Cominciarono le defezioni. La fuga di cervelli verso mondi più ricchi era cominciato partendo dal personale migliore e più ambizioso della nazione. Fortuna perse le sue navi spaziali, a mano a mano che i disertori se la svignavano portando con sé qualunque cosa che non fosse inchiodata al suolo.
Il collasso assunse un andamento esponenziale, e il governo si ridusse a poco a poco a un numero sempre più piccolo di duri a morire. Finirono per indebitarsi fino al collo e dovettero vendere le proprie infrastrutture ai cartelli mech; dovettero perfino mettere all’asta la loro aria. La popolazione si ridusse a una manciata di farabutti errabondi, per la maggior parte cani solari che erano finiti su Fortuna per mancanza di altre alternative.
Questi, però, avevano il completo controllo legale del governo nazionale, con tutto il suo apparato di relazioni con l’estero e il protocollo diplomatico. Potevano concedere la cittadinanza, battere moneta, dare il permesso di armare delle navi, firmare trattati, negoziare accordi sul controllo degli armamenti. Potevano essere, in tutto, soltanto una dozzina, ma questo era irrilevante. Avevano pur sempre la loro Camera, il loro Senato, i loro precedenti legali e la loro ideologia.
Di conseguenza avevano ridefinito il territorio nazionale di Fortuna come quello racchiuso entro i confini della loro ultima astronave sopravvissuta, la Red Consensus. Così equipaggiati, con una nazione mobile, erano in grado di annettersi la proprietà di chiunque si trovasse entro i loro confini nazionali. Questo non era un furto. Le nazioni non sono capaci di furto, un fatto legale di grande convenienza per gli ideologi della DMF. Le proteste dovevano venir presentate al sistema legale di Fortuna, che era computerizzato, e d’una complessità formidabile.
I processi erano la fonte principale di reddito per la nazione pirata. La maggior parte delle cause veniva sistemata fuori dell’aula del tribunale. In pratica si trattava di un semplice procedimento per indurre i pirati ad andarsene. Ma i pirati erano molto puntigliosi in quanto a formalità e andavano molto orgogliosi della loro insistenza nel rispettare le sottigliezze.
A bordo della Red Consensus
29-9-’16
— Cosa stai facendo in questa cassa-sudori, Segretario di Stato?
Lindsay sorrise a disagio. — Il discorso sullo stato della Nazione — rispose. — Preferisco evitarlo. — La retorica del Presidente riempiva la nave spaziale, filtrando oltre l’esile figura del Primo Deputato. La ragazza sgusciò dentro il riparo antiradiazioni e ruotò il massiccio portello chiudendoselo alle spalle.
— Questo non è patriottico, Segretario di Stato. Sei tu il nuovo, qui. Dovresti ascoltare.
— Gliel’ho scritto io — ribatté Lindsay. Sapeva che doveva trattare con cautela quella donna. Lo rendeva nervoso. I suoi movimenti sinuosi, la sinistra perfezione dei suoi lineamenti, e l’acuta, in qualche modo eccessivamente attenta intensità del suo sguardo, tutto gli diceva che era una riplasmata.
— Voi Plasmatori — disse la ragazza. — Siete lisci come il vetro.
— Davvero? — fece lui.
— Io non sono una plasmatrice — replicò lei. — Guarda questi denti. — Aprì la bocca e gli mostrò un incisivo e un canino, storti e sovrapposti. — Visto? Brutti denti, brutta genetica.
Lindsay era scettico. — Te lo sei fatta da sola.
— Sono nata così — insistette lei. — Non sono stata decantata.
Lindsay si sfregò un livido che andava svanendo, in alto sullo zigomo: se l’era procurato durante una seduta di addestramento al combattimento. Là, dentro quella scatola, faceva caldo e si avvertiva odore di chiuso. Poteva sentire il profumo di lei.
— Sono stata un riscatto — ammise la ragazza. — Un ovulo fertilizzato. Ma una cittadina di Fortuna mi ha dato alla luce. — Scrollò le spalle. — I denti me li sono ridotti così io, è vero.
— Sei una plasmatrice solitaria allora. Siete rari. Ti sei mai fatta fare il quoziente?
