J. Rowling - Harry Potter e il prigioniero di Azkaban

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Harry Potter e il prigioniero di Azkaban: краткое содержание, описание и аннотация

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In questa nuova, attesissima avventura il piccolo grande apprendista mago Harry Potter deve vedersela con l’assassino pluriomicida Sirius Black, evaso dalla fortezza di Azkaban proprio per ucciderlo e con i Dissennatori, guardie carcerarie che neutralizzano le persone risucchiandone i pensieri positivi e impadronendosi dell’anima… Ma Harry Potter non soccombe alla paura, perché questa è la morale vincente che trasmette ai lettori. Tra mappe segrete, zie volanti e libri che mordono, farà trionfare il Bene. Che soddisfazione!
Vincitore del premio Locus in 2000.
Nominato per il premio Hugo in 2000.

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Una cucitura della sua borsa era saltata. Harry non ne fu stupito: dentro c’erano almeno una dozzina di libri grossi e pesanti.

«Perché ti porti dietro tutta questa roba?» le chiese Ron.

«Lo sai quante materie ho scelto» rispose Hermione senza fiato. «Me li puoi tenere?»

«Ma…» Ron guardò le copertine dei libri che lei gli porgeva. «Oggi non ci sono queste lezioni. Nel pomeriggio abbiamo solo Difesa contro le Arti Oscure».

«Oh, si» disse Hermione vaga, rimettendo tutti i libri nella borsa. «Spero che per pranzo ci sia qualcosa di buono: ho una fame…» aggiunse, dirigendosi verso la Sala Grande.

«Non hai la sensazione che Hermione ci stia nascondendo qualcosa?» chiese Ron a Harry.

Il professor Lupin non c’era quando arrivarono alla prima lezione di Difesa contro le Arti Oscure. Tutti presero posto, tirarono fuori i libri, le penne e le pergamene, e stavano chiacchierando quando finalmente l’insegnante entrò nell’aula. Lupin sorrise in modo vago e posò la vecchia valigia tarlata sulla cattedra. Era trasandato come sempre, ma aveva l’aria più sana che non sul treno, l’aria di uno che ha consumato qualche pasto come si deve.

«Buon pomeriggio» disse. «Vi prego di rimettere i libri nelle borse. Oggi faremo una lezione pratica. Vi occorrono solo le bacchette magiche».

I ragazzi riposero i libri scambiandosi occhiate curiose. Non avevano mai seguito una lezione pratica di Difesa contro le Arti Oscure, a meno di non prendere in considerazione la lezione memorabile dell’anno prima, quando l’insegnante aveva portato in classe una gabbia di folletti e li aveva liberati.

«Bene» disse il professor Lupin quando tutti furono pronti, «se ora volete seguirmi…»

Perplessi ma interessati, i ragazzi si alzarono e seguirono il professor Lupin, che li guidò fuori dalla classe, lungo il corridoio deserto e oltre un angolo, dove la prima cosa che videro fu Pix il Poltergeist che fluttuava a mezz’aria a testa in giù e ficcava una gomma masticata nella toppa più vicina.

Pix fece finta di niente finché il professor Lupin non gli fu vicinissimo, poi agitò i piedi dalle dita arricciate e canticchiò:

« Pazzo, pazzo Lupin. Pazzo, lupesco Lupin, pazzo, lupesco Lupin… »

Per quanto in genere fosse maleducato e intrattabile, di solito Pix rispettava gli insegnanti. Tutti guardarono il professor Lupin per vedere come avrebbe risposto: con loro grande sorpresa, stava sorridendo.

«Se fossi in te, Pix, toglierei quella cicca dalla toppa» disse in tono amabile. «O Mastro Gazza non riuscirà a prendere le sue scope».

Gazza era il custode di Hogwarts, un mago fallito dal pessimo carattere, perennemente in guerra contro gli studenti e anche contro Pix. Comunque, Pix non prestò attenzione alle parole del professor Lupin e, anzi, fece una fragorosa pernacchia spruzzando saliva dappertutto.

Il professor Lupin sospirò ed estrasse la bacchetta magica.

«Ecco un piccolo, utile incantesimo» disse rivolto alla classe. «Vi prego di osservare attentamente».

Sollevò il braccio, disse « Waddiwasi! » e puntò la bacchetta verso Pix.

Con la forza di un proiettile, la pallottola di gomma da masticare schizzò fuori dalla toppa e s’infilò su per la narice sinistra di Pix, che sobbalzò e filò via imprecando.

«Forte, signore!» disse Dean Thomas stupefatto.

«Grazie, Dean» disse il professor Lupin mettendo via la bacchetta. «Procediamo».

