Bruce Sterling - La matrice spezzata

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La matrice spezzata: краткое содержание, описание и аннотация

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È considerata l'opera che, insieme a Neuromante (1984) di William Gibson, ha dato inizio alla stagione della narrativa Cyberpunk.
Definito da Sterling stesso come il favorito tra i suoi libri, “La matrice spezzata” racconta di un mondo in cui l'umanità è divisa tra i rivoluzionari Shaper, favorevoli a un'umanità biologica, in lotta contro gli aristocratici Mechanist (che vorrebbero imporre il dominio della macchina) per il definitivo controllo del genere umano. Il volume comprende un romanzo e cinque racconti pubblicati tra il 1982 e il 1984, ambientati nello stesso sfondo fanta-storico e che costituiscono una sorta di minisaga, quasi una summa dell'intenso universo sterlinghiano.
Nominato per il premio Nebula per miglior romanzo in 1985, premio BSFA in 1986.

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— Dieci anni o giù di lì. Il tempo si altera sotto i cavi. Sai, così su due piedi non riesco a ricordare dove ho lasciato il mio cervello. In qualche posto improbabile, ne sono sicuro. — Ryumin sorrise. — Dev’essere nel Cartello Dembowska, altrimenti ci sarebbe un ritardo nella trasmissione.

— Voglio parlare in privato. Quante persone pensi che ci stiano ascoltando?

— Soltanto la polizia — gli assicurò Ryumin. — Sei in una casa-cassaforte dell’Harem; le loro chiamate vengono convogliate direttamente attraverso i banchi-dati del Capo. In Dembowska questo è il massimo del privato. Specialmente per qualcuno il cui passato è dubbio come il tuo, signor Dze.

Lindsay si passò un fazzoletto sul naso. I nuovi batteri avevano colpito brutalmente i suoi seni nasali, anche se erano già stati indeboliti dall’aria carica di ozono degli investitori. — Le cose erano diverse nello Zaibatsu, quand’eravamo faccia a faccia.

— I cavi causano cambiamenti — sentenziò Ryumin. — Diventa tutta una questione di input, capisci? Sistemi. Dati. Tendiamo al solipsismo; si accompagna al territorio. Per favore, non risentirti se dubito di te.

— Da quanto tempo sei a Dembowska?

— Da quando la pace ha cominciato a sbriciolarsi. Avevo bisogno di un paradiso. Questo era il migliore disponibile.

— Così i tuoi viaggi sono finiti, vecchio.

— Sì e no, signor Dze. Alla perdita della mobilità si accompagna l’estensione dei sensi. Se voglio, posso passare ad una sonda in orbita mercuriana. Oppure fra i venti di Giove. In effetti lo faccio spesso. D’un tratto mi trovo là con la stessa completezza con cui sono da qualunque altra parte, oggi. La mente non è quella che pensi tu, signor Dze. Quando l’afferri con dei cavi, tende a scorrere. I dati sembrano emergere come bolle da qualche profondo strato della mente. Questo non significa esattamente vivere, ma ha i suoi vantaggi.

— Hai rinunciato alla Kabuki Intrasolar?

— Con la guerra che si sta scaldando sempre più, i gloriosi giorni del teatro sono finiti, per un po’. La Rete mi impegna per la maggior parte del tempo.

— Giornalismo?

— Sì. Noi teste-di-cavo… o meglio, mechanist anziani, per darci un nome che non sia deturpato dalla propaganda dei Plasmatori, noi abbiamo i nostri modi per lo scorrimento dei dati. Una rete per le notizie. Alla sua massima intensità, si avvicina alla telepatia. Io sono il corrispondente locale per la Rete Datacom di Cerere. Ho la cittadinanza, anche se legalmente parlando è più conveniente venir trattati come hardware deprezzabile posseduto per intero. La nostra vita è informazione. Perfino il denaro è informazione. I soldi e la vita sono un tutt’uno.

La voce sintetizzata del mechanist era calma, spassionata, ma Lindsay provava una sensazione di allarme. — Sei in pericolo, vecchio? C’è niente che possa fare per aiutarti?

— Ragazzo mio — disse Ryumin — esiste un intero mondo dietro a questo schermo. Le linee sono diventate talmente confuse che delle banali questioni di vita o di morte devono accomodarsi in fondo alla sala. Fra noi ci sono quelli il cui cervello è crollato molti anni fa: proseguono traballando, facendo investimenti e seguendo routine programmate. Se i carnosi lo sapessero, li dichiarerebbero legalmente morti. Ma noi non glielo diciamo. — Sorrise. — Consideraci angeli, signor Dze. Spiriti su cavo. Talvolta è più facile così.

— Qui sono un estraneo. Speravo che tu potessi aiutarmi come hai fatto una volta. Ho bisogno di consigli. Ho bisogno della tua saggezza.

