«Non è giusto, era solo una supplenza, perché ci ha dato dei compiti?»
«Non sappiamo niente dei Lupi Mannari…»
«…due rotoli di pergamena!»
«Avete detto al professor Piton che non c’eravamo ancora arrivati?» chiese Lupin un po’ accigliato.
«Sì, ma lui ha detto che eravamo indietro…»
«…non ha ascoltato…»
« …due rotoli di pergamena! »
Il professor Lupin sorrise all’indignazione sulle loro facce. «Non preoccupatevi. Parlerò io col professor Piton. Non dovete fare il tema».
«Oh, no » esclamò Hermione delusa, «io l’ho già finito!» La lezione fu molto piacevole. Il professor Lupin aveva portato con sé un barattolo di vetro con dentro un Marciotto, una piccola creatura con una zampa sola, dall’aria fragile e innocua, che sembrava fatta di fili di fumo.
«Attira i viaggiatori nelle paludi» spiegò il professor Lupin, e tutti presero appunti. «Vedete la lanterna appesa alla mano? Lui avanza a saltelli, la gente segue la luce, e poi…»
Il Marciotto emise un rumore orrendo e si scagliò contro il vetro.
Quando suonò la campana, tutti raccolsero i libri e si diressero alla porta, compreso Harry, ma…
«Aspetta un momento, Harry» disse Lupin, «vorrei parlarti».
Harry tornò indietro e osservò il professor Lupin che ricopriva il barattolo del Marciotto con un telo.
«Mi hanno detto della partita» disse Lupin, tornando verso la cattedra e cominciando a stipare la valigetta di libri, «e mi dispiace per il tuo manico di scopa. C’è qualche speranza di ripararlo?»
«No» disse Harry. «L’albero l’ha fatto a pezzi».
Lupin sospirò.
«Hanno piantato il Platano Picchiatore l’anno che sono arrivato a Hogwarts. Allora facevamo un gioco, bisognava cercare di avvicinarsi e toccare il tronco. Alla fine un ragazzo, David Gudgeon, ha quasi perso un occhio, e ci è stato proibito di avvicinarci. Sarebbe ora di sradicarlo… Ne parlerò con il professor Silente…»
«Le hanno detto anche dei Dissennatori?» chiese Harry a fatica.
Lupin gli scoccò un rapido sguardo.
«Sì. Credo che nessuno abbia mai visto il professor Silente così infuriato. Sono irrequieti da un po’ di tempo… sono arrabbiati perché si rifiuta di farli entrare nell’area della scuola… È per quello che sei caduto, immagino…»
«Sì» disse Harry. Esitò, e poi la domanda gli salì spontanea alle labbra. « Perché? Perché mi tormentano così? Sono solo…?»
«Non ha niente a che vedere con la debolezza» disse il professor Lupin seccamente, come se gli avesse letto nel pensiero. «I Dissennatori tormentano te più degli altri perché nel tuo passato ci sono cose terribili che gli altri non hanno vissuto».
Un raggio di sole invernale attraversò la classe, illuminando i capelli grigi di Lupin e i segni sul suo giovane volto.
«I Dissennatori sono le creature più disgustose della terra. Infestano i luoghi più cupi e sporchi, esultano nella decadenza e nella disperazione, svuotano di pace, speranza e felicità l’aria che li circonda. Perfino i Babbani avvertono la loro presenza, anche se non li vedono. Se ti avvicini troppo a un Dissennatore, ogni sensazione piacevole, ogni bel ricordo ti verrà succhiato via. Se appena può, il Dissennatore si nutrirà di te abbastanza a lungo da farti diventare simile a lui… malvagio e senz’anima. Non ti rimarranno altro che le peggiori esperienze della tua vita. E le cose peggiori che sono successe a te, Harry, bastano a far precipitare chiunque da un manico di scopa. Non hai niente di cui vergognarti».
«Quando mi si avvicinano…» Harry fissò la cattedra di Lupin, con la gola stretta, «sento Voldemort che uccide mia madre».
Lupin fece un gesto improvviso, come se volesse mettere una mano sulla spalla di Harry, ma poi ci ripensò. Ci fu un attimo di silenzio; e poi…
«Perché sono venuti alla partita?» disse Harry amaramente.
