Margaret Weis - Ambra e sangue

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La vita sul mondo di Krynn è in rapida evoluzione e persino gli dei ne rimangono sconcertati.
Che dire allora dei mortali?
Di fronte a forze apparentemente invincibili, una piccola ma determinata banda di avventurieri mette in atto un disperato tentativo di arrestare un’invasione.
Mina, enigmatica come sempre, riesce a fuggire dalla sua prigione sottomarina e parte per una ricerca che metterà a dura prova la sua forza di volontà, mentre il male sembra diffondersi inesorabilmente…
Mina scopre la terribile verità su se stessa, il che la conduce quasi alla follia. Il monaco Rhys, affiancato da Atta, la sua cagna, dal kender Nightshade, riceve il rischioso incarico di scortarla in un viaggio verso l’irraggiungibile località nota come Godshome, ove Mina spera di trovare una risposta al mistero che avvolge la sua vita. Ma il sentiero è irto di insidie, dal momento che i nonmorti vogliono eleggere Mina a loro capo, mentre il Cavaliere della Morte Krell è sulle sue tracce, e Galdar la cerca per insegnarla al più odiato dei suoi nemici.

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Basalt rimase lì a fissare malinconicamente quel caos.

“Non mi importa che cosa dice il padrone”, affermò il nano. “Io non mi metto a ripulire questa roba.” Udì Caele ridacchiare e lo guardò torvo. “Perché diavolo hai quest’aria tanto maledettamente compiaciuta? Questo è un disastro!”

“Non per noi”, disse Caele, con un sorriso scaltro.

Vedendo il monaco occupato con la monella che tirava su col naso, Caele furtivamente risalì le scale, facendo un gesto a Basalt per dirgli di andare con lui. Quando furono fuori portata di udito dagli altri, Caele sussurrò: “Non ti rendi conto di che cosa vuol dire questo? Il drago non c’è più! La Sala del Sacrilegio non è più sorvegliata! Questo fa la nostra fortuna!”.

“Ammesso che la Sala sia ancora lì”, ribatté Basalt. “E ammesso che sia ancora intatta, cosa di cui dubito.” Con un gesto indicò le macerie. “E come intendi raggiungerla? Il drago potrebbe anche essere qui. Quei frammenti di vetro sono più aguzzi dei suoi denti e altrettanto micidiali.”

“Se la Sala è sopravvissuta al Cataclisma, certamente è sopravvissuta a questo. Vedrai. Quanto a raggiungerla, ho un’idea al riguardo.” “E Mina e i suoi amici?” domandò Basalt.

Caele sorrise. Rivoltando la manica, svelò un coltello allacciato al polso.

Basalt sbuffò. “Ti ricordi che cosa è successo l’ultima volta che hai cercato di sventrarla? Sei finito prigioniero nella tua stessa tomba!”

“Aveva con sé quel bastardo di Chemosh”, disse Caele, accigliandosi. “Questa volta, tutto ciò che ha sono un monaco e un kender. Tu uccidi quei due e io…”

“Lasciami fuori da tutto questo!” ringhiò Basalt. “Ne ho abbastanza dei tuoi complotti e delle tue trame. Non fanno che mettermi nei guai!”

Caele impallidì per la collera. Uno scatto del polso ed ebbe il coltello in mano. Basalt però era preparato. Aveva sempre supposto che un giorno o l’altro avrebbe finito con l’uccidere il mezzelfo, e quel giorno andava bene come qualunque altro. Prese a cantilenare un incantesimo. Caele cantilenò un controincantesimo. I due si fissavano reciprocamente con occhio furioso e malvagio.

Mina fissava con cupo stupore le rovine del globo di cristallo. “Volevo tornare a nuotare nell’acqua marina. Volevo parlare col drago…”

“Mi dispiace, Mina”, disse Rhys, senza sapere che altro dirle.

Aveva anche lui le sue preoccupazioni. Se il Solio Febalas era davvero in mezzo alle rovine, lui doveva trovarlo, accertarsi che fosse al sicuro, con il contenuto ben custodito. Udiva le due Vesti Nere che tramavano e sebbene non riuscisse a distinguere le loro parole non aveva dubbi sul fatto che progettassero di rubare gli oggetti sacri.

Se fosse stato da solo, Rhys avrebbe volentieri rischiato la vita per cercare di superare quei vetri rotti, ma non poteva avventurarsi oltre lasciando lì gli amici e la cagna, non certo con i Prediletti che si ammassavano fuori della torre, tenuti a bada da chissà quale forza nota solo agli dei. E nemmeno si fidava delle due Vesti Nere.

La preoccupazione principale di Rhys era Mina. In quanto divinità, avrebbe potuto percorrere distese di lame di rasoio senza farsi del male. Ma era una divinità che non sapeva di essere una divinità. Rabbrividiva per il freddo, piangeva quando era delusa e sanguinava quando le unghie le graffiavano la carne. Rhys non osava portarla con sé e non osava nemmeno lasciarla lì. “Mina”, disse Rhys, “penso che Nightshade abbia ragione. Dovremmo avviarci verso casa. Non puoi attraversare questa sabbia senza farti male. Goldmoon capirà…”.

