Davanti a una grossa ciotola di porridge si sentì meglio, e quando ebbe addentato il pane tostato anche il resto della squadra era seduto a tavola.
«Sarà dura» disse Baston, che non toccò cibo.
«Smettila di preoccuparti, Oliver» disse Alicia cercando di consolarlo, «non sarà un po’ di pioggia a fermarci».
Ma era molto di più di un po’ di pioggia. Il Quidditch era così popolare che tutta la scuola voleva assistere alla partita, come sempre, ma tutti corsero giù per il prato verso il campo da Quidditch con le teste chine per opporsi al vento feroce, con gli ombrelli che volavano via strappati dalle loro mani. Appena prima di entrare negli spogliatoi, Harry vide Malfoy, Tiger e Goyle che ridevano e lo additavano da sotto un enorme ombrello, diretti allo stadio.
La squadra s’infilò la divisa scarlatta e attese che Baston facesse il solito discorsetto d’incoraggiamento pre-partita, ma il discorso non venne. Baston cercò più volte di prendere la parola, emise uno strano singulto, poi scosse la testa sfiduciato e fece loro cenno di seguirlo.
Il vento era cosi forte che entrando in campo barcollarono. Se la folla applaudì, non la sentirono: ogni altro rumore era sovrastato dai tuoni. La pioggia schizzava gli occhiali di Harry. Come accidenti avrebbe fatto a vedere il Boccino d’Oro?
I Tassorosso avanzavano dall’altra parte del campo, nelle loro divise giallo canarino. I Capitani si diressero uno verso l’altro e si strinsero la mano; Diggory sorrise a Baston, ma Baston sembrava avere la mascella paralizzata e fece appena un cenno. Harry vide le labbra di Madama Bumb scandire le parole ’in sella alle scope’; estrasse il piede destro dal fango con uno schiocco e montò sulla Nimbus Duemila. Madama Bumb si portò il fischietto alle labbra e ne trasse un fischio penetrante e lontano. Era cominciata.
Harry decollò rapido, ma la sua Nimbus oscillava leggermente per via del vento. Cercò di tenerla più dritta che poteva, strizzando gli occhi per vedere nella pioggia.
Di lì a cinque minuti era bagnato fradicio e congelato, e riusciva a stento a vedere i suoi compagni, per non parlare del minuscolo Boccino. Volò avanti e indietro per il campo, rincorrendo sagome sfuocate rosse e gialle, senza avere idea di cosa stesse succedendo. Non sentiva i commenti, con quel vento. La folla era nascosta sotto un mare di mantelli e ombrelli malconci. Harry rischiò due volte di essere disarcionato da un Bolide; la sua vista era così appannata dalla pioggia sugli occhiali che non li aveva visti arrivare.
Perse il senso del tempo. Tenere dritto il manico di scopa divenne sempre più difficile. Il cielo s’incupiva, come se la notte avesse deciso di arrivare in anticipo. Due volte Harry colpì un altro giocatore, senza sapere se fosse un compagno o un avversario; ormai erano tutti così zuppi, e la pioggia era così fitta, che riusciva a stento a distinguerli…
Con il primo lampo arrivò anche il suono del fischietto di Madama Bumb. Harry intravide nella pioggia la sagoma di Baston che gli faceva cenno di scendere. Tutta la squadra atterrò schizzando nel fango.
«Ho chiesto un time out!» ruggì Baston. «Venite qui sotto…»
Si strinsero al bordo del campo sotto un grosso ombrello; Harry si sfilò gli occhiali e li asciugò in fretta sulla maglietta.
«A quanto siamo?»
«Cinquanta a zero per noi» disse Baston, «ma se non prendiamo in fretta il Boccino, giocheremo al buio».
«Non ce la faccio con questi» disse Harry esasperato, sventolando gli occhiali.
In quel momento, accanto a lui comparve Hermione; aveva il mantello sulla testa e inesplicabilmente sorrideva.
«Ho un’idea, Harry! Dammi i tuoi occhiali, svelto!»
Lui glieli tese, e mentre la squadra assisteva stupita, Hermione li colpì con la sua bacchetta magica esclamando: « Impervius! »
«Ecco!» disse restituendoli a Harry. «Respingeranno la pioggia!»
