«Giù nel vecchio… ma mi avevano detto… per la barba di Merlino!»
Il signor Weasley guardò l’orologio, emise un gemito e balzò su dalla sedia.
«Presto, Harry, avremmo dovuto essere lì cinque minuti fa!»
Perkins si appiattì contro gli archivi e il signor Weasley uscì di corsa dall’ufficio, con Harry alle calcagna.
«Perché hanno cambiato orario?» chiese Harry senza fiato sfrecciando davanti ai cubicoli degli Auror; i maghi misero fuori la testa a guardarli che filavano via. Harry si sentiva come se avesse lasciato le viscere alla scrivania di Perkins.
«Non ne ho idea, ma grazie al cielo siamo arrivati presto; se non ti fossi presentato sarebbe stata una catastrofe!»
Il signor Weasley si bloccò davanti agli ascensori e sferrò un pugno impaziente al pulsante “giù”.
«E MUOVITI!»
L’ascensore arrivò sferragliando e loro corsero dentro. Tutte le volte che si fermava, il signor Weasley imprecava con furia e colpiva più volte il pulsante del Nono Livello.
«Quelle aule non vengono usate da anni» disse arrabbiato. «Non riesco a capire perché la tengono laggiù… a meno che… ma no…»
Una strega grassa che reggeva un calice fumante salì in quel momento, e il signor Weasley non concluse la frase.
«Atrium» annunciò la fredda voce femminile, e le griglie si aprirono, offrendo a Harry uno scorcio remoto delle statue dorate nella fontana. La strega grassa scese e salì un mago con la pelle olivastra e un viso molto funereo.
«’Giorno, Arthur» salutò con voce sepolcrale mentre l’ascensore cominciava a scendere. «Non ti si vede spesso quaggiù».
«Affari urgenti, Bode» rispose il signor Weasley, che saltellava per l’impazienza e scoccava sguardi ansiosi a Harry.
«Ah, certo» disse Bode, scrutando Harry senza batter ciglio. «Naturalmente».
Harry non aveva voglia di preoccuparsi anche di Bode, ma il suo sguardo fermo non lo fece sentire molto più a proprio agio.
«Ufficio Misteri» annunciò la fredda voce femminile e non aggiunse altro.
«Presto, Harry» disse il signor Weasley quando le porte si aprirono cigolando, e presero a correre lungo un corridoio alquanto diverso da quelli di sopra. Le pareti erano spoglie; non c’erano finestre né porte, tranne una, liscia e nera, in fondo. Harry si aspettava che la varcassero, ma invece il signor Weasley lo prese per un braccio e lo trascinò a sinistra, dove c’era un’apertura che dava su una rampa di scale.
«Giù di qua, giù di qua» disse ansante, scendendo due gradini alla volta. «L’ascensore non arriva così in basso… perché la tengono qui, io…»
Raggiunsero la base delle scale e fecero di corsa un altro corridoio, che assomigliava moltissimo a quello che portava al sotterraneo di Piton a Hogwarts, con torce appese alle pareti di pietra viva. Le porte che oltrepassarono erano di legno massiccio con chiavistelli e serrature di ferro.
«Aula… Dieci… credo… ci siamo quasi… ecco».
Il signor Weasley si fermò barcollando davanti a una porta scura coperta di sudiciume, con un enorme chiavistello di ferro e si afflosciò contro la parete, premendosi la mano al petto.
«Vai avanti» disse ansimando e indicò la porta. «Entra».
«Lei non… lei non viene con…?»
«No, no, non mi è permesso. Buona fortuna!»
Il cuore di Harry tambureggiava con veemenza contro il suo pomo d’Adamo. Deglutì forte, abbassò la pesante maniglia di ferro ed entrò nell’aula.
Harry boccheggiò. Non poté farne a meno: la vasta segreta in cui era entrato gli era terribilmente familiare. Non solo l’aveva già vista, ma c’era già stato. Quello era il luogo che aveva visitato dentro il Pensatoio di Silente, il luogo in cui aveva visto i Lestrange condannati all’ergastolo ad Azkaban.