Ryumin esibì un perfetto sospiro. — Un tempo, quand’eravamo entrambi dei vagabondi, ho conosciuto un Dze. Mi fidavo di lui; ammiravo il suo coraggio. Eravamo uomini insieme. Il caso non è più quello.

Lindsay si soffiò il naso. Con un brivido di profondo disgusto porse il fazzoletto sporco al servorobot della casa.

— Allora avrei osato qualunque cosa, ero pronto a morire. Ma non l’ho fatto. Ho continuato a cercare. E ho trovato qualcuno. Ho avuto una moglie e non c’è stata nessuna finzione tra noi. Insieme siamo stati felici.

— Ne sono felice per te, signor Dze.

— Quando il pericolo ci ha accerchiati, ho rotto e sono scappato. Adesso, dopo quasi quarant’anni, sono di nuovo un cane solare.

— Quarant’anni sono una vita umana, signor Dze. Non costringerti ad essere umano. Viene il momento in cui devi rinunciarci.

Lindsay guardò il proprio braccio prostetico, flette lentamente le dita. — L’amavo ancora. È stata la guerra a dividerci. Se ci fosse di nuovo la pace…

— Sono sentimenti detentisti. Sono fuori moda.

— Hai rinunciato alla speranza, Ryumin?

— Sono troppo vecchio per le passioni — rispose Ryumin. — Non chiedermi di correre rischi. Lasciami ai miei flussi di dati, signor Dze, o chiunque tu sia. Io sono quello che sono. Non c’è modo di tornare indietro, nessun modo per ricominciare. Quello è un gioco per chi ha ancora carne. Per chi può guarire.

— Mi spiace — disse Lindsay — ma io ho bisogno di alleati. Il sapere è potere, e io so cose che gli altri non sanno. Intendo combattere, non contro i miei nemici ma contro le circostanze. Contro la storia. Voglio riavere mia moglie, Ryumin. Mia moglie plasmatrice. La rivoglio libera e assolta, senza nessuna ombra su di lei. Se non mi vuoi aiutare tu, chi lo farà?

Ruymin esitò. — Ho un amico — disse infine. — Si chiama Wells.

Cartello Dembowska
31-10-’53

Prima dell’avvento dell’umanità, la cintura degli asteroidi si era assestata secondo la fisica dei detriti. I frammenti si erano distribuiti secondo le potenze di dieci. Per ogni singolo asteroide, ce n’erano dieci grandi un terzo, da Cerere (mille chilometri di diametro) giù giù fino, letteralmente, ai mille miliardi di macigni non segnati su nessuna mappa, che seguivano potenziali spaziotemporali a velocità relative di cinque chilometri al secondo.

Dembowska apparteneva alla terza categoria, con un diametro di duecento chilometri. Come altri corpi circumsolari, aveva reso omaggio alle leggi del caso. Ai tempi dei dinosauri, qualcosa di grosso aveva colpito Dembowska. Il visitatore era arrivato e sparito in una frazione di secondo, lasciando pezzi dei suoi pirosseni fusi per l’impatto sepolti nella crosta dell’asteroide mentre si frantumava in un torrente di fuoco. Nel punto dell’impatto la matrice di silicati di Dembowska si era spezzata, aprendo un frastagliato crepaccio verticale che scendeva a venti chilometri di profondità fino al nucleo di ferro e nichel dell’asteroide.

Adesso la maggior parte del nucleo non c’era più, divorata da un’industria sempre avida. Cartello Dembowska viveva dentro quel crepaccio, lunghe terrazze che scendevano livello dopo livello nella gravità sempre più debole, con la pendenza che mutava, finché quelle che erano pareti diventavano pavimenti, fino a quando le pareti e i pavimenti scomparivano completamente in qualcosa che era il più vicino possibile alla caduta libera.

Alla base del crepaccio, il mondo si espandeva in un enorme vano cavernoso, il cuore vuoto di Dembowska, dove generazioni di fuchi comandati a distanza avevano rosicchiato il metallo e il minerale grezzo che lo conteneva.

Il foro era troppo largo per trattenere l’aria. Lo trattavano come se fosse spazio aperto. All’interno del vuoto a caduta libera del nucleo dell’asteroide c’erano le nuove industrie: le fabbriche crioniche, dove indicazioni e ricordi sollecitati dalla mente distrutta di Michael Carnassus venivano tradotti in una crescita costante delle azioni del Cartello Dembowska sul monitor della borsa di cento mondi.

I segreti commerciali erano al sicuro dentro le viscere di Dembowska, al riparo sotto chilometri di roccia. La vita si era imposta a forza come lo stucco dentro la faglia di quel pianeta minore; ne aveva scavato fuori il cuore inerte e l’aveva riempito di macchine.

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