Con un sospiro, Elminster invocò i poteri della kiira per acquisire le sembianze dell’elfo. Fu investito da una sensazione di ondeggiamento e, d’un tratto, era Iymbryl, nelle speranze, nei ricordi e si guardò le mani: le mani alquanto rovinate di un uomo che ha vissuto e combattuto duramente. Desiderò che divenissero lunghe, esili, lisce, color blu-bianco come quelle che poco prima avevano faticosamente risalito il suo braccio fino alla guancia.
Allora le mani si restrinsero, si torsero , e divennero affusolate, delicate, la pelle color blu-bianco. Le mosse per prova, ed esse fremettero in risposta.
Elminster fece un respiro profondo e tremante, richiamò alla mente il volto di Iymbryl, e ordinò al suo corpo di mutare. Sentì qualcosa salire lentamente in lui, su per la schiena, lungo la colonna vertebrale; rabbrividì involontariamente e grugnì disgustato. Le visioni svanirono e si ritrovò a guardare i tronchi pazienti, immutati, degli alberi intorno a lui, presenti in quel luogo da secoli.
Abbassò lo sguardo. I vestiti gli andavano larghi; ora era più basso e più esile, la pelle liscia di colore blu-bianco. Era un elfo della luna. Era Iymbryl Alastrarra.
La magia aveva funzionato. Ora, non esisteva nella gemma anche un incantesimo di teletrasporto che potesse condurlo diritto a Cormanthor? Scivolò ancora una volta nei ricordi turbinanti, alla ricerca di una tale possibilità. Era come sfrecciare in un campo di battaglia affollato in cerca di una singola faccia familiare tra i guerrieri in lotta. No, a quanto pareva non esisteva. El sospirò, si scosse, e guardò gli alberi onnipresenti. Quando si voltò, gli abiti lo seguirono ondeggiando, il che gli fece ricordare la bisaccia.
Si guardò intorno e, improvvisamente, si ricordò di averla lasciata da qualche parte nella conca di felci infestata di hobgoblin. Alzò le spalle e si voltò in direzione sudest. Se i ruukha non l’avevano già fatta a pezzi o non ne avevano sparpagliato il contenuto, l’avrebbe recuperata più tardi con un incantesimo; non che quell’anno si aspettasse di avere ancora tempo per tali cose. Né, forse, nella stagione successiva. Si strinse nuovamente nelle spalle; se ciò significava servire Mystra… be’, altri avevano sopportato di peggio.
Il fatto di aver assunto le sembianze di un elfo gli avrebbe certamente consentito di entrare nella città di Cormanthor, impresa che gli sarebbe stata ben più difficile se fosse stato umano. Elminster annusò l’aria: al naso di un elfo i boschi avevano un profumo più intenso, gli odori percepiti erano molto più numerosi. Hmm. Meglio badare a quelle cose durante il cammino. Si mise in marcia fra gli alberi, toccando la gemma ancora una volta per assicurarsi di non averla persa o danneggiata durante la trasformazione.
Al tocco la kiira lo rese consapevole di due cose: solo gli spacconi mostravano apertamente le gemme del sapere della loro casata. Una semplice invocazione sarebbe servita a nascondere la pietra; e ora che aveva assunto le sembianze di Iymbryl, i ricordi della gemma non l’avrebbero più abbandonato, ma nemmeno travolto come prima.
Dapprima nascose la kiira, poi tornò alla soglia della sua mente, oltre la quale scorrevano le luci e i colori vividi delle memorie in attesa. Questa volta sembravano formare un torrente da guadare, le cui acque lente gli permettevano di dirigersi dove desiderasse, lasciando scorrere tutto il resto. El vagò alla ricerca dei ricordi più recenti di Cormanthor, e per la prima volta vide le guglie sublimi, i balconi meravigliosi di case costruite nel cuore di alberi viventi, le lanterne decorate, fluttuanti, libere nella città, e i ponti arcuati o a schiena d’asino, gettati di albero in albero, che attraversavano tutta la zona. Nessuno di essi aveva parapetti laterali. El deglutì; sarebbe passato un po’ di tempo prima che si fosse abituato a passeggiare su tali costruzioni audaci.
