«Sembra che io abbia vinto l’asta,» disse Billy la Serpe. «Fatela rivestire e ditele che si prepari a partire.» Tutti gli altri avevano gli occhi fissi su di lui.
«Ma naturalmente!» esclamò l’encanteur. Un altro banditore si preparò al suo banco, e a colpi di martello chiamò sul palco un’altra ragazza offrendola all’attenzione della platea. Così la Borsa Francese riprese vita, animata nuovamente dal caratteristico brusio.
Billy Tipton condusse Emily attraverso il lungo colonnato della rotonda avanzando in direzione della St. Louis Street. Passarono davanti a tutti i negozi alla moda bersagliati dagli sguardi curiosi dei vari perditempo e dei viaggiatori danarosi che sostavano nella galleria. Non appena furono usciti all’aperto, sbattendo le palpebre al bagliore del sole, Montreuil si fece avanti. «Monsieur,» cominciò.
«Parlate in inglese se avete qualcosa da dirmi,» lo apostrofò Billy con astio. «Davanti a voi avete Mister Tipton, Montreuil.» Le lunghe dita si contrassero, ed egli fissò l’altro con i suoi occhi di ghiaccio.
«Mister Tipton,» disse Montreuil in un inglese piatto e privo d’inflessioni. Un vago rossore gli coloriva il volto. I suoi due compagni si tenevano dietro di lui in immobile rigidità. «Ho già perso delle ragazze prima d’ora,» disse il creolo. «Lei è favolosa, ma perderla non è nulla. Ciò che mi ha offeso è stato il modo in cui avete fatto la vostra offerta, Mister Tipton. Vi siete preso gioco di me lì dentro, sbeffeggiandomi con la vostra vittoria e facendomi fare una figura da stupido.»
«Bene, bene,» disse Billy la Serpe. «Bene, bene.»
«State facendo un gioco pericoloso,» lo ammonì Montreuil. «Sapete chi sono io? Se foste un gentiluomo, vi avrei già chiesto soddisfazione, signore.»
«Battersi a duello è illegale, Montreuil,» replicò Billy la Serpe. «Non lo sapevate? Ed io non sono un gentiluomo.» Ciò detto, voltò le spalle e si rivolse alla meticcia che lo stava aspettando vicino al muro dell’albergo, osservando la scena. «Vieni,» le disse. S’incamminò lungo il marciapiede, la ragazza al suo seguito.
«Questo affronto vi costerà caro, monsieur,» minacciò Montreuil alle sue spalle.
Billy la Serpe lo ignorò e svoltò oltre un angolo. Camminava a passo spedito, e nel suo incedere v’era una boria che era stata assente nel recinto della Borsa Francese. La strada era il luogo che più di ogni altro lo faceva sentire perfettamente a suo agio. Vi si sentiva padrone; nelle strade era cresciuto, e lì aveva imparato a sopravvivere. La schiava Emily trotterellava dietro di lui pestando i piedi sul marciapiede lastricato di mattoni, facendo del suo meglio per tenersi al passo. Le strade del Vieux Carré erano fiancheggiate da file di case di mattoni ed intonaco, ciascuna con il suo grazioso balcone di ferro battuto che si affacciava sullo stretto passaggio, ed ogni balcone si offriva all’ammirazione dei passanti per le elaborate decorazioni. Le strade carrabili, invece, non erano lastricate, e le piogge recenti le avevano trasformate in un mare di fango. Fogne a cielo aperto delimitavano i marciapiedi, canali di scolo in legno di cipresso colmi di acqua stagnante, maleodoranti di liquami ed acque luride.
Oltrepassarono graziose bottegucce e recinti di schiavi dalle finestre pesantemente sprangate, passarono davanti ad alberghi eleganti e bettole fumose, botteghe traboccanti di liberi negri aspri e scontrosi, passarono accanto a vicoli umidi ed ariosi cortili, ciascuno col suo pozzo o la sua fontana, incrociarono dame creole superbe e spocchiose accompagnate da scorte e chaperon, e s’imbatterono in un branco di schiavi, evasi riacciufati, impastoiati da collari e catene di ferro, intenti a pulire le fogne sotto la vigile sorveglianza di un bianco dagli occhi feroci con una frusta tra le mani. Non impiegarono molto tempo ad uscire dal Quartiere Francese per passare poi nel settore americano di New Orleans, più nuovo e meno sofisticato. