Margaret Weis - Ambra e sangue

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La vita sul mondo di Krynn è in rapida evoluzione e persino gli dei ne rimangono sconcertati.
Che dire allora dei mortali?
Di fronte a forze apparentemente invincibili, una piccola ma determinata banda di avventurieri mette in atto un disperato tentativo di arrestare un’invasione.
Mina, enigmatica come sempre, riesce a fuggire dalla sua prigione sottomarina e parte per una ricerca che metterà a dura prova la sua forza di volontà, mentre il male sembra diffondersi inesorabilmente…
Mina scopre la terribile verità su se stessa, il che la conduce quasi alla follia. Il monaco Rhys, affiancato da Atta, la sua cagna, dal kender Nightshade, riceve il rischioso incarico di scortarla in un viaggio verso l’irraggiungibile località nota come Godshome, ove Mina spera di trovare una risposta al mistero che avvolge la sua vita. Ma il sentiero è irto di insidie, dal momento che i nonmorti vogliono eleggere Mina a loro capo, mentre il Cavaliere della Morte Krell è sulle sue tracce, e Galdar la cerca per insegnarla al più odiato dei suoi nemici.

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Di struttura semplice, il castello era composto da quattro mura di un metro e venti centimetri di altezza e altrettanti di lunghezza, con un’alta torre su ciascun angolo. Non vi erano finestre e vi era un’unica porta, ma quella porta era una meraviglia.

Alta meno di un metro e non molto larga, la porta era fatta di miriadi di perle che luccicavano con una luminosità purpurea. Al centro brillava una singola runa intagliata in un grosso smeraldo.

Mina fece un gesto a Rhys e, quando lui le si avvicinò goffamente a nuoto, spingendo il bastone davanti a sé, Mina indicò il castello di sabbia e annuì con forza.

“La Sala del Sacrilegio”, disse col solo movimento delle labbra.

Rhys guardò fisso per lo stupore.

La famigerata Sala del Sacrilegio: un castello di sabbia da bambini. Rhys scrollò il capo. Mina lo guardò accigliata e, allungando la mano, afferrò il bastone e trascinò Rhys nell’acqua. Indicò la runa di smeraldo incastonata nella porta. Rhys si avvicinò e inspirò acqua per lo sgomento. Intagliato nella runa vi era il numero 8 disposto orizzontalmente, un simbolo senza fine e senza principio, il simbolo dell’eternità.

Rhys si spinse all’indietro. Mina lo osservò perplessa. Indicò la porta.

“Aprila!” ordinò in un turbinio di bolle.

Rhys scrollò il capo. Questo era il Solio Febalas, ricettacolo di alcuni fra i più sacri oggetti mai creati da dei e uomini, e la porta era chiusa e sbarrata. Non era previsto che lui entrasse. Non era previsto che nessun mortale entrasse. Forse non era previsto nemmeno che gli dei entrassero in questo luogo sacro.

Mina lo strattonò, sollecitandolo. Rhys scrollò il capo energicamente e si ritrasse. Avrebbe voluto spiegarsi con lei, ma non poteva. Si girò e fece per allontanarsi a nuoto.

Mina lo rincorse e lo afferrò di nuovo. Con aria infantile, era decisa a fare a modo suo. Rhys aveva la sensazione che se si fossero trovati sulla terraferma Mina avrebbe pestato i piedi.

Rhys avrebbe continuato a rifiutare, ma in quel momento la decisione gli fu strappata di mano.

Perfino in profondità sotto il mare poté udire quell’unica parola temuta su tutto Krynn da chiunque viaggiasse con un kender.

“Ops!”

“Ehi!” gridò Caele, allarmato. “Dove sono andati?”

I due maghi delle Vesti Nere, intenti a uccidersi a vicenda, stavano mormorando parole arcane e frugavano nei borsellini alla ricerca di componenti di incantesimi, quando si resero conto di essere rimasti soli. Kender, bambina, cane e monaco erano scomparsi.

“Maledetti i loro bulbi oculari!” imprecò Caele, fremendo. “Hanno trovato un modo per entrare!”

Il mezzelfo si precipitò giù per le scale, fermandosi con una scivolata quando raggiunse il fondo. I frammenti di vetro rotto erano ancora lì che spuntavano dalla sabbia. “Se tu non fossi stato tanto ansioso di tagliarmi la gola, saremmo lì dentro a fare incetta di ricchezze.” Basalt agitò il pugno in direzione del mezzelfo.

“Hai ragione, naturalmente, Basalt”, disse Caele con improvvisa docilità. “Tu hai sempre ragione. Porgi i miei ossequi al padrone.”

Il mezzelfo sollevò la mano a mulinello e scomparve.

“Eh?” Basalt sbatté gli occhi. “Che…”

Il nano all’improvviso capì. Inspirò profondamente ed emise un ruggito. “È andato dietro di loro!”

Basalt effettuò una rapida rassegna mentale del suo catalogo di incantesimi e prese a frugare febbrilmente nei suoi borsellini di componenti di incantesimi per vedere che cosa avesse a disposizione. Era venuto lì preparato a dare battaglia, non a viaggiare verso una destinazione ignota su un fondo marino ricoperto di vetri rotti. Si domandò quale magia avesse usato Caele, dedusse che molto probabilmente il mezzelfo aveva creato un incantesimo chiamato Porta Dimensionale, prediletto da Caele poiché richiedeva soltanto di pronunciare parole, non di usare componenti di incantesimi. A Caele non piaceva creare incantesimi che utilizzavano componenti, soprattutto perché era troppo pigro per farne incetta.

Basalt conosceva bene a sua volta l’incantesimo della Porta Dimensionale, che però presentava un unico svantaggio. Per creare l’incantesimo, il mago doveva sapere dove stesse andando, poiché doveva visualizzare il luogo. Basalt non aveva idea di dove si trovasse la Sala del Sacrilegio né di quale aspetto avesse. Non era mai stato dentro il globo pieno d’acqua che la proteggeva.

Caele, invece, era stato dentro il globo. Vi era stato spedito (a forza) dal drago Midori per raccogliere un piccolo campione del suo sangue che Nuitari aveva usato nella bacinella dell’occhio di drago, che gli consentiva di spiare i suoi nemici. Caele non aveva mai accennato al fatto di avere visto la Sala, ma il mezzelfo era un bastardo ignobile, astuto e mentitore, e Basalt immaginava che avesse curiosato qua e là mentre si trovava laggiù e semplicemente non ne avesse fatto cenno.

Immaginandosi Caele nella Sala, a raccattare tesori a destra e a manca, Basalt digrignò i denti per la collera. Guardò con occhio furioso i vetri spezzati che gli bloccavano la strada e pensò malinconicamente a come sarebbe stato meraviglioso svolazzarci sopra, e questo gli fece venire in mente un incantesimo.

Basalt non aveva a disposizione i componenti puri necessari, ma poteva arrangiarsi. L’incantesimo richiedeva una garza; Basalt si strappò la fasciatura dalla fronte e, usando il coltello, ne ritagliò un pezzo. In genere si portava dietro un pezzetto di candela, poiché una fiamma o un po‘“di cera tornavano sempre utili. La candela era di cera d’api, se l’era costruita lui stesso e ne era orgoglioso, poiché era magica.

Tenendo la garza in una mano e la candela nell’altra, pronunciò la parola di comando e la candela si accese. Basalt tenne la garza sulla fiamma finché prese fuoco, la lasciò bruciare un attimo, quindi la spense soffiando. Dal tessuto annerito si levò un sottile filo di fumo. Basalt pronunciò una parola magica e con un attimo di tensione attese di vedere funzionare l’incantesimo.

Provò una sensazione strana e spiacevole, come se la carne e le ossa, la pelle e i muscoli gli si liquefacessero per magia, e poi si dissolse, lasciandosi dietro una forma gassosa e incorporea. Basalt non utilizzava questo incantesimo da un po‘“di tempo e gli venne in mente (in ritardo) che non sapeva bene come riacquisire il proprio corpo. Di questo si sarebbe preoccupato più tardi, però. In questo momento doveva raggiungere Caele.

Lasciandosi trasportare dalle correnti d’aria, la forma gassosa di Basalt (simile a una nube pelosa di fumo nero) si propagò sopra i vetri rotti ed entrò in ciò che rimaneva del globo di cristallo.

10

Nightshade si era comprensibilmente irritato con Mina perché lo aveva tuffato nell’acqua di mare e poi quasi annegato, ma dopo un po‘“la perdonò. Gli piaceva la novità di essere capace di respirare sott’acqua e nuotare come un pesce, o meglio, come Atta. Avanzava sguazzando nel mare, godendosi il panorama, domandandosi se avesse le branchie sul collo e se queste palpitassero in dentro e in fuori, e si tastava il collo per vedere se fosse davvero così, rimanendo deluso nello scoprire che non le aveva, quando giunse al castello di sabbia.

Rhys e Mina stavano litigando. Mina a quanto pareva voleva che Rhys entrasse, e Rhys non voleva saperne, cosa che Nightshade, da bravo kender di buon senso, approvava, poiché indovinò subito che questo edificio doveva essere il “Solo Fievole di Mente” o la “Sala dei Sacri Ligi” o come diavolo si chiamava.

Nightshade sguazzava qua e là, aspettando che il litigio finisse, e presto sentì di annoiarsi. Lì sotto non c’era niente da fare, a parte nuotare. Si domandò come i pesci potessero sopportare una cosa simile. Non essendoci niente da guardare a parte il castello di sabbia, decise di darvi un’occhiata e notò che aveva una porta estremamente interessante fatta di perle e dello smeraldo più grosso e più bello che avesse mai visto. Si portò lì a nuoto per vedere più da vicino.

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