J. Rowling - Harry Potter e il prigioniero di Azkaban

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Harry Potter e il prigioniero di Azkaban: краткое содержание, описание и аннотация

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In questa nuova, attesissima avventura il piccolo grande apprendista mago Harry Potter deve vedersela con l’assassino pluriomicida Sirius Black, evaso dalla fortezza di Azkaban proprio per ucciderlo e con i Dissennatori, guardie carcerarie che neutralizzano le persone risucchiandone i pensieri positivi e impadronendosi dell’anima… Ma Harry Potter non soccombe alla paura, perché questa è la morale vincente che trasmette ai lettori. Tra mappe segrete, zie volanti e libri che mordono, farà trionfare il Bene. Che soddisfazione!
Vincitore del premio Locus in 2000.
Nominato per il premio Hugo in 2000.

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«Ma io non ho fatto niente» osservò Harry.

«Tu e Hermione avete risposto correttamente alle mie domande all’inizio della lezione, Harry» disse Lupin in tono allegro. «Molto bene, un’ottima lezione. Per compito, siete pregati di leggere il capitolo sui Mollicci e di farne il riassunto… consegna lunedì. È tutto».

Chiacchierando eccitati, i ragazzi uscirono dalla sala professori. Harry però non si sentiva soddisfatto. Il professor Lupin gli aveva deliberatamente impedito di affrontare il Molliccio. Perché? Era perché aveva visto Harry svenire sul treno, e credeva che non fosse in grado di farcela? Credeva forse che Harry avrebbe perso conoscenza un’altra volta?

Ma nessuno degli altri sembrava aver notato nulla.

«Visto come l’ho sfidata, quella banshee?» urlò Seamus.

«E la mano!» disse Dean, agitando la sua.

«E Piton con quel cappello!»

«E la mia mummia!»

«Chissà come mai il professor Lupin ha paura delle sfere di cristallo» si chiese Lavanda pensierosa.

«E stata la più bella lezione di Difesa contro le Arti Oscure che abbiamo mai seguito, vero?» disse Ron eccitato mentre tornavano in classe a prendere le borse.

«Sembra un ottimo insegnante» disse Hermione in tono d’approvazione. «Ma avrei voluto provarci anch’io, con il Molliccio…»

«E per te che cosa sarebbe diventato?» le chiese Ron ridacchiando. «Un compito in cui prendi nove invece dei tuoi soliti dieci?»

Capitolo 8

La fuga della Signora Grassa

In un lampo, Difesa contro le Arti Oscure diventò la lezione più amata. Solo Draco Malfoy e la sua banda di Serpeverde avevano qualcosa di sgradevole da dire sul professor Lupin.

«Guardate un po’ i suoi vestiti» ripeteva Malfoy in un sussurro quando passava il professor Lupin. «Si veste come il nostro vecchio elfo domestico».

Ma nessun altro badava agli abiti lisi e rattoppati del professor Lupin. Le lezioni che seguirono furono interessanti quanto la prima. Dopo i Mollicci, studiarono i Berretti Rossi, piccole, malvagie creature simili ai goblin che si aggiravano ovunque vi fosse stato uno spargimento di sangue, nelle segrete dei castelli e nelle buche dei campi di battaglia deserti, in attesa di colpire con un randello chi si era smarrito. Dai Berretti Rossi passarono ai Kappa, tetre creature acquatiche che sembravano scimmie squamose, con mani palmate pronte a strangolare gli ignari nuotatori negli stagni.

Harry desiderava solo che anche altri corsi fossero altrettanto piacevoli. Il peggiore di tutti era Pozioni. Piton in quel periodo era particolarmente vendicativo, e nessuno aveva dubbi sul perché. La storia del Mollìccio che aveva assunto le sue sembianze, e di come Neville gli aveva fatto indossare gli abiti di sua nonna, si era propagata per tutta la scuola alla velocità del fulmine. Piton non la trovò affatto divertente. I suoi occhi lampeggiavano minacciosi solo a sentir nominare il professor Lupin, e strapazzava Neville più che mai.

Harry era arrivato a temere anche le ore che trascorreva nella torretta soffocante della professoressa Cooman, decifrando forme e simboli sbilenchi, cercando di ignorare gli enormi occhi dell’insegnante che si riempivano di lacrime tutte le volte che lo guardava. La professoressa Cooman non riusciva a piacergli, anche se gran parte della classe la trattava con un rispetto che sconfinava nella reverenza. Calì Patil e Lavanda Brown avevano cominciato a frequentare la torre all’ora di pranzo, e tornavano sempre con un irritante atteggiamento di superiorità, come se sapessero cose ignote agli altri. Avevano cominciato anche a parlare sottovoce quando si rivolgevano a Harry, come se fosse sul letto di morte.