“Io non me ne vado!” affermò stizzita Mina. Aveva smesso di piangere e adesso teneva il broncio, col labbro inferiore sporto in fuori. Rimase lì a scalciare la sabbia umida con la punta della scarpa. “Non certo senza il mio regalo.”

“Mina…”

“Non è giusto!” gridò, passandosi il dorso della mano sul naso. “Perché doveva andare così? Sono venuta fin qui…”

Si interruppe. Abbassandosi e ignorando l’avvertimento di Rhys di stare attenta, raccolse un piccolo frammento di vetro rotto. “Non doveva finire così.”

Mina scagliò in aria il frammento di vetro, che fu raggiunto da un milione di altri frammenti, scintillanti come gocce di pioggia al sole. I pezzi di vetro si fusero assieme. L’acqua marina, anziché colare via, si riversò di nuovo all’interno del globo.

Rhys all’improvviso si trovò dentro un globo di cristallo, sommerso da acqua marina verdeazzurra di varie braccia di profondità, e stava annegando.

Trattenendo il respiro, Rhys si guardò attorno freneticamente, cercando una via d’uscita. Nightshade gli era vicino, agitava le braccia e scalciava coi piedi, con le guance gonfie. Atta muoveva le zampe furiosamente, con gli occhi spalancati per il terrore. Mina, inconsapevole della loro situazione spiacevole, si stava allontanando a nuoto.

A Rhys restavano pochi attimi di vita. Atta stava già precipitando sul fondo. Rhys fendette l’acqua con le braccia, scalciando coi piedi e cercando di raggiungere Mina.

Riuscì ad afferrarle la caviglia. Mina si girò. Aveva il volto raggiante di piacere. Si stava divertendo. Il piacere svanì quando vide che i suoi amici erano nei guai. Li fissò sconcertata, apparentemente senza avere idea di che fare. A Rhys stavano scoppiando i polmoni. Vedeva stelle abbaglianti e macchie blu e gialle, e non riusciva più a sopportare il dolore. Aprì la bocca, preparato ad attendere la morte.

Inghiottì acqua salata e, sebbene la sensazione non fosse piacevole, non morì. Si dibatté, scosso nello scoprire che stava respirando acqua con altrettanta facilità di quando respirava aria. Nightshade, con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite, era stremato. Galleggiava floscio nell’acqua.

Mina afferrò Atta, che aveva smesso di lottare. Accarezzò la cagna, la baciò e la abbracciò, e gli occhi di Atta si aprirono di scatto. La cagna si guardò attorno freneticamente, in preda al panico, finché trovò Rhys. Lui le si avvicinò a nuoto e fu raggiunto da Nightshade, che gli afferrò il braccio e cercò di parlare. Tutto ciò che uscì dalla sua bocca furono bolle ma, anche se non poté udirlo, Rhys capì che cosa volesse dire il kender, ossia: “Devi fare qualcosa! Ci farà uccidere tutti!”.

Rhys riteneva che fosse piuttosto probabile, ma non aveva idea di come fare a prevenirlo. Una bambina normale di sei anni che si comportasse male poteva essere sculacciata e mandata a letto senza cena. L’idea di sculacciare Mina, che come aveva detto Nightshade poteva far cadere loro in testa una montagna, era ridicola. E a essere sinceri Mina non si era comportata male. Non aveva cercato intenzionalmente di annegarli. Aveva commesso un piccolo errore. Poiché lei era in grado di respirare l’acqua come l’aria, aveva ritenuto che anche loro ne fossero capaci.

Mina nuotava sott’acqua quasi fosse nel suo elemento naturale, sfrecciando attorno a loro come una carpa, e li sollecitava ad affrettarsi. Rhys aveva imparato a nuotare al monastero, ma era impacciato dalla veste e dal bastone, che non voleva abbandonare, e ostacolato dalla sua preoccupazione per Nightshade.

Il kender non aveva mai imparato a nuotare. Non aveva mai voluto. A quel punto, non avendo altra scelta, agitava scompostamente e rapidamente le braccia, senza avanzare in nessuna direzione. Stava per rinunciare al nuoto, non avendo speranze, quando Atta lo superò, agitando l’acqua con le zampe anteriori. Nightshade osservò la cagna e decise di imitarla. Non avendo zampe, utilizzò le mani e le braccia per sguazzare, e presto fu in grado di tenere l’andatura degli altri.

Mina avanzava a nuoto emozionata, facendo loro segno di affrettarsi. Quando la raggiunsero, si stava librando nell’acqua, compiendo piccoli movimenti a mulinello con le mani, volteggiando sopra quello che sembrava un castello di sabbia da bambini.

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