«Cominciano ad aver fame» rispose Lupin tranquillo, chiudendo la valigetta con un colpo secco. «Silente non li lascia entrare a scuola, quindi la loro provvista di prede umane si è esaurita… credo che non abbiano resistito al pensiero della folla attorno al campo da Quidditch. Tutta quell’eccitazione… le emozioni al massimo… per loro è come un banchetto».
«Azkaban dev’essere un posto tremendo» mormorò Harry. Lupin annuì cupo.
«La fortezza si trova su un’isoletta in mezzo al mare, ma non servono mura e acqua per trattenere i prigionieri, non quando sono tutti intrappolati nelle proprie teste, incapaci di formulare un solo pensiero allegro. Quasi tutti impazziscono entro qualche settimana».
«Ma Sirius Black è fuggito» disse Harry lentamente. «Ce l’ha fatta…»
La valigetta di Lupin scivolò dalla cattedra; lui l’afferrò di scatto prima che cadesse.
«Sì» disse, rialzandosi. «Black deve aver trovato il modo di combatterli. Non l’avrei creduto possibile… i Dissennatori sono in grado di prosciugare un mago dei suoi poteri se rimane nelle loro mani troppo a lungo…»
«Ma lei è riuscito a mandar via quel Dissennatore sul treno» disse Harry all’improvviso.
«Ci sono… delle difese a cui si può ricorrere» disse Lupin. «Ma c’era un solo Dissennatore sul treno. Più sono, più è difficile resistergli».
«Quali difese?» chiese subito Harry. «Me le può insegnare?»
«Non ho la pretesa di essere un esperto nella lotta ai Dissennatori, Harry, tutt’altro…»
«Ma se i Dissennatori vengono a un’altra partita di Quidditch… io devo saperli combattere…»
Lupin guardò il volto determinato di Harry, esitò, poi disse: «Be’… d’accordo. Cercherò di aiutarti. Ma temo che dovremo aspettare il prossimo trimestre. Ho molto da fare prima delle vacanze. Ho scelto un momento molto poco opportuno per ammalarmi».
Un po’ per la promessa di Lupin di dargli qualche lezione Anti-Dissennatore, un po’ per il pensiero che forse non avrebbe mai più dovuto riascoltare la morte di sua madre, un po’ per il fatto che Corvonero aveva schiacciato Tassorosso nell’incontro alla fine di novembre, l’umore di Harry migliorò decisamente. Grifondoro dopotutto non era fuori gara, anche se non poteva permettersi di perdere un’altra partita. Baston tornò in possesso della sua energia frenetica, e fece lavorare la squadra come sempre nei turbini di pioggia gelida che continuarono anche in dicembre. Harry non vide traccia di Dissenatori nel territorio della scuola. La furia di Silente sembrava trattenerli nelle loro postazioni agli ingressi.
Due settimane prima della fine del trimestre, il cielo si illuminò all’improvviso di un candore opalino e abbagliante e una mattina i prati fangosi si ricoprirono di gelo lucente. Nel castello c’era aria di Natale. Il professor Vitious, l’insegnante di Incantesimi, aveva già decorato le classi con luci scintillanti che si rivelarono essere autentiche fate svolazzanti. Gli studenti discutevano allegramente dei loro progetti per le vacanze. Sia Ron che Hermione avevano deciso di rimanere a Hogwarts, e anche se Ron disse che era perché non poteva sopportare l’idea di due settimane con Percy, e Hermione insistette che aveva bisogno di andare in biblioteca, Harry sapeva benissimo che lo facevano per tenergli compagnia, e gliene fu molto grato.
Con gran gioia di tutti tranne Harry, l’ultimo finesettimana del trimestre fu programmata un’altra gita a Hogsmeade.
«Possiamo comprare lì i regali di Natale!» disse Hermione. «I miei andranno matti per i Fildimenta Interdentali di Mielandia !»
Rassegnato al fatto che sarebbe stato l’unico studente del terzo anno a rimanere al castello, Harry prese in prestito da Baston una copia di Guida ai Manici di Scopa e decise di passare la giornata a informarsi sulla fabbricazione delle scope. Agli allenamenti cavalcava una scopa in dotazione alla scuola, una vecchia Stellasfreccia. che era molto lenta e instabile; decisamente, aveva bisogno di una scopa nuova.
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