J.K. Rowling - Harry Potter e l'Ordine della Fenice

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Harry Potter e l'Ordine della Fenice: краткое содержание, описание и аннотация

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Il quarto volume delle avventure di Harry Potter ci ha lasciato con il fiato sospeso: Lord Voldemort è tornato. Che cosa succederà ora che l’Oscuro Signore è di nuovo in pieno possesso dei suoi terrificanti poteri? Quanta morte e distruzione seminerà nel tentativo di riprendere il dominio dei mondo? Sono le stesse domande che si pone Harry Potter, disperatamente segregato — come tutte le estati — nella casa dei suoi zii Babbani, lontano dal mondo magico che gli appartiene. Ma qualcosa è cambiato anche in lui. Ormai quindicenne, lo ritroviamo divorato dalla frustrazione, dalla rabbia e dall’ansia di ribellione tipiche della sua età. In uno dei libri più attesi nella storia della letteratura, J.K. Bowling non cessa di stupirci. Tessendo un’altra stupefacente trama, riesce questa volta a dar voce alle inquietudini dell’adolescenza, ad arricchire il suo già mirabolante universo di nuove creature e nuovi indimenticabili personaggi, e anche a metterci in guardia contro la stupidità del potere e di chi lo usa per combattere il talento, il coraggio, la fantasia e la diversità.

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«Che cosa fai, Potter?» chiese Piton, gelido come sempre, avanzando a grandi passi verso i quattro.

«Sto tentando di decidere quale maledizione usare contro Malfoy, signore» rispose impassibile Harry.

Piton lo fissò.

«Metti via subito quella bacchetta» ordinò brusco. «Dieci punti in meno per Grifon…»

Lanciò un’occhiata alle grandi clessidre e sorrise sprezzante.

«Ah. Vedo che a Grifondoro non sono rimasti punti da togliere. In tal caso, Potter, dovremo…»

«Aggiungerne qualcuno?»

La professoressa McGranitt aveva appena finito di salire a fatica la scalinata che portava nel castello: in una mano stringeva una borsa di stoffa scozzese e nell’altra un bastone al quale si appoggiava pesantemente, ma per il resto sembrava in gran forma.

«Professoressa McGranitt!» esclamò Piton, affrettandosi ad andarle incontro. «L’hanno dimessa dal San Mungo, vedo!»

«Sì, professor Piton» annuì lei, facendosi scivolare dalle spalle il mantello da viaggio. «In pratica sono come nuova. Voi due: Tiger… Goyle…»

In risposta a un suo gesto imperioso, entrambi strisciarono in avanti con aria imbarazzata.

«Tenete» la professoressa McGranitt consegnò la borsa a Tiger e il mantello a Goyle, «portate queste cose nel mio ufficio».

I due fecero dietrofront e salirono a passi grevi la scala di marmo.

«Bene bene» disse la professoressa McGranitt, alzando lo sguardo verso le clessidre. «Penso che Potter e i suoi amici dovrebbero ricevere cinquanta punti ciascuno per aver avvertito il mondo del ritorno di Voi-Sapete-Chi! Che cosa ne dice, professor Piton?»

«Come?» sbottò Piton, anche se Harry sapeva che aveva sentito benissimo. «Oh… be’… suppongo…»

«Perciò fanno cinquanta punti l’uno per Potter, i due Weasley, Paciock e la signorina Granger» contò la professoressa McGranitt; mentre parlava, una pioggia di rubini cadde sul fondo della clessidra di Grifondoro. «E cinquanta anche per la signorina Lovegood, direi» aggiunse, e un certo numero di zaffiri cadde nella clessidra di Corvonero. «Ora, se non sbaglio lei voleva toglierne dieci al signor Potter, vero, professor Piton…? Perciò…»

Alcuni rubini risalirono nel bulbo di sopra, lasciando comunque decisamente pieno quello di sotto.

«Bene… Potter, Malfoy… con una giornata così bella dovreste essere fuori» proseguì vivacemente la professoressa McGranitt.

Senza farselo ripetere, Harry infilò la bacchetta in tasca e puntò verso il portone senza degnare di un’altra occhiata Piton e Malfoy.

Mentre attraversava il prato, diretto alla capanna di Hagrid, il sole rovente lo colpì come una fiammata. Molti studenti distesi sull’erba a prendere il sole, chiacchierare, leggere Il Profeta della Domenica e mangiare dolci alzarono lo sguardo al suo passaggio: alcuni lo chiamarono o lo salutarono, ansiosi di mostrare che anche loro, come Il Profeta, avevano deciso di considerarlo un eroe. Harry non rivolse la parola a nessuno. Non aveva idea di quanto sapessero degli avvenimenti di tre giomi prima, ma era riuscito a evitare le domande e preferiva che continuasse così.

Subito, quando bussò alla porta della capanna e nessuno rispose, pensò che Hagrid fosse fuori, ma poi Thor sbucò al galoppo da dietro l’angolo e lo salutò con tanto entusiasmo da scaraventarlo quasi a terra. Hagrid era nell’orto a raccogliere fagioli corridori.

