Margaret Weis - Ambra e ferro

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La vita sul mondo di Krynn è in rapida evoluzione e persino gli dei ne rimangono sconcertati. Che dire allora dei mortali? Di fronte a forze apparentemente invincibili, una piccola ma determinata banda di avventurieri pone in atto un disperato tentativo di arrestare un’invasione. Mina, enigmatica come sempre, riesce a fuggire dalla sua prigione sottomarina e parte per una ricerca che metterà a dura prova la sua forza di volontà, mentre il male sembra diffondersi inesorabilmente...

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«Sono pronta, mio signore», disse calma Mina.

Udiva cantilenare la voce sonora del nano.

«Hai capito che cosa devi fare?» domandò Chemosh.

«Sì, mio signore.» Mina riprese a camminare su e giù, come non vi fosse nulla fuori posto.

«La Sala del Sacrilegio è ubicata in fondo alla Torre. C’è un guardiano, e la Sala è probabilmente colma di trappole, ma io ti assisterò.»

«Mio signore...» esordì Mina, poi si zittì.

«Parla liberamente, amore mio.»

«Questa cosa è tanto importante per voi, mio signore. Perché non venite voi stesso? È un’altra prova? Dubitate ancora del mio amore e della mia fedeltà?»

«No, Mina, non dubito», rispose Chemosh. «Come dici tu, recuperare questi oggetti sacri è di vitale importanza per me. Non conosco niente di più importante. Ma io non posso entrare nella Torre. Non più. Nuitari ha bloccato il pertugio da cui sono riuscito a infilarmi dentro l’altra volta. Ha fatto di questa Torre il suo dominio. Non può entrarvi nessun altro dio.»

«Allora come vi impadronirete della Torre, mio signore?»

«Molti Prediletti sono già qui e altri ne arrivano ogni giorno. Ho messo al comando Krell, che sta costituendo una legione di guerrieri diversa da ogni altra mai vista finora su Krynn: guerrieri che possono uccidere ma non essere uccisi. Tu non devi preoccuparti di questo. Fai ciò che ti chiedo, quindi ritorna da me il più rapidamente possibile. Mi manchi, Mina.»

Il Signore della Morte si trovava nel Castello dei Prediletti sulle rive del Mare di Sangue, e Mina era in una Torre molto al di sotto della superficie delle onde, eppure lei percepiva il contatto delle mani del dio, sentiva le sue labbra sfiorarle la guancia.

«Anche voi mi mancate, mio signore», disse Mina. Udendo il desiderio nella voce lontana di lui, Mina sentì il cuore addolorarsi. La maniglia della porta sferragliò. Restavano loro pochi istanti da passare assieme.

«Ah, Mina, quando credevo che tu fossi perduta per me, non sopportavo il pensiero di andare avanti. Ho cominciato a pentirmi dell’immortalità. Ricorda, dal Solio Febalas ruba un solo oggetto sacro, uno solo. In questo modo io posso dimostrare agli altri dèi di avere effettivamente trovato il tesoro. Quindi crea sulla porta l’incantesimo che ti ho insegnato. Dopo di che Nuitari potrà sbraitare e farneticare finché vorrà, ma io potrò entrare nella sua torre.»

«Sì, mio signore.»

Se n’era andato.

Mina rivolse l’attenzione ai due maghi che a turno entrarono nella stanza a passi pesanti e furtivi rispettivamente.

Il nano, Basalt, era un ammasso nero e peloso. Mina non l’aveva mai visto in faccia. Basalt quando le stava attorno teneva il cappuccio tirato giù, e fra questo e la cespugliosa barba nera lei ancora non l’aveva visto bene. Vedeva invece il viso del mezzelfo, ed era ancora peggio. Caele non indossava mai il cappuccio sudicio che gli pendeva sulla schiena. In verità il cappuccio era tanto ricoperto di sporcizia da far dubitare a Mina che il mezzelfo potesse staccarlo dalla lurida veste nera.

Basalt teneva il cappuccio abbassato come al solito, ma Mina notò che Caele la fissava e questo la rese inquieta.

Prima d’ora il mezzelfo non l’aveva mai guardata direttamente. Il suo sguardo vagava furtivo per la stanza finché Caele pensava che lei non lo osservasse, e allora Mina si sentiva addosso gli occhi di lui. L’espressione negli occhi di Caele la terrorizzò. Il suo sguardo ardeva di una tale malevolenza che la mano di Mina si portò istintivamente all’anca alla ricerca di un’arma.

Caele guardava dritto verso di lei, con un sorriso da lupo che gli faceva ritrarre le labbra dai denti. Teneva le mani infilate dentro le maniche della veste, un’altra cosa strana per lui. Mina tornò a guardare il nano. Basalt pareva a disagio. Aveva il cappuccio tirato più in giù del solito e continuava a sbirciare da sotto, prima verso Mina, poi verso il mezzelfo, poi di nuovo verso di lei.

Vogliono uccidermi, si rese conto Mina.

Si scoprì più infastidita che spaventata. Questa cosa poteva interferire coi progetti del suo signore. Mina avrebbe dovuto colpire d’anticipo, prima che i due potessero usare su di lei la loro magia. Mina non aveva armi e nessuna prospettiva di procurarsene una, almeno in questa cella di prigione.

«Perché siete qui voi parassiti?» domandò freddamente.

«Vi è stata concessa un’ora di libertà per passeggiare nei corridoi, signora», disse burbero Basalt.

Fece un gesto verso la porta aperta e poi si trasse di lato, così come fece il mezzelfo, per permetterle di superarli.

Aspettavano che lei voltasse loro le spalle.

Avrebbe affrontato per primo il mezzelfo. Il nano pareva meno entusiasta e forse la vista del suo compagno che si contorceva a terra, soffocando nel proprio sangue, l’avrebbe indotto a ripensarci.

Mina era quasi accanto a Caele quando vide la mano di lui contrarsi sotto la manica.

Ha lì un coltello. Intende usare quello, non la sua magia. E certo, trae piacere dall’uccidere con le proprie mani...

Si tese, pronta a colpire, poi la Torre si scosse dal fondo alla sommità, facendole perdere l’equilibrio, cosicché Mina si tuffò su Caele ed entrambi finirono in terra ammucchiati.

Il nano, più compatto, era meno facile da far cadere. Il tremito del pavimento e delle pareti e del soffitto lo fece barcollare, ma lui mantenne l’equilibrio.

«Che mai...» ansimò Basalt.

«Nuitari!» gridò una voce, mentre un’altra scossa investì la Torre. «Vieni fuori di lì, mi senti? Vieni fuori ad affrontarmi!»

«Chemosh!» gridò Caele, dibattendosi al di sotto di Mina, che gli era caduta addosso.

«No, è una voce di donna!» disse Basalt, col volto pallido e gli occhi spalancati. «Zeboim! Ha scoperto la Torre.» Gemette. «Proprio adesso il padrone doveva essere via!»

«Devi parlarle!» ansimò Caele, soggiungendo con un ringhio e una spinta: «Tirati via da me, vacca maldestra!».

Anche se Mina era snella, pesava più del mezzelfo pelle e ossa e gli ostacolava i tentativi di rimettersi in piedi. Aveva le gambe aggrovigliate alle sue; i piedi di lei lo facevano incespicare. Mina lo colpì con un gomito e gli ficcò un ginocchio nel ventre.

Lui cercava di strangolarla quando un’altra scossa investì la Torre e questa volta andò giù perfino il nano. Udirono un rumore di vetri infranti. Le assi di legno gemettero per la sollecitazione.

Caele si rese conto piuttosto tardivamente che questo sarebbe stato il momento ideale per uccidere Mina, e infilò la mano nella manica per prendere il coltello.

Non c’era.

Pensò inizialmente che gli fosse caduto, poi alzando lo sguardo Caele lo trovò.

Mina era in piedi sopra di lui, col coltello in mano.

Chinandosi, gli premette la punta della lama contro la gola.

«Se le tue labbra appena si contraggono, ti apro da un orecchio all’altro», disse. «Lo stesso vale per te, nano. Se pronunci un’unica parola di magia, il tuo compagno muore.»

Vedendo dall’espressione irresoluta di Basalt che forse il nano sarebbe stato disposto a rischiare una simile tragica perdita, Mina gridò: «Mio signore Chemosh, vi prego, tenete a bada questi due mentre io mi occupo della vostra questione».

Nella stanza comparvero due sarcofagi di pietra. Su un sarcofago era intagliata una raffigurazione di Basalt, con gli occhi chiusi e le mani ripiegate sul petto. L’altro sarcofago recava un’analoga rappresentazione di Caele.

«Entra», disse Mina, parlando a Basalt.

Il nano guardò il sarcofago e scrollò la testa incappucciata.

Caele in quel momento si contrasse, e Mina premette un po’ più in profondità la punta del coltello. Sul collo del mezzelfo scivolò giù un rigagnolo rosso, dopo di che lui rimase immobile.

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