Margaret Weis - Ambra e ferro

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La vita sul mondo di Krynn è in rapida evoluzione e persino gli dei ne rimangono sconcertati. Che dire allora dei mortali? Di fronte a forze apparentemente invincibili, una piccola ma determinata banda di avventurieri pone in atto un disperato tentativo di arrestare un’invasione. Mina, enigmatica come sempre, riesce a fuggire dalla sua prigione sottomarina e parte per una ricerca che metterà a dura prova la sua forza di volontà, mentre il male sembra diffondersi inesorabilmente...

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Basalt concludeva scrivendo: in diverse centinaia di anni di pratica della magia, io non ho mai visto prima d’ora un soggetto comportarsi così, e questo vale anche per il mio collega mago.

Nuitari si fermò fuori della stanza di Caele. Sbirciando attraverso le pareti, il dio vide Caele disteso scompostamente sul letto, mentre si concedeva un pisolino pomeridiano. Nuitari bussò alla porta e con voce perentoria chiamò per nome il mezzelfo. Osservò, divertito, Caele destarsi di colpo.

Soffocando uno sbadiglio, Caele aprì la porta. «Padrone», disse. «Stavo studiando i miei incantesimi...»

«Allora devi averli incisi sul retro delle palpebre», disse Nuitari. «Ecco, renditi utile. Riporta questo libro in biblioteca per me.»

Gettò a Caele il libro degli incantesimi dalla rilegatura bianca del mago delle Vesti Bianche.

Istintivamente, Caele lo afferrò.

Dalla rilegatura bianca si sprigionarono scintille azzurre e gialle. Caele guaì e lasciò cadere a terra il libro degli incantesimi. Si ficcò in bocca le dita scottate.

Nuitari grugnì. Girando sui talloni, si allontanò.

Era tutto molto strano.

4

Chemosh si trovava sul parapetto merlato del suo castello in cima al dirupo, scrutando di malumore il Mare di Sangue e pensando a vari modi per vendicarsi di Nuitari, salvare Mina, rubare la Torre e procurarsi i preziosi oggetti sacri accatastati all’interno. Concepì e poi scartò diversi piani d’azione, e dopo una prolungata riflessione fu costretto ad ammettere che la prospettiva di raggiungere tutti questi obiettivi era probabilmente irrealizzabile. Nuitari era in gamba, maledizione a lui. Nell’eterna partita a khas giocata fra gli dèi, Nuitari aveva previsto e sventato ogni mossa di Chemosh.

Chemosh osservò le onde frangersi sulla costa contornata da scogli. Sotto quelle onde languiva Mina, intrappolata nella prigione di Nuitari. Chemosh ardeva di un feroce desiderio di discendere sul fondo del mare e marciare dentro e prelevarla. Scacciò quella tentazione. Chemosh non avrebbe dato a Nuitari la soddisfazione di burlarsi di lui. Gliel’avrebbe fatta pagare, a Nuitari, e si sarebbe ripreso Mina. Ancora doveva escogitare un modo per riuscirci. Nuitari aveva il dominio assoluto sulla vittoria.

Quasi. C’era sul tabellone un pezzo su cui nessuno aveva dominio. Un pezzo che poteva assegnare la vittoria a Chemosh.

Chemosh stava pensando a questo o quel piano d’azione quando notò un’onda, più grande delle altre, sollevarsi e spostarsi rapidamente verso riva.

«Krell», disse al cavaliere della morte, che si muoveva furtivamente tenendosi ossequioso al servizio del suo signore, «Zeboim viene a rendermi visita».

Krell saltò in aria di trenta centimetri. Se l’acciaio avesse potuto perdere colore, il suo elmo sarebbe diventato bianco.

Chemosh puntò il dito. «Guarda quell’onda.»

Zeboim era in posa aggraziata in cima a quell’onda gigantesca. L’acqua le si arricciava sotto i piedi nudi. I capelli le sventolavano all’indietro. La spuma del mare la avvolgeva. Stringeva il vento fra le mani e lo gettò in avanti a precederla. Delle folate presero a percuotere il castello.

«Potresti provare a nasconderti in cantina», suggerì Chemosh, «oppure nella cripta del tesoro, oppure sotto il letto, se ci stai. Io la terrò occupata. Faresti meglio a sbrigarti...».

Krell non aveva bisogno di solleciti. Stava già correndo verso le scale, con l’armatura che sferragliava e cigolava.

L’onda si franse sul parapetto merlato del Castello dei Prediletti. Il torrente di acqua verde, con sfumature rosse, avrebbe inzuppato il dio che si trovava lì, se lui avesse permesso all’acqua di toccarlo. Per come stavano le cose, il mare gli turbinò attorno agli stivali e discese a cascata lungo le scale. Chemosh udì un ruggito e uno sferragliare. Krell aveva perso l’equilibrio per via dell’inondazione.

Zeboim con calma discese sul parapetto. Con un gesto della mano scacciò il mare, rimandandolo indietro a scagliarsi con furia infinita contro le pendici del dirupo su cui Chemosh aveva costruito il suo castello.

«A che cosa devo l’onore di questa visita?» domandò con noncuranza Chemosh.

«Tu hai in tuo possesso l’anima di mio figlio!» disse Zeboim, con gli occhi color acqua marina che ardevano. «Liberalo: subito!»

«Lo libererò, ma voglio qualcosa in cambio. Dammi Mina», ribatté freddamente Chemosh.

«Pensi che io mi porti dietro in tasca la tua preziosa mortale?» domandò Zeboim. «Non ho idea dove sia finita la tua sgualdrina. E nemmeno mi interessa.»

«Invece dovrebbe interessarti», disse Chemosh. «Tuo fratello sta trattenendo Mina contro la sua volontà. Restituiscimi Mina e io libererò tuo figlio... se lui vorrà andarsene.»

«Lui vorrà andarsene», disse Zeboim. «Io e lui ne abbiamo parlato. È pronto ad andare oltre.» Considerò conclusa la trattativa. «Tu dammi quel disgraziato di Krell», disse digrignando i denti al pronunciarne il nome, «e avremo stipulato il patto».

Chemosh scrollò il capo. «Solo se tu mi dai quel fastidioso monaco di Majere. Prima le cose importanti, però. Tu devi restituirmi Mina. Tuo fratello l’ha rinchiusa nella Torre dell’Alta Magia sotto il Mare di Sangue.»

«Rhys Mason non è un monaco di Majere», gridò Zeboim, offesa. «È il mio monaco e mi è appassionatamente devoto. Mi adora. Farebbe qualunque cosa per me. Se non fosse stato per lui e per la sua fedele dedizione a me, mio figlio sarebbe ancora prigioniero di quel...»

Zeboim si interruppe. Le erano appena arrivate le ultime parole di Chemosh. «Che vuoi dire: Torre dell’Alta Magia nel Mare di Sangue?» si accalorò. «E da quando?»

«Da quando tuo fratello ha restaurato la Torre dell’Alta Magia che un tempo si trovava a Istar. La Torre da lui appena ricostruita adesso si trova sul fondo del Mare di Sangue.»

Zeboim lo schernì. «Una Torre nel Mare di Sangue? Nel mio mare? Senza il mio permesso? Mi prendi per scema, mio signore.»

«Mi dispiace. Pensavo lo sapessi.» Chemosh si finse sorpreso. «Fratello e sorella, così affettuosi e così intimi. Lui di sicuro ti dice tutto. Ti assicuro, mia signora, che tuo fratello Nuitari ha riedificato la Torre che un tempo sorgeva a Istar. La sta restituendo all’antico splendore e progetta di portare maghi delle Vesti Nere sotto il mare per popolarla.»

Zeboim rimase ammutolita. Aprì la bocca, ma non ne uscirono parole. Guardò con occhio furioso Chemosh, convinta che mentisse, eppure gettò occhiate incerte verso il mare che parve tremare davanti al risentimento della dea.

«La Torre non è lontana da qui», soggiunse Chemosh, con un gesto. «Un tiro di sasso. Guarda verso est. Ricordi il punto in cui si trovava il Vortice? A un centinaio di miglia da riva. Possiamo vederlo da dove ci troviamo...»

Zeboim guardò sotto l’acqua. Adesso che le veniva fatto notare, il dio aveva ragione. Lei vedeva una torre.

«Come osa?» si adirò Zeboim.

Un tuono fece tremare le mura del castello, facendo rabbrividire negli stivali Krell, che si faceva piccolo per la paura in fondo a un pozzo. La dea impetuosa si preparava a balzare a capofitto dal parapetto merlato.

«Questo lo vedremo!»

«Aspetta!» gridò Chemosh in risposta al ruggito feroce dell’ira di lei. «E il nostro patto?»

«È vero.» Zeboim rifletté con più calma. «Dobbiamo concludere l’affare prima che io faccia a pezzi i globi oculari di mio fratello e li dia da mangiare al gatto. Tu libererai mio figlio.»

«Se tu liberi Mina.»

«Tu mi darai Krell.»

«Se tu mi dai il monaco.»

«E tu», disse altezzosamente Zeboim, «devi porre fine a questi cosiddetti Prediletti».

«Vuoi forse negarmi dei discepoli?» domandò Chemosh, addolorato. «Potrei anche chiederti di smetterla di adescare marinai.»

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