A nessuno piaceva davvero Cura delle Creature Magiche, che, dopo la prima lezione tutta emozioni e colpi di scena, era diventata estremamente tediosa. Hagrid sembrava aver perso la fiducia in se stesso. Ora passavano lezioni intere a imparare come badare ai Vermicoli, che probabilmente erano tra le creature più noiose del mondo.

«Perché uno dovrebbe occuparsi di loro?» disse Ron dopo un’altra ora trascorsa infilando striscioline di lattuga giù per le gole viscide dei Vermicoli.

All’inizio di ottobre, comunque, Harry ebbe qualcos’altro a cui pensare, qualcosa di così piacevole da compensare le lezioni insoddisfacenti. Si avvicinava la stagione del Quidditch, e Oliver Baston, capitano della squadra dei Grifondoro, un giovedì sera indisse una riunione per discutere le tattiche per il nuovo campionato.

Una squadra di Quidditch era formata da sette giocatori: tre Cacciatori, il cui compito consisteva nel segnare i punti facendo passare la Pluffa (una palla rossa grande come un pallone da calcio) in uno degli anelli posti all’altezza di quindici metri alle due estremità del campo; due Battitori, provvisti di mazze robuste per respingere i Bolidi (due pesanti palle nere che sfrecciavano in giro cercando di colpire i giocatori); un Portiere, che difendeva le reti, e il Cercatore, che aveva il compito più difficile, quello di prendere il Boccino d’Oro, una pallina alata grossa come una noce la cui cattura poneva fine alla partita e guadagnava alla squadra del Cercatore centocinquanta punti extra.

Oliver Baston era un corpulento ragazzo di diciassette anni che frequentava il settimo e ultimo anno a Hogwarts. C’era una sorta di quieta disperazione nella sua voce quando si rivolse ai sei compagni di squadra negli spogliatoi gelidi ai confini del campo di Quidditch già immerso nelle tenebre.

«Questa è la nostra ultima possibilità — la mia ultima possibilità — di vincere la Coppa del Quidditch» disse camminando avanti e indietro. «Alla fine di quest’anno me ne andrò. Non avrò un’altra occasione. Il Grifondoro non vince da sette anni. Ok, siamo stati sfortunatissimi: prima gli incidenti, poi l’annullamento del torneo l’anno scorso…» Baston deglutì, come se il ricordo gli facesse venire ancora un groppo in gola. «Ma sappiamo anche che la nostra è la squadra migliore della scuola » disse, battendo col pugno sul palmo della mano, con l’antico bagliore fanatico negli occhi.

«Abbiamo tre ottimi Cacciatori».

Baston indicò Alicia Spinnet, Angelina Johnson e Katie Bell.

«Abbiamo due Battitori imbattibili ».

«Piantala, Oliver, ci metti in imbarazzo» dissero in coro Fred e George Weasley, fingendo di arrossire.

«E abbiamo un Cercatore che ci ha sempre portato alla vittoria !» ruggì Baston, fissando Harry con una sorta di furioso orgoglio. «E poi ci sono io» disse, come ripensandoci.

«Anche tu sei molto bravo, Oliver» disse George.

«Un diavolo di Portiere» commentò Fred.

«Il punto è» continuò Baston, riprendendo a camminare avanti e indietro «che la Coppa del Quidditch avrebbe dovuto essere nostra negli ultimi due anni. Da quando Harry è entrato in squadra, ho pensato che ce l’avessimo in tasca. Ma non abbiamo vinto, e quest’anno è l’ultima possibilità che abbiamo di vedere il nostro nome inciso sul trofeo…»

Baston era così abbattuto che perfino Fred e George si mostrarono comprensivi.

«Oliver, questo è il nostro anno» disse Fred.

«Ce la faremo, Oliver!» esclamò Angelina.

«Ma certo» aggiunse Harry.

Carica di determinazione, la squadra riprese gli allenamenti, tre sere la settimana. Il tempo era sempre più freddo e umido, le notti più buie, ma né fango né vento né pioggia potevano offuscare la meravigliosa visione di Harry che si immaginava finalmente nell’atto di vincere la grossa Coppa del Quidditch d’argento.

Una sera dopo gli allenamenti Harry tornò nella sala comune del Grifondoro intirizzito e indolenzito, ma soddisfatto di com’erano andate le cose, e trovò la stanza pervasa da un ronzio eccitato.

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