Baston l’avrebbe baciata.
«Ottimo!» le gridò dietro con voce rauca, mentre Hermione spariva tra la folla. «Ok, squadra, avanti!»
L’incantesimo di Hermione fece il miracolo. Harry era ancora intirizzito, era ancora più zuppo di quanto non fosse mai stato in vita sua, ma almeno ci vedeva. Pieno di una nuova determinazione, spinse la scopa nell’aria turbolenta, cercando il Boccino in tutte le direzioni, evitando un Bolide, tuffandosi sotto Diggory che filava nella direzione opposta…
Si udì un altro tuono, seguito immediatamente da un fulmine a zigzag. Il gioco era sempre più pericoloso. Harry doveva prendere il Boccino in fretta…
Si voltò, deciso a tornare verso il centro del campo, ma in quell’istante un altro lampo illuminò le tribune, e Harry vide qualcosa che lo sconvolse: la sagoma di un enorme cane nero dal pelo ispido, stagliata nettamente contro il cielo, immobile nella vuota fila di sedili più in alto.
Le mani infreddolite di Harry scivolarono sul manico di scopa e la sua Nimbus scese di alcuni metri. Scuotendosi via dagli occhi la frangia inzuppata, Harry guardò di nuovo verso la tribuna. Il cane era sparito.
«Harry!» Arrivò l’urlo angosciato di Baston. «Harry, dietro di te!»
Harry si guardò intorno disperatamente. Cedric Diggory filava su per il campo, e un minuscolo frammento d’oro brillava nell’aria gonfia di pioggia che li separava…
Con un moto di panico, Harry si appiattì sul manico di scopa e filò verso il Boccino.
«Dài!» urlò alla sua Nimbus, mentre la pioggia gli schiaffeggiava il volto, « più veloce! »
Ma stava succedendo qualcosa di strano. Un silenzio lugubre cadde sullo stadio. Il vento, benché più forte che mai, non ruggiva più. Era come se qualcuno avesse spento l’audio, come se Harry fosse diventato sordo all’improvviso… che cos’era?
E poi un’ondata di gelo orribilmente familiare si abbatté su di lui, lo invase, mentre Harry cominciava a distinguere qualcosa che si muoveva laggiù sul campo…
Prima di avere il tempo di riflettere, Harry distolse lo sguardo dal Boccino e guardò in basso.
Sotto c’erano almeno un centinaio di Dissennatori, con le teste incappucciate rivolte verso di lui. Fu come se il suo petto si riempisse di acqua gelata, che gli perforava lo stomaco. E poi lo udì di nuovo… qualcuno gridava, gridava dentro la sua testa… una donna…
« No! Harry no, ti prego! »
« Spostati, stupida… spostati… »
« Harry no! Prendi me piuttosto, uccidi me, ma non Harry! »
Una nebbia confusa e vorticante riempiva la mente di Harry… Che cosa stava facendo? Perché era in volo? Doveva aiutarla… stava per morire… stava per essere uccisa…
Harry cadde, cadde nella nebbiolina ghiacciata.
« Non Harry! Ti prego… per favore… lui no! »
Una voce penetrante rideva, la donna gridava, e Harry non capì più nulla.
«Per fortuna il terreno era molle».
«Credevo che fosse morto».
«Ma se non si è nemmeno rotto gli occhiali».
Harry sentiva un mormorio di voci, ma non avevano alcun senso. Non aveva idea di dove fosse, o di come ci fosse arrivato, o di cosa avesse fatto prima. Tutto quello che sapeva è che aveva male dappertutto, come se qualcuno l’avesse picchiato.
«È la cosa più spaventosa che ho visto».
Spaventosa… la cosa più spaventosa… nere figure incappucciate… freddo… grida…
Harry spalancò gli occhi. Era in infermeria. La squadra di Quidditch dei Grifondoro, schizzata di fango da capo a piedi, era riunita attorno al suo letto. C’erano anche Ron e Hermione, con l’aria di essere appena usciti da una piscina.
«Harry!» disse Fred, pallidissimo sotto lo strato di fango. «Come ti senti?»
Era come se la memoria di Harry avesse premuto il tasto di avanzamento veloce. I lampi… Il Gramo… il Boccino… e i Dissennatori…
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