Le pareti erano di pietra scura, illuminate fiocamente da torce. Panche vuote si ergevano ai due lati di Harry, ma di fronte, sulle panche più alte, c’erano molte sagome in ombra. Stavano parlando a bassa voce, ma quando la pesante porta si chiuse dietro a Harry calò un silenzio carico di presagi.
Una fredda voce maschile risuonò nell’aula.
«Sei in ritardo».
«Mi dispiace» disse Harry nervosamente. «Io… io non sapevo che l’orario era stato cambiato».
«Non per colpa del Wizengamot» ribatté la voce. «Ti è stato mandato un gufo questa mattina. Siediti al tuo posto» .
Harry lasciò cadere lo sguardo sulla sedia al centro della stanza, coi braccioli coperti di catene. Aveva visto quelle catene animarsi e legare chiunque prendesse posto tra loro. I suoi passi echeggiarono forte attraverso il pavimento di pietra. Quando si sedette cautamente sull’orlo della sedia, le catene tintinnarono minacciose, ma non lo legarono. Preso da una leggera nausea, guardò in su, verso le persone sedute sulle panche in alto.
Ce n’erano una cinquantina: tutte, per quanto riusciva a vedere, indossavano una veste color prugna con una “W” d’argento dal ricamo elaborato sul lato sinistro del petto, e tutte lo fissavano dall’alto al basso, alcune con espressioni molto severe, altre con sguardi di sincera curiosità.
Al centro esatto della fila davanti sedeva Cornelius Caramell, il Ministro della Magia. Caramell era un uomo corpulento che spesso portava una bombetta verde acido, anche se quel giorno ne aveva fatto a meno; aveva fatto a meno anche del sorriso indulgente che un tempo esibiva quando si rivolgeva a Harry. Una vasta strega dalla mascella quadrata con i capelli grigi molto corti sedeva alla sua sinistra; portava un monocolo e aveva l’aria ostile. Alla destra di Caramell c’era un’altra strega, ma era seduta così indietro sulla panca che il suo volto rimaneva in ombra.
«Molto bene» cominciò Caramell. «Dal momento che l’accusato è presente… finalmente… cominciamo. Sei pronto?» chiese, rivolto verso il basso.
«Sissignore» rispose una voce zelante che Harry conosceva. Il fratello di Ron, Percy, era seduto all’estremità della prima panca. Harry lo guardò, aspettandosi un cenno di riconoscimento, che però non venne. Gli occhi di Percy, dietro gli occhiali cerchiati di corno, erano fissi sulla pergamena, una piuma pronta in mano.
«Udienza disciplinare del dodici agosto» annunciò Caramell con voce sonora, e Percy cominciò subito a prendere appunti, «per violazioni commesse contro il Decreto per la Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche tra i Minorenni e lo Statuto Internazionale di Segretezza da Harry James Potter, residente al numero quattro di Privet Drive, Little Whinging, Surrey.
«Inquisitori: Cornelius Oswald Caramell, Ministro della Magia; Amelia Susan Bones, Direttore dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia; Dolores Jane Umbridge, Sottosegretario Anziano del Ministro. Scrivano della Corte: Percy Ignatius Weasley…»
«Testimone per la Difesa: Albus Percival Wulfric Brian Silente» disse una voce pacata alle spalle di Harry, che voltò la testa così in fretta che si fece male al collo.
Silente avanzava con serenità nell’aula, sfoggiando una lunga veste blu mezzanotte e un’espressione di calma perfetta. La lunga barba e i capelli d’argento scintillavano alla luce delle torce mentre si avvicinava a Harry e guardava in su verso Caramell attraverso gli occhiali a mezzaluna posati a metà del naso adunco.
I membri del Wizengamot borbottarono. Gli occhi di tutti ora fissavano Silente. Alcuni sembravano seccati, altri un po’ spaventati; due anziane streghe nella fila dietro, tuttavia, levarono la mano e salutarono in segno di benvenuto.
Un’emozione potente era sorta nel petto di Harry alla vista di Silente, una sensazione di forza e di speranza simile a quella che gli infondeva il canto della fenice. Voleva incrociare il suo sguardo, ma Silente non guardava dalla sua parte; continuava a guardare in su, verso un Caramell in evidente stato di agitazione.
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