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Эд Гринвуд: Elminster: il viaggio

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Эд Гринвуд Elminster: il viaggio

Elminster: il viaggio: краткое содержание, описание и аннотация

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Era il tempo in cui il magnifico regno elfo di Cormanthor era dominato dai barbari, draghi malefici governavano i cieli e gli abitanti non nutrivano più fiducia in nessuno. Maghi e guerrieri minacciavano i regni poiché mossi dalla loro arrogante e rozza ignoranza anelavano alla gloria. Accadde in quel tempo che, dopo un interminabile viaggio, Elminster giungesse a Cormanthor, alle Torri del Canto, regno di Eltargrim. In quel luogo Elminster visse per più di dodici estati, dedicandosi allo studio della magia, imparando, grazie all'aiuto di una congrega di maghi sapienti, ad avvertire dentro di sé la forza della magia e a farvi ricorso per dominare il male...

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«Dovere», rispose Iymbryl. «La gemma è la kiira della Casata degli Alastrarra, ossia il sapere e la saggezza acquisiti dai suoi eredi nei secoli. Ciò che io ero, ora lo diventerà Ornthalas, elfo del mio stesso sangue. Egli attende a Cormanthor. Portagli la gemma».

«Portargli la gemma?», gridò Elminster, ed entrambi i volti gli sorrisero e intonarono all’unisono: «Portagli la gemma».

Poi Iymbryl esclamò: «Elminster di Athalantar, ti presento Lady Ayaeqlarune di…»

Qualsiasi cosa avesse detto fu spazzata via, insieme ai loro volti, da una nuova ondata di ricordi vividi e chiassosi: scene d’amore, di guerra, e di magnifiche terre alberate. Elminster lottò per ricordare chi fosse, e per vedersi inginocchiato sotto gli alberi, in quel luogo, nel presente.

Tastò il terreno, e cercò di vedere ciò che le sue mani percepivano, ma la sua mente traboccava di voci, di unicorni danzanti, di corni da guerra sfavillanti nella luce lunare di altri tempi e di luoghi remoti. Si alzò e vacillò ciecamente con le braccia protese, finché non sbatté contro un albero.

Afferrandosi al tronco, cercò di metterlo a fuoco, ma quello e gli altri alberi, tanto alti e scuri intorno a lui, gli sembravano spaventosamente sbagliati. Li fissò, tentò di parlare, e si ritrovò a guardare Iymbryl, che stava gridando mentre i rebbi neri del forcone lo trapassavano nuovamente. E poi lui era d’improvviso Iymbryl, a cavallo di un’onda rossa di dolore, attorniato da ruukha che ridevano crudelmente e sollevavano spade malvagie che non era in grado di fermare.

Esse si abbatterono su di lui, allora tentò di divincolarsi e colpì qualcosa di molto duro, che gli tolse il respiro. Elminster vi rotolò sopra, e si accorse a malapena d’essere caduto, tra le radici degli alberi, nonostante non riuscisse ancora a vedere il fango contro cui premeva la sua faccia.

La sua mente gli stava mostrando nuovamente Iymbryl insieme a un elfo più giovane, bellissimo, dall’aspetto altezzoso, che indossava vesti preziose e si stava alzando da una sedia fluttuante a forma di goccia, sospesa in una stanza in cui risuonava una musica soave. Il giovane sorrise per salutare Iymbryl, e a El venne in mente il nome Ornthalas. Naturalmente. Doveva affrettarsi a raggiungerlo e consegnargli la gemma. Insieme alla sua vita?

Oppure la gemma gli avrebbe, nel frattempo, strappato la mente dal cranio, la carne e tutto il resto?

Dimenandosi nel fango Elminster tentò di staccarsi la gemma dalla fronte, ma ormai sembrava facesse parte di lui, calda, solida, irremovibile.

Doveva alzarsi, poiché gli hobgoblin avrebbero potuto ancora rintracciarlo, e andarsene, prima che un ragno arboricolo o un orso-gufo, o altre creature l’avessero trovato, una preda facile e impotente, e… doveva… Elminster affondò lievemente le dita nel terreno, cercando di ricordare il nome della dea che voleva invocare. Ma tutto ciò che trovò nella sua mente fu il nome Iymbryl.

Iymbryl Alastrarra. Ma com’era potuto accadere? Lui era Iymbryl Alastrarra. Erede della casata, il Mago dalle Molte Gemme, capo della Pattuglia del Corvo Bianco, e quella valletta di felci sembrava essere un buon luogo per accamparsi.

Elminster gridò, e gridò ancora, ma nessuno era in ascolto, se non le migliaia di alastrarrani che vorticavano nella sua mente.

3.

