— Severian, aspetta, non sono una sgualdrina, indipendentemente da quello che tu possa pensare. Ma c'è un prezzo.
— E quale sarebbe?
— Promettimi che non leggerai il biglietto. Buttalo nel braciere. La lasciai e mi allontanai di un passo.
I suoi occhi si riempirono di lacrime. — Vorrei che tu vedessi il modo in cui mi stai guardando adesso, Severian. No, non so che cosa ci sia scritto. Solo… hai mai sentito parlare di quelle donne che posseggono una conoscenza sovrannaturale? Premonizioni? Che sanno cose che non possono aver sentito da altri?
Il desiderio era quasi svanito in me. Ero spaventato e arrabbiato, nonostante non capissi il perché. Dissi: — Nella Cittadella esiste una corporazione di tali donne: sono le nostre sorelle. Ma non hanno il viso e il corpo come il tuo.
— Lo so, ma proprio per questo devi fare quello che ti consiglio. In tutta la mia vita non ho mai avuto premonizioni prima d'ora. Non capisci? Deve trattarsi di una cosa tanto importante per te che non la puoi ignorare. Brucia il messaggio!
— Qualcuno sta cercando di avvisarmi di qualcosa e tu non vuoi che lo faccia. Ti ho domandato se il Septentrion è il tuo amante. Mi hai risposto di no e io ti ho creduto.
Agia fece per ribattere, ma la zittii.
— Ti credo ancora. La tua voce pareva sincera. Eppure sento che stai cercando di tradirmi, non so come. Dimmi che non è vero. Dimmi che agisci solo nel mio interesse.
— Severian…
— Dimmelo.
— Severian, ci siamo incontrati questa mattina. Ti conosco appena e lo stesso vale per te. Che cosa puoi aspettarti, e che cosa ti aspetteresti se non avessi appena lasciato il rifugio della tua corporazione? Ho cercato di aiutarti, talvolta. E sto cercando di farlo adesso.
— Rivestiti. — Afferrai il biglietto. Agia si avventò su di me, ma non mi fu difficile controllarla con una mano. Il messaggio era stato scritto in fretta con una penna di corvo e nella tenue luce riuscii solo a decifrarne alcune parole.
— Avrei potuto distraiti e gettarlo nel fuoco. Ecco cosa avrei dovuto fare. Lasciami, Severian…
— Stai zitta.
— Avevo un coltello, fino alla settimana scorsa. Una misericordia con l'impugnatura di radice d'edera. Avevamo fame e Agilus l'ha impegnato. Se l'avessi ancora, ti ammazzerei!
— Si troverebbe nel tuo vestito, e il tuo vestito giace sul pavimento. — La spintonai indietro facendola barcollare, ma aveva abbastanza vino nello stomaco perché il suo ondeggiare non fosse dovuto solo al mio colpo. Cadde sulla sedia di tela. Mi spostai con il biglietto in un angolo nel quale penetrava l'ultima luce del sole.
«La donna che è con te è già stata qui. Non ti fidare di lei. Trudo sostiene che l'uomo è un torturatore. Tu sei mia madre ritornata.»
Ero appena riuscito a comprendere il significato di quelle parole quando Agia balzò dalla sedia, mi strappò il foglietto di mano e lo buttò oltre l'orlo della piattaforma. Rimase per alcuni istanti davanti a me, spostando continuamente lo sguardo dal mio volto a Terminus est , appoggiata al bracciolo del divano. Probabilmente temeva che avessi intenzione di tagliarle la testa e di buttarla dove lei aveva gettato il messaggio. Quando capì che non mi stavo muovendo, domandò: — L'hai letto? Severian, dimmi che non l'hai letto!
— L'ho letto, ma non lo capisco.
— Allora non ci pensare.
— Tranquillizzati. Non era nemmeno rivolto a me. Magari era per te, ma non capisco perché sia stato posizionato in modo che potessi vederlo io solo. Agia, hai mai avuto un figlio? Quanti anni hai?
— Ventitré. L'età sarebbe giusta, ma non ho mai avuto figli. Se non mi credi, ti permetterò di guardare il mio ventre.
Mi sforzai di fare dei calcoli e mi accorsi che non sapevo molto dello sviluppo femminile. — Quando hai avuto le prime mestruazioni?