«Tutto bene, Harry!» disse sorridendo quando lo vide avvicinarsi alla staccionata. «Vieni, vieni, che ci facciamo una tazza di succo di dente di leone… Come va?» gli chiese, mentre si sedevano al tavolo di legno davanti a due bicchieri pieni di succo ghiacciato. «Tu… ehm… stai bene, sì?»

Dalla sua espressione preoccupata, era chiaro che non si riferiva alla salute fisica.

«Sto bene» rispose in fretta Harry, ansioso di evitare l’argomento. «Allora, dove sei stato?»

«Sulle montagne. Dentro una caverna, come Sirius quando…»

S’interruppe, si schiarì la gola imbarazzato, guardò Harry e bevve una lunga sorsata di succo.

«Comunque adesso sono tornato» concluse a disagio.

«Tu stai… stai meglio» disse Harry, sempre deciso a non parlare di Sirius.

«Eh?» Hagrid alzò una manona per tastarsi la faccia. «Oh… oh, sì. Be’, adesso Grop si comporta un sacco meglio, davvero. Sembrava proprio contento di rivedermi, sai? È un bravo ragazzo, sì… Chissà, magari posso trovarci un’amichetta…»

In condizioni normali, Harry avrebbe tentato in tutti i modi di fargli cambiare idea: la prospettiva che un secondo gigante, magari ancora più violento e brutale di Grop, si stabilisse nella foresta era terrificante, ma al momento non aveva l’energia necessaria per mettersi a discutere. Desiderava di nuovo restare solo e per far prima trangugiò il succo a lunghe sorsate, quasi svuotando il bicchiere.

«Adesso lo sanno tutti che dicevi la verità, Harry» osservò inaspettatamente Hagrid a voce bassa. «Le cose andranno meglio, no?»

Harry scrollò le spalle.

«Senti…» Hagrid si curvò sul tavolo verso di lui. «Conoscevo Sirius da più tempo di te… è morto in battaglia… è così che voleva andarsene…»

«Non voleva affatto andarsene!» ribatté Harry rabbioso.

Hagrid chinò il testone arruffato.

«No, credo di no» disse piano. «Ma Harry… lui non era uno di quelli che stanno a casa e lasciano combattere gli altri. Non poteva mica perdonarsi se non veniva ad aiutar…»

Harry si alzò di scatto.

«Devo andare a trovare Ron e Hermione in infermeria» disse meccanicamente.

«Oh». Hagrid era turbato. «Oh… va bene, allora, Harry… stai bene, e passa a trovarmi se hai un momen…»

«Sì… d’accordo…»

Harry andò rapido alla porta e la aprì; e prima che Hagrid avesse finito di salutarlo, era di nuovo fuori, nel sole. Ancora una volta i ragazzi lo chiamarono. Chiuse gli occhi per un momento, augurandosi che sparissero tutti… sarebbe stato bello riaprirli e trovarsi solo, sul prato…

Pochi giorni prima — prima che gli esami finissero, prima dell’ultima visione inviatagli da Voldemort — avrebbe dato qualunque cosa perché tutti sapessero che diceva la verità, che Voldemort era tornato, che lui non era un bugiardo né un pazzo. Ma adesso…

Per un po’ continuò a camminare intorno al lago, infine si sedette sulla riva, nascosto ai passanti da un groviglio di cespugli, e fissò l’acqua luccicante, riflettendo…

Forse voleva stare solo perché dopo la conversazione con Silente si era sentito isolato da tutti. Una barriera invisibile lo separava dal resto del mondo. Era — era sempre stato — una creatura segnata. Ma fino ad allora non aveva mai capito che cosa volesse dire…

Eppure, seduto sulla riva del lago, oppresso com’era dal dolore, con la perdita di Sirius ancora così fresca e recente, non riusciva a provare paura. Il sole splendeva, i prati erano pieni di studenti gioiosi e, pur sentendosi lontano da loro come se appartenesse a un’altra razza, gli era ancora difficile credere che la sua vita dovesse includere — o concludersi con — l’omicidio…

A lungo rimase seduto con lo sguardo fisso sull’acqua, sforzandosi di non pensare al suo padrino, di non ricordare che una volta Sirius era crollato sulla riva di fronte, tentando di tenere a bada un centinaio di Dissennatori…

Il sole tramontò prima che si rendesse conto di avere freddo. Si alzò e tornò al castello, passandosi una manica sulle guance bagnate.

* * *

Tre giorni prima della fine della scuola, Ron e Hermione lasciarono l’infermeria del tutto ristabiliti. Hermione continuava a voler parlare di Sirius, ma Ron la zittiva ogni volta che lei ne pronunciava il nome. Quanto a Harry, non era ancora sicuro di voler affrontare l’argomento: i suoi desideri variavano con il suo umore. Ma di una cosa almeno era sicuro: per quanto avvilito fosse, di lì a pochi giorni, una volta tornato al numero quattro di Privet Drive, avrebbe sentito da morire la mancanza di Hogwarts. E anche se ormai sapeva perché doveva tornarci ogni estate, non per questo si sentiva meglio. Anzi, non aveva mai temuto tanto di farvi ritorno.

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