Chi governava la città? Il Coronal, gli indicò la gemma: un individuo scelto dal popolo, non nato per quella carica. Un «vecchio saggio» e giudice-capo di tutte le dispute, a quanto sembrava, che dominava non solo Cormanthor città, ma l’intero regno di profonde foreste. La carica prevedeva l’acquisizione di poteri magici, e il Coronal attuale era un certo Eltargrim Irithyl, anziano ed eccessivamente gentile agli occhi di Iymbryl, nonostante l’erede alastrarrano sapesse che alcune delle famiglie più orgogliose e antiche avevano opinioni meno positive del loro governatore.
Quelle fiere casate, gli Starym e gli Echorn in particolare, detenevano gran parte del potere effettivo su Cormanthor, e si consideravano l’incarnazione e i guardiani dell’«autentico» carattere elfo, ossia…
Elminster interruppe quel pensiero quando l’idea gli ricordò spiacevolmente ciò che aveva appena fatto. Non aveva avuto scelta, a meno che non fosse stato un uomo estremamente impietoso. Aveva, tuttavia, fatto bene a toccare la gemma, dal momento che si era impegnato a servire Mystra?
Si fermò bruscamente, accanto a un albero particolarmente imponente, fece un respiro profondo e chiamò a voce alta: «Mystra?»
Poi, sussurrando, aggiunse: «Signora, ascoltami. Per favore».
Richiamò alla mente il ricordo più vivido di Myrjala, sorridente ed eccitata mentre insieme fluttuavano nell’aria, i lievi mutamenti nei suoi occhi che ne tradivano la divinità via via che la passione cresceva. Si aggrappò all’immagine per non lasciarla sfuggire, sussurrò nuovamente il suo nome, e si concentrò.
Percepì una sensazione di freddo ai margini della mente, un formicolio, simile a un brivido, e domandò: «Signora, è giusto ciò che sto facendo? Ho la tua benedizione?»
Un impeto di calore amorevole pervase la sua mente, e con esso una scena di Ornthalas Alastrarra, in piedi in una stanza screziata dal sole, le cui colonne erano alberi vivi adorni di fiori. Tutto ciò veniva visto dagli occhi di qualcuno che si stava avvicinando all’erede, e quando questi giunsero a poca distanza dall’elfo, dall’aria lievemente perplessa, la mano del visitatore si sollevò e si portò a una fronte invisibile.
Gli occhi di Ornthalas si assottigliarono per lo stupore, e il visitatore gli andò più vicino, sempre più vicino. Per… baciarlo? Toccarsi il naso? No, per salutarsi fronte contro fronte, naturalmente. Gli occhi dell’elfo, tanto vicini e grandi, tremolarono come un riflesso nell’acqua increspato dalle onde. Quando il fenomeno terminò, il suo volto era diventato quello del gentile vecchio Coronal; allora venne inquadrato Elminster, piegato in un inchino. In qualche modo El sapeva che stava invocando la protezione del governatore da coloro che non tolleravano che un umano fosse penetrato nel cuore della città sotto le spoglie di un elfo conosciuto. Un elfo che avrebbe potuto benissimo aver assassinato…
Una sensazione improvvisa d’avvertimento avvampò nella sua mente come fuoco, spazzando via la visione: Elminster si ritrovò sotto gli alberi, improvvisamente cosciente, per grazia di Mystra suppose, per affrontare qualcosa che volava attorno alle radici e scivolava tra gli alberi, somigliante a un enorme serpente impetuoso. Qualcosa che sibilava e gorgogliava instancabilmente, sussurrando quelle che parevano parole. Sussurrando frammenti di incantesimi? Il corpo della strana bestia o dell’apparizione evocata era talora traslucido ma restava pur sempre indistinto, sfocato. La creatura virò verso di lui con un sogghigno trionfante, sferzando l’aria con decine di artigli affilati. Era evidente che cercava proprio lui.
Era forse una sorta di guardiano elfo? Una creatura malvagia riportata in vita da magia antica? Di qualsiasi natura fosse, il suo intento era chiaro, e quegli artigli apparivano letali.
El fece per nascondersi, ma quella cosa era tanto affascinante da osservare: una parte di essa scivolava in maniera goffa ma incessante, l’altra era un turbinio infinito di quelli che sembravano essere residui di incantesimi interrotti. Numerosi occhi fluttuavano e roteavano in quel corpo in continuo mutamento. Era sicuramente il risultato di un incantesimo. Se ne sarebbe occupata Mystra: dopo tutto lei era la dea della magia, ed egli era il suo Elet…
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