitto. Seguivano un vetusto dembowskiano che avanzava spedito lungo la parete sulla sua carrozzella da paralitico dalle ruote al velcro. — Mangeremo un boccone — disse Greta Beatty. — Ti sentirai molto meglio. Lindsay considerò la possibilità di imitare i suoi movimenti muscolari dell’espressione; per quanto arrugginito, pensava di poterci riuscire. Forse sarebbe stata la cosa più intelligente, accompagnare la naturale affabilità di Greta con la propria. Ma non voleva farlo. Gli faceva male.
— Greta, questa generosità spontanea mi sorprende. Perché sei così?
— Una moglie-poliziotta? Oh, all’inizio non avevo a che fare con la Sicurezza. Ero una moglie di Carnassus, un rapporto strettamente erotico. La promozione è arrivata più tardi. Non faccio parte dello spionaggio. Faccio soltanto un lavoro di collegamento.
— Molti altri prima di me?
— Qualcuno. Cani solari, per la maggior parte. Nessun accademico plasmatore di rango.
— Hai conosciuto Michael Carnassus?
Lei esibì un remoto sorriso. — Soltanto nella carne… Siamo quasi arrivati. L’Harem della Polizia ha dei tavoli riservati. Sono sicura che ne vuoi uno accanto alle finestre.
La fioca intimità del Periscopio, agli occhi di Lindsay devastati dall’intensità luminosa, pareva impossibilmente tetra. Il vapore si levava dalle pietanze sui tavoli. S’infilò il guanto sinistro. Non era mai stato in un posto così freddo.
Una gelida luce azzurra entrava a fiotti dalle rigonfie finestre concave. Lindsay lanciò una rapida occhiata attraverso il metavetro, vide una caverna rocciosa piena per metà d’acqua. Una sfera di osservazione grande come una casa era ancorata al soffitto della caverna. Accanto ad essa c’era un banco di riflettori azzurri, montati di traverso al soffitto su dei binari arcuati. Lindsay infilò gli stivali nelle staffe d’una seggiola a bassa gravità. Il sedile si riscaldò sotto di lui; la sua sella imbottita era dotata di elementi riscaldanti.
Greta gli sorrise dall’altra parte del tavolo, i suoi occhi azzurri parevano enormi nella penombra. Era un sorriso amichevole, senza nessuna traccia di adescamento; in realtà, senza il minimo sottofondo. Nessuna paura, nessuna timidezza; niente di niente, soltanto un accenno ben equilibrato di pacata benevolenza. I suoi capelli biondi avevano la scriminatura nel mezzo e le ricadevano lungo gli orecchi e gli zigomi con bordi lisci dal taglio smussato, secondo i più recenti dettami della moda di Dembowska. I capelli avevano un aspetto molto pulito. Lindsay provò l’istinto di farvi scorrere in mezzo la mano, così come avrebbe potuto passare le dita sul dorso di cuoio d’un libro.
Le lettere fiammeggianti del menù comparvero sulla superficie del tavolo. Lindsay appoggiò la mano guantata sul ripiano. La superficie era appiccicosa a causa dei polimeri adesivi. Ritrasse le dita; dapprima la colla lo trattenne, poi lasciò di colpo la presa, senza che restasse la minima traccia. Guardò il menù. — Non ci sono i prezzi.
— L’Harem della Polizia salderà il conto. Non vorremmo che ti facessi una cattiva opinione della nostra cucina. — Indicò con un cenno del capo il lato opposto del ristorante. — Quel gentiluomo in biocorazza, al tavolo alla tua destra… quello è Lewis Martinez con sua moglie Lydia. È a capo della Martinez Corp, il suo rango è di controllore. Dicono che sua moglie sia nata sulla Terra.
— Sembra molto ben conservata. — Lindsay fissò con franca curiosità quella coppia sinistra, la cui abilità come spie industriali era diventata proverbiale nei circoli della Sicurezza dei Plasmatori. Parlavano sottovoce fra una portata e l’altra, sorridendosi con un non simulato affetto. Lindsay avvertì una fitta di dolore.
Greta aveva ripreso a parlare. — L’uomo con il servoripiano è il coordinatore Brandt… Il gruppo accanto alla finestra successiva fa parte della Kabuki Intrasolar. Quello con la giacca pacchiana è Wells…
— Ryumin mangia mai qui?
— Oh… no. — Greta lo gratificò d’un fugace sorriso. — Lui trasmette in circoli diversi.
Lindsay si sfregò pensoso il mento barbuto. — Sta bene, spero.
Greta fu cortese. — Non sta a me giudicare. Sembra felice. Lascia che ordini per te. — Digitò degli ordini sulla fascia laterale del tavolo adibita a tastiera.
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