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J.K. Rowling: Harry Potter e l'Ordine della Fenice

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J.K. Rowling Harry Potter e l'Ordine della Fenice
  • Название:
    Harry Potter e l'Ordine della Fenice
  • Автор:
  • Издательство:
    Salani
  • Жанр:
  • Год:
    2003
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    88-8451-344-8
  • Рейтинг книги:
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Harry Potter e l'Ordine della Fenice: краткое содержание, описание и аннотация

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Il quarto volume delle avventure di Harry Potter ci ha lasciato con il fiato sospeso: Lord Voldemort è tornato. Che cosa succederà ora che l’Oscuro Signore è di nuovo in pieno possesso dei suoi terrificanti poteri? Quanta morte e distruzione seminerà nel tentativo di riprendere il dominio dei mondo? Sono le stesse domande che si pone Harry Potter, disperatamente segregato — come tutte le estati — nella casa dei suoi zii Babbani, lontano dal mondo magico che gli appartiene. Ma qualcosa è cambiato anche in lui. Ormai quindicenne, lo ritroviamo divorato dalla frustrazione, dalla rabbia e dall’ansia di ribellione tipiche della sua età. In uno dei libri più attesi nella storia della letteratura, J.K. Bowling non cessa di stupirci. Tessendo un’altra stupefacente trama, riesce questa volta a dar voce alle inquietudini dell’adolescenza, ad arricchire il suo già mirabolante universo di nuove creature e nuovi indimenticabili personaggi, e anche a metterci in guardia contro la stupidità del potere e di chi lo usa per combattere il talento, il coraggio, la fantasia e la diversità.

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«Ho detto PIANTALA!» ripeté Dudley, con le mani a prosciutto strette a pugno.

«I ragazzi non lo sanno che la tua mamma ti chiama così?»

«Chiudi quella bocca».

«A lei non lo dici di chiudere la bocca. E vogliamo parlare di Patatino e Diduccio ? Questi almeno li posso usare?»

Dudley non disse niente. Lo sforzo di trattenersi dal picchiare Harry sembrava richiedere tutto il suo autocontrollo.

«Allora, a chi le avete date stasera?» chiese Harry, col sorriso che svaniva. «A un altro bambino di dieci anni? Lo so che due sere fa avete picchiato Mark Evans…»

«Andava in cerca di botte» soffiò Dudley.

«Oh, sul serio?»

«Ha fatto l’insolente».

«Davvero? Ha detto che sembri un maiale a cui hanno insegnato a camminare sulle zampe di dietro? Perché questa non è insolenza, Dud, è la verità».

Un muscolo si contrasse nella mascella di Dudley. Per Harry era un’enorme soddisfazione sapere quanto stava facendo arrabbiare Dudley; era come se stesse dirottando la sua frustrazione sul cugino, la sola valvola di sfogo che aveva.

Voltarono a destra lungo lo stretto vicolo dove Harry aveva visto Sirius per la prima volta, una scorciatoia tra Magnolia Crescent e Wisteria Walk. Era vuoto e molto più buio delle vie che collegava perché non c’erano lampioni. I loro passi suonavano smorzati tra le pareti di un garage da un lato e un’alta staccionata dall’altro.

«Credi di essere un grand’uomo a portare in giro quella roba, vero?» disse Dudley dopo qualche secondo.

«Quale roba?»

«Quella… quella cosa che tieni nascosta».

Harry sorrise di nuovo.

«Non sei stupido come sembri, eh, Dud? Ma immagino che se lo fossi non riusciresti a camminare e parlare nello stesso tempo».

Harry estrasse la bacchetta. Vide Dudley guardarla torvo.

«Non hai il permesso» disse subito il cugino. «Lo so che non ce l’hai. Verresti espulso da quella scuola di mostri dove vai».

«Come fai a sapere che non hanno cambiato le regole, Big D?»

«Non è così» borbottò Dudley, anche se non suonava del tutto convinto.

Harry rise piano.

«Non hai il coraggio di sfidarmi senza quella, vero?» sibilò Dudley.

«E invece tu hai bisogno di quattro compari alle spalle per darle a un bambino di dieci anni. E quel titolo di boxe che continui a sbandierare? Quanti anni aveva il tuo avversario? Sette, otto?»

«Ne aveva sedici, per tua informazione» ribatté Dudley, «ed è rimasto secco per venti minuti dopo che l’ho steso, ed era il doppio di te. Aspetta che dica a papà che hai tirato fuori quella cosa…»

«Corri da papà, adesso, eh? Il suo campioncino di boxe ha paura della brutta bacchetta di Harry?»

«Non sei così coraggioso di notte, vero?» sogghignò Dudley.

« Adesso è notte, Diddy. Si chiama così quando diventa tutto buio».

«Voglio dire quando sei a letto!»

Aveva smesso di camminare. Anche Harry si fermò e fissò il cugino. Da quel poco che riusciva a vedere, il faccione di Dudley ostentava un’espressione di strano trionfo.

«Che cosa intendi dire, non sono coraggioso quando sono a letto?» domandò, sconcertato. «Di che cosa dovrei aver paura, del cuscino?»

«Ti ho sentito ieri notte» disse Dudley. «Che parlavi nel sonno. Che piagnucolavi».

