Il tuo nome non è finito per caso nel Calice di Fuoco. Se qualcuno sta cercando di farti del male, ha la sua ultima possibilità. Non allontanarti da Ron e Hermione, non uscire dalla Torre di Grifondoro la sera, e preparati alla terza prova. Esercitati a Schiantare e Disarmare. Non sarebbe male che provassi anche qualche stregoneria. Non puoi fare niente per Crouch. Giù la testa e bada a te stesso. Aspetto una tua lettera in cui mi dai la tua parola che non uscirai più dal castello.
Sirius
«Chi si crede di essere, a farmi la predica perché sono uscito dal castello?» esclamò Harry indignato mentre ripiegava la lettera di Sirius e se la infilava in tasca. «Con tutte le cose che ha combinato lui a scuola!»
«È in pensiero per te!» disse Hermione bruscamente. «Come Moody e Hagrid! Quindi dai loro retta!»
«Nessuno cerca di aggredirmi» ribatté Harry. «Nessuno mi ha fatto niente…»
«Tranne mettere il tuo nome nel Calice di Fuoco» lo interruppe Hermione. «E deve averlo fatto per un buon motivo, Harry. Tartufo ha ragione. Forse questo qualcuno sta solo prendendo tempo. Forse è questa la prova che ha scelto per prenderti».
«Senti» disse Harry, impaziente, «diciamo che Tartufo ha ragione, e che qualcuno ha Schiantato Krum per rapire Crouch. Be’, doveva essere li tra gli alberi vicino a noi, no? Ma ha aspettato che io fossi lontano prima di agire, no? Quindi non pare proprio che sia io il suo obiettivo, no?»
«Non poteva farlo passare per un incidente, se ti assassinava nella Foresta!» esclamò Hermione. «Ma se muori durante una prova…»
«Però non ha avuto problemi ad aggredire Krum, vero?» disse Harry. «Perché non mi ha fatto fuori nella stessa occasione? Poteva far finta che io e Krum ci fossimo sfidati a duello, o qualcosa del genere».
«Harry, non capisco neanch’io» sospirò Hermione sconfortata. «So solo che stanno succedendo un sacco di cose strane, e non mi piacciono… Moody ha ragione, Tartufo ha ragione, devi cominciare ad allenarti per la terza prova, e subito. E rispondi subito a Tartufo e promettigli che non scapperai via da solo un’altra volta».
* * *
Il parco di Hogwarts non era mai apparso cosi invitante, da quando Harry doveva restare chiuso dentro il castello. Nei giorni che seguirono trascorse tutto il suo tempo libero in biblioteca con Hermione e Ron, a studiare stregonerie, o in qualche classe vuota dove sgattaiolavano per esercitarsi. Harry si era concentrato sullo Schiantesimo, che non aveva mai usato prima. Il guaio era che fare pratica comportava parecchi sacrifici da parte di Ron e Hermione.
«Non possiamo rapire Mrs Purr?» propose Ron lunedì all’ora di pranzo, mentre giaceva lungo disteso nel bel mezzo della classe di Incantesimi: era appena stato Schiantato e risvegliato da Harry per la quinta volta di seguito. «Possiamo Schiantare lei qualche volta. Oppure puoi usare Dobby, Harry. Scommetto che farebbe qualunque cosa per aiutarti. Non è che mi lamenti» si alzò in piedi cautamente, massaggiandosi la schiena «ma mi fa male dappertutto…»
«Be’, certo, se continui a mancare i cuscini!» esclamò Hermione impaziente, risistemando la pila di cuscini che avevano usato per l’Incantesimo di Esilio e che Vitious aveva lasciato in un armadio.
«Quando sei Schiantato non riesci a prendere la mira molto bene, Hermione!» ribatté rabbiosamente Ron. «Perché non vieni tu al mio posto?»
«Be’, credo che Harry l’abbia imparato, ormai» disse Hermione in fretta. «E non dobbiamo darci pensiero per l’Incantesimo di Disarmo, perché sono secoli che lo sa fare… Credo che stasera dovremmo cominciare con qualche stregoneria».
Scorse la lista che avevano fatto in biblioteca.
«Mi piace questo qui» disse, «questo Incantesimo di Ostacolo. Dovrebbe rallentare qualunque cosa cerchi di aggredirti, Harry. Cominceremo con questo».