Ripartirono. I ragazzi ora guardavano il trasandato professor Lupin con un nuovo rispetto. Lui li guidò lungo un secondo corridoio e si fermò davanti alla porta della sala professori.

«Entrate, prego» disse il professor Lupin aprendola.

La sala, una stanza lunga, rivestita di legno, piena di vecchie sedie scompagnate, era vuota, tranne che per un insegnante. Il professor Piton era seduto in una poltrona bassa, e alzò lo sguardo mentre la classe entrava. Aveva gli occhi scintillanti e una smorfia antipatica sul viso. Mentre il professor Lupin entrava e chiudeva la porta alle sue spalle, Piton disse:

«Lasciala aperta, Lupin. Preferisco non assistere».

Si alzò e si allontanò, con il manto nero che fluttuava alle sue spalle. Giunto sulla soglia, si voltò e disse: «Forse nessuno ti ha avvertito, Lupin, ma in questa classe c’è Neville Paciock. Ti consiglio di non affidargli compiti troppo difficili. A meno che la signorina Granger non gli borbotti suggerimenti nell’orecchio».

Neville si fece paonazzo. Harry fissò Piton: era già abbastanza spiacevole che maltrattasse Neville durante le sue ore, figuriamoci davanti agli altri insegnanti.

Il professor Lupin inarcò le sopracciglia.

«Speravo che Neville mi assistesse nella prima fase dell’operazione» osservò, «e sono certo che lo farà egregiamente».

La faccia di Neville diventò se possibile ancora più scarlatta. Le labbra di Piton si arricciarono, ma il mago se ne andò sbattendo la porta.

«Allora» disse il professor Lupin radunando la classe verso l’altro capo della stanza, occupato solo da un vecchio armadio in cui gli insegnanti tenevano i mantelli di ricambio. Mentre il professor Lupin si avvicinava, l’armadio ondeggiò all’improvviso, sbattendo contro il muro. Alcuni ragazzi balzarono indietro, spaventati.

«Niente paura» commentò il professore con la massima calma. «C’è un Molliccio lì dentro».

Quasi tutti sembravano convinti che ci fosse da aver paura, eccome. Neville rivolse al professor Lupin un’occhiata di puro terrore, e Seamus Finnigan fissò con apprensione la maniglia che aveva preso a sbatacchiare.

«I Mollicci amano i luoghi chiusi e oscuri» spiegò il professor Lupin. «Gli armadi, gli spazi sotto i letti, le antine sotto i lavandini… Una volta ne ho incontrato uno che si era insediato in una pendola. Questo si è trasferito lì dentro ieri pomeriggio, e ho chiesto al Preside di lasciarcelo per poter fare un po’ di pratica con voi del terzo anno. Allora, la prima domanda che dobbiamo porci è questa: che cos’è un Molliccio?»

Hermione alzò la mano.

«E un Mutaforma» disse. «Può assumere l’aspetto di quello che ritiene ci spaventi di più».

«Non avrei saputo dirlo meglio» approvò il professor Lupin, e Hermione sorrise radiosa. «Quindi il Molliccio che sta lì al buio non ha ancora assunto una forma. Non sa ancora che cosa spaventerà la persona dall’altra parte della porta. Nessuno sa che aspetto ha un Molliccio quando è solo, ma quando lo farò uscire, diventerà immediatamente ciò di cui ciascuno di noi ha più paura. Questo significa» disse il professor Lupin, ben deciso a ignorare il farfugliare terrorizzato di Neville, «che abbiamo un grosso vantaggio sul Molliccio prima di cominciare. Hai capito quale, Harry?»

Cercare di rispondere a una domanda con Hermione al fianco che saltellava da un piede all’altro, la mano per aria, era piuttosto spiazzante, ma Harry ci provò.

«Ehm… forse… siccome siamo in tanti, lui non sa che forma prendere?»

«Precisamente» disse il professor Lupin, e Hermione abbassò il braccio, un po’ delusa. «È sempre meglio avere compagnia quando si ha a che fare con un Molliccio. Così lo si confonde. Che cosa diventerà, un cadavere senza testa o una lumaca carnivora? Una volta ho visto un Molliccio commettere l’errore di cercare di spaventare due persone contemporaneamente. Alla fine si è trasformato in mezza lumaca. Nemmeno lontanamente spaventoso.

«L’incantesimo per respingere un Molliccio» continuò Lupin, «è semplice, ma richiede una grande forza mentale. Sapete, ciò che sconfigge un Molliccio sono le risate. Quello che dovete fare è costringerlo ad assumere una forma che trovate divertente. Ora proveremo l’incantesimo senza le bacchette magiche. Dopo di me, prego… Riddikulus! »

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