— A tredici anni. Se fossi rimasta incinta subito, all'epoca della nascita del bambino avrei avuto quattordici anni. È questo che stai cercando di scoprire?
— Infatti. E il bambino adesso avrebbe nove anni. Se fosse intelligente, sarebbe in grado di scrivere un biglietto come quello. Vuoi sapere cosa diceva?
— No!
— Quanti anni credi che abbia Dorcas? Diciotto? Forse diciannove?
— Non ci pensare più, Severian. Qualsiasi cosa dicesse…
— Non sto scherzando. Tu sei una donna… quanti anni può avere?
Agia sporse le labbra carnose. — Penso che la tua misteriosa ragazza abbia sedici o diciassette anni. È poco più di una bambina.
Talvolta, come tutti possono constatare, parlare di una persona assente sembra avere il potere di evocarla. E anche allora fu così. Un pannello del paravento si scostò e comparve Dorcas. Non era più la creatura infangata che avevamo conosciuto, ma una ragazza snella, dal seno sodo e dalla grazia straordinaria. Ho visto carnagioni più bianche della sua, ma non altrettanto sane. Dorcas pareva splendere. Una volta lavati, i suoi capelli erano oro pallido; i suoi occhi avevano ancora l'azzurro intenso che il fiume del mondo, Uroboros, aveva nei miei sogni. Appena si avvide che Agia era nuda, cercò di tornare dietro il paravento, ma la figura tozza della sguattera glielo impedì.
— Sarà meglio che mi rimetta i miei stracci, prima che la tua cocca svenga — disse Agia.
— Non ti guarderò — sussurrò Dorcas.
— Non mi importa se mi guardi o meno — replicò Agia, ma mi accorsi che ci voltò la schiena per infilarsi il vestito. Rivolta al muro di fronde aggiunse: — Adesso dobbiamo andare, Severian. La tromba suonerà da un momento all'altro.
— E che cosa vuol dire?
— Non lo sai? — Agia si volse verso di noi. — Quando i merli delle Mura paiono toccare l'orlo del disco solare, sul Campo Sanguinario suona la prima tromba. Alcuni credono che lo faccia per regolare i duelli, ma non è vero. Si tratta di un segnale per le guardie, perché chiudano le porte. Ed è anche il segnale dell'inizio dei combattimenti, e se sei presente in quel momento, inizia la tua monomachia. Quando il sole cala dietro l'orizzonte e comincia la notte vera e propria, un trombettiere suona una seconda volta sulle mura. A quel punto le porte non si riapriranno più, nemmeno per coloro che sono muniti di uno speciale lasciapassare, e chiunque abbia lanciato o ricevuto una sfida non sia presente sul Campo, è come se avesse rifiutato il combattimento. Può essere aggredito in qualsiasi luogo e un armigero o un esultante può assoldare dei sicari senza macchiare il proprio onore.
La sguattera, che si era fermata ad ascoltare vicino alla scala annuendo, si spostò per far entrare il locandiere. — Sieur — disse lui, — se hai un appuntamento mortale io…
— È proprio quello che mi stava dicendo la mia amica — lo interruppi. — Dobbiamo andare.
Dorcas domandò se poteva avere un po' di vino. Annuii, stupito; il locandiere riempì un bicchiere e lei lo prese con entrambe le mani, come fanno i bambini. Chiesi al locandiere se forniva carta e penna ai suoi ospiti.
— Hai intenzione di fare testamento, sieur? Vieni con me… c'è una pergola riservata a questo scopo. Non mi faccio pagare per un simile servizio, e se lo desideri chiamerò un ragazzo per consegnare il documento all'esecutore testamentario.
Presi Terminus est e lo seguii, lasciando Agia e Dorcas di guardia all'avern. La pergola esaltata dal locandiere era in bilico su un ramo non molto grande, e c'era appena lo spazio per una scrivania e uno sgabello, ma trovai la penna di corvo, carta e un calamaio. Mi sedetti e riscrissi le stesse parole del biglietto; la carta sembrava identica, come pure l'inchiostro, nero e sbiadito. Asciugai il foglio con la sabbia, lo piegai e lo misi in tasca, quindi dissi al locandiere che non mi serviva un messaggero e gli chiesi se conoscesse un ragazzo di nome Trudo.
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