Suonò la campana. Rimisero in fretta i cuscini nell’armadio di Vitious, e sgattaiolarono fuori dalla classe.
«Ci vediamo a cena!» disse Hermione, diretta ad Aritmanzia, mentre Harry e Ron andavano verso la Torre Nord, a Divinazione. Ampie strisce di abbagliante luce solare attraversavano il corridoio entrando a fiotti dalle alte finestre. Il cielo era di un azzurro così luminoso che sembrava smaltato.
«Ci sarà da cuocere nell’aula della Cooman, quella non spegne mai il fuoco» disse Ron, mentre salivano la scala che portava alla scaletta argentata e alla botola.
Aveva ragione. Nella stanza pervasa da una luce fioca c’era un caldo soffocante. Gli effluvi del fuoco profumato erano più grevi che mai. Harry si sentì stordito mentre si avvicinava a una delle finestre schermate da tende. Mentre la professoressa Cooman guardava dall’altra parte, intenta a sbrogliare lo scialle da una lampada, l’aprì di qualche centimetro e si risistemò nella poltrona foderata di chintz, in modo che un venticello leggero gli accarezzasse il viso. Era decisamente piacevole.
«Miei cari» esordì la professoressa Cooman, seduta in una profonda poltrona di fronte alla classe, scrutando i ragazzi uno per uno con gli occhi stranamente ingranditi dalle lenti, «abbiamo quasi finito il nostro lavoro sulla divinazione planetaria. Oggi, comunque, ci si presenta un’ottima occasione per osservare gli effetti di Marte, perché in questo momento si trova in una posizione assolutamente interessante. Se volete guardare da questa parte, spegnerò le luci…»
Agitò la bacchetta e le lampade si spensero. Il fuoco rimase l’unica fonte di luce. La professoressa Cooman si chinò e prese da sotto la sedia un modellino in miniatura del sistema solare rinchiuso sotto una cupola di vetro. Era un oggetto molto bello; ciascuna delle lune scintillava dolcemente al suo posto attorno ai nove pianeti e al sole che brillava forte, e ciascun globo galleggiava a mezz’aria sotto il vetro. Harry guardò pigramente mentre la professoressa Cooman cominciava a indicare l’angolo affascinante che Marte formava con Nettuno. Vapori dal greve profumo gli aleggiavano addosso, e l’arietta che entrava dalla finestra gli giocherellava sul viso. Udì il morbido ronzio di un insetto da qualche parte dietro la finestra. Le palpebre gli si fecero pesanti…
Cavalcava un gufo reale, e insieme planavano nel cielo azzurro chiaro verso una vecchia casa ricoperta d’edera aggrappata sul fianco di una collina. Volavano sempre più in basso, e il vento soffiava piacevole sul viso di Harry, finché non raggiunsero un’oscura finestra rotta al piano di sopra della casa, ed entrarono. Ora sfrecciavano lungo un corridoio buio, verso una porta alla fine… la varcarono ed entrarono in una stanza dalle finestre chiuse con tavole di legno…
Harry scese dal dorso del gufo… lo guardò svolazzare attraverso la stanza e posarsi su una poltrona voltata verso il fuoco… c’erano due forme scure sul pavimento davanti alla poltrona… entrambe si agitavano…
Uno era un serpente enorme… l’altro era un uomo… un uomo basso, quasi calvo, un uomo con gli occhi acquosi e il naso appuntito… ansimava e singhiozzava sul tappetino davanti al camino…
«Sei fortunato, Codaliscia» una voce fredda e acuta si levò dalla poltrona su cui era atterrato il gufo. «Hai davvero molta fortuna. Il pasticcio che hai combinato non ha rovinato tutto. È morto».
«Mio signore!» esclamò l’uomo sul pavimento, senza fiato. «Mio signore, sono… sono così contento… e mi dispiace tanto…»
«Nagini» disse la voce fredda, «tu sei sfortunata. Non ti darò in pasto Codaliscia, dopotutto… ma non preoccuparti, non preoccuparti… c’è sempre Harry Potter…»
Il serpente sibilò. Harry vide la sua lingua saettare.
«Ora, Codaliscia» disse la voce fredda, «forse è il caso di ricordarti perché non ho intenzione di tollerare che tu combini un altro guaio…»
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