— Il mio QI? No. Non so leggere — rispose con orgoglio. — Ma sono il Primo Deputato, la capogruppo dei deputati alla Camera. E sono sposata al Primo Senatore.
— Davvero? Non me l’aveva mai detto.
La giovane plasmatrice si aggiustò la fascia nera che le stringeva la fronte. Sotto di essa i suoi capelli rosso-biondi erano lunghi e tenuti a posto con delle mollette rosa a forma di alligatore. — L’abbiamo fatto per motivi di tassazione. Altrimenti, chissà, forse ci starei anche con te. Hai un bell’aspetto, Segretario di Stato. — Gli si avvicinò di più. — Meglio ancora adesso che il braccio è guarito.
Gli passò la punta di un dito lungo la pelle tatuata del polso.
— C’è sempre Carnevale — commentò Lindsay.
— Carnevale non conta — disse lei. — Non puoi dire che sono stata io in preda agli afrodisiaci.
— Mancano tre mesi al rendez-vous - aggiunse Lindsay. — Questo mi dà altre tre possibilità d’indovinare.
— Sei stato al Carnevale — lei disse. — Sai com’è, iniettato di afrodisiaci. Dopo, non sei più tu, cittadino. Sei soltanto carne da muro contro muro.
— Potrei sorprenderti — fece Lindsay, incrociando il suo sguardo.
— Se lo farai, ti ucciderò, Segretario di Stato. L’adulterio è un crimine.
A bordo della Red Consensus
13-10-’16
Uno degli scarafaggi di bordo svegliò Lindsay mordicchiandogli le sopracciglia. Con un sussulto di disgusto Lindsay gli tirò un pugno e l’insetto zampettò via.
Lindsay dormiva completamente nudo salvo per la coppa all’inguine. Tutti gli uomini la portavano: li proteggeva dai pericoli della caduta libera. Lindsay scrollò fuori un altro scarafaggio dalla sua tuta rosso e argento, dove stava banchettando con le scaglie di pelle morta.
S’infilò gli indumenti e lanciò un’occhiata tutt’intorno. Là nella palestra, due dei senatori erano ancora addormentati, le loro scarpe dalle suole di velcro erano appiccicate alle pareti, i loro corpi tatuati erano acciambellati in posizione fetale. Uno scarafaggio stava sorseggiando il sudore dal collo della senatrice.
Se non fosse stato per gli scarafaggi, la Red Consensus avrebbe finito per soffocare in un muffoso detrito di pelle squamata e strati sopra strati di effluvi di sudore e simili esalazioni. Lisina, alanina, metionina, composti dell’acido carbammico, lattico, feromoni sessuali: un costante flusso di vapori organici si riversava invisibile, giorno e notte, dai corpi umani. Gli scarafaggi erano una parte vitale dell’ecosistema della nave spaziale, ripulivano via le briciole del cibo, leccavano l’unto.
Gli scarafaggi avevano infestato le navi spaziali fin dagli inizi. Erano troppo coriacei e adattabili perché si riuscisse a eliminarli. Adesso, almeno, erano bene addestrati. Erano perfino casalinghi, obbedienti agli allettamenti chimici ed ai controlli del Secondo Deputato. Comunque, Lindsay li odiava ancora, e non resisteva a guardare il loro macabro sciamare e i balzi in caduta libera e i voli sghembi… senza la profonda sensazione che lui avrebbe dovuto trovarsi da qualche altra parte. Qualsiasi altra parte.
Vestito, Lindsay si mise a vagare in caduta libera attraverso le porte a filamenti tra un ponte e l’altro. Le porte plasticizzate si sdipanavano in tanti fili quando lui si avvicinava, e tornavano a chiudersi intrecciandoli da sole dietro di lui. Erano sottili, ma a tenuta stagna, e dure come l’acciaio quando le si premeva. Erano opera dei Plasmatori. Probabilmente rubate, pensò Lindsay.
Entrò nella cabina di comando attirato dalla musica degli strumenti. La maggior parte dell’equipaggio si trovava là. Il Presidente, i due Deputati e il Terzo Magistrato stavano seguendo una trasmissione plasmatrice agit con i video-occhialoni infilati.
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