«Che cosa intendi dire?» chiese di nuovo Harry, ma c’era una sensazione di gelo e di vuoto nel suo stomaco. La notte prima aveva rivisitato il cimitero in sogno.

Dudley esplose in un’aspra risata canina, poi scelse una voce acuta e lamentosa.

«“Non uccidere Cedric! Non uccidere Cedric!” Chi è Cedric, il tuo amichetto?»

«Io… tu menti» disse Harry automaticamente. Ma la bocca gli si era inaridita. Sapeva che Dudley non mentiva: altrimenti come avrebbe fatto a sapere di Cedric?

«“Papà! Aiuto, papà! Mi ucciderà, papà! Buuu!”»

«Zitto» sibilò Harry piano. «Zitto, Dudley, ti avverto!»

«“Aiuto, papà! Mamma, aiutami! Ha ucciso Cedric! Papà, aiuto! Mi…” Non puntarmi addosso quella cosa! »

Dudley indietreggiò contro il muro del vicolo. Harry gli stava puntando la bacchetta dritto contro il cuore. Sentiva quattordici anni di odio per Dudley pulsargli nelle vene: che cosa non avrebbe dato per colpire subito, per stregare Dudley e costringerlo a strisciare a casa come un insetto, rimbambito, con le antenne che gli spuntavano…

«Non parlarmi mai più in quel modo» ringhiò. «Mi hai capito?»

«Punta quella cosa da un’altra parte!»

«Ho detto: mi hai capito

«Puntala da un’altra parte!»

«MI HAI CAPITO?»

«TOGLI QUELLA COSA DA…»

Dudley emise uno strano sospiro tremolante, come se fosse stato immerso in acqua gelata.

Qualcosa era successo alla notte. Il cielo indaco cosparso di stelle all’improvviso era diventato nero come la pece e privo di luci: le stelle, la luna, i lampioni nebulosi ai due capi del vicolo erano scomparsi. Il rombo lontano delle auto e il sussurro degli alberi erano spariti. La serata fragrante all’improvviso era fredda e pungente. Erano circondati da un’oscurità totale, impenetrabile, silenziosa, come se una mano gigante avesse gettato uno spesso mantello ghiacciato sull’intero vicolo, accecandoli.

Per un istante Harry credette di aver praticato la magia senza volerlo, nonostante avesse resistito più che poteva. Poi la ragione ebbe la meglio: non aveva il potere di spegnere le stelle. Voltò la testa da una parte e dall’altra, cercando di vedere qualcosa, ma l’oscurità premeva sui suoi occhi come un velo senza peso.

La voce terrorizzata di Dudley esplose nell’orecchio di Harry.

«C-che cosa s-stai facendo? F-fermati!»

«Non sto facendo niente! Zitto e non muoverti!»

«N-non ci vedo! Sono d-diventato cieco! Io…»

«Ho detto zitto!»

Harry rimase immobile, spostando lo sguardo cieco a destra e sinistra. Il freddo era così intenso che tremava tutto, sulle braccia gli era spuntata la pelle d’oca e i peli sulla nuca erano ritti. Spalancò gli occhi più che poteva, gettando intorno uno sguardo vacuo, senza vedere.

Era impossibile… non potevano essere lì… non a Little Whinging… Tese le orecchie… li avrebbe sentiti prima di vederli…

«Lo d-dirò a papà!» piagnucolò Dudley. «D-dove sei? Che cosa stai f-fa…»

«Vuoi star zitto?» sibilò Harry. «Sto cercando di ascol…»

Ma all’improvviso tacque. Aveva sentito proprio quello che temeva.

C’era qualcosa nel vicolo oltre a loro due, qualcosa che faceva respiri lunghi, rochi, sonori. Harry, tremante nell’aria gelida, avvertì un terribile fiotto di paura.

«P-piantala! Smettila! Te le d-do, giuro che te le do!»

«Dudley, chiudi…»

WHAM.

Un pugno colpì Harry alla testa, alzandolo da terra. Piccole luci bianche esplosero davanti ai suoi occhi. Per la seconda volta in un’ora Harry si sentì come se la sua testa fosse stata spaccata in due; un attimo dopo atterrava con un gran tonfo sul terreno e la bacchetta gli sfuggiva di mano.

«Dudley, sei un idiota!» urlò, gli occhi che lacrimavano dal dolore mentre si rimetteva a fatica a quattro zampe, cercando freneticamente a tentoni nell’oscurità. Sentì Dudley sferrare pugni, colpire la staccionata del vicolo, barcollare.

«DUDLEY, TORNA INDIETRO! GLI STAI CORRENDO INCONTRO!»

Ci fu un orrendo urlo, come uno squittio, e i passi di Dudley si fermarono. Nello stesso momento, Harry sentì un gelo strisciante alle spalle, che poteva voler dire solo una cosa. Ce n’era più di uno.

«DUDLEY, TIENI LA BOCCA CHIUSA! QUALUNQUE COSA TU FACCIA, TIENI LA BOCCA CHIUSA! La bacchetta!» borbottò Harry agitato, con le mani che zampettavano sul terreno come ragni. «Dov’è… la bacchetta… andiamo… lumos! »

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