Magie crudeli e una magnifica città

È raro per un uomo farsi tanti nemici, e lottare contro di essi solo per ottenere una vittoria tanto chiara e schiacciante da sconfiggerli per sempre, e liberarsi di loro in modo pulito, in un solo istante. Effettivamente si potrebbe affermare che tale risoluzione esista solo nelle storie dei menestrelli. Nell’arazzo infinito che è la vita vera di Faerûn, gli dei affliggono gli individui con fini molto meno coerenti, troppi dei quali si rivelano fatali quanto i conflitti che li precedono.

Antarn il Saggio Da La grande storia della potenza degli arcimaghi faerûniani Pubblicata approssimativamente nell’Anno del Bastone

«Sfidereste il potere degli elfi? Ciò non è affatto prudente, mio signore». La faccia dell’elfo della luna che pronunciò tali parole appariva calma sotto il suo elmo da drago, ma il tono sembrò quello di un avvertimento severo e mordace.

«E perché no?», ringhiò l’uomo dall’armatura dorata, gli occhi scintillanti nell’ombra della visiera sollevata a testa di leone, mentre stringeva l’elsa di una spada più alta dell’elfo che gli stava di fronte. «Mi hanno già fermato gli elfi?»

La visione di due capitani armati, l’uno di fronte all’altro sulla cima di quella collina sferzata dal vento svanì, ed Elminster mugugnò. Era così stanco di tutto ciò. Ogni scena, buia, furiosa o allegra che fosse, ne introduceva subito un’altra, e quella marea di emozioni lo sfiniva. Gli sembrava di avere la mente in fiamme. Come faceva, per pietà divina, l’erede della Casata degli Alastrarra a rimanere sano di mente?

Ma era effettivamente sano di mente?

Iniziò come un sussurro gentile: per un attimo El pensò fosse un’altra delle innumerevoli’ e carezzevoli ragazze elfe dalla voce morbida, che le visioni gli mostravano. Invocami.

Chi stava parlando ora? El si schiaffeggiò la faccia, o tentò di farlo, lottando per riportarsi nel presente, a Faerûn. Il presente degli hobgoblin, dei misteriosi inseguitori, dei signori maghi e di altre minacce che potevano ucciderlo con tanta facilità.

Invocami, usami. Il giovane principe-mago per poco non scoppiò a ridere; quel sussurro seduttore gli ricordò una donna grassa delle notti di Hastarl; la voce era l’unica cosa affascinante che le rimaneva, e con essa attirava i clienti dalla soglia buia di casa sua.

Invocami, usami. Senti il mio potere. Da dove proveniva quella voce?

Ecco un calore pulsante sopra gli occhi. El si toccò la fronte con dita esitanti. La gemma palpitava: invocami. La voce scaturiva proprio dalla pietra.

«Mystra?», gridò forte Elminster, chiedendo consiglio. Non sentì nulla, se non calore. Parlare alla gemma, almeno, non era proibito, a quanto sembrava. Il giovane si schiarì la voce.

Invocami.

«In che modo?» In risposta alla domanda esasperata, nuove visioni si affollarono nella sua mente. Energie potenti fluivano ininterrottamente all’interno della gemma, magie che servivano per guarire, per mutare forma e cambiare il corpo dell’erede, da invisibile a capace di vedere nel buio, da…

Le visioni lo strapparono da tali rivelazioni e lo guidarono attraverso scene di vari eredi alastrarrani che invocavano la gemma per trasformarsi. Alcuni cambiavano solo il volto e l’altezza per evitare i nemici, altri mutavano sesso per adescare od origliare; uno o due assunsero le sembianze di animali per sfuggire a rivali armati pronti a colpire eredi elfi, ma non interessati a timide lepri o a gatti curiosi. El vide come avveniva la trasformazione, e gli venne mostrato come poteva essere invertita, o come terminava spontaneamente, indipendentemente dalla sua volontà. Bene, dunque: ora sapeva come trasformarsi invocando i poteri della gemma. Ma perché gli veniva mostrato tutto ciò?

Improvvisamente si ritrovò a fissare Iymbryl Alastrarra, sorridente nell’ombra degli alberi. La faccia tremolò, e divenne la sua. Poi ondeggiò nuovamente, e fu ancora quella dell’elfo, due occhi smeraldini sotto la capigliatura bianca tipica degli eredi alastrarrani. La visione mutò di nuovo, mostrandogli un giovane piuttosto familiare, allampanato, capelli corvini, naso adunco, occhi blu, nudo sopra uno specchio d’acqua: un corpo che assunse lentamente le sembianze di un elfo, snello, glabro e lucido. Dalla faccia, Iymbryl. Esatto: la gemma voleva che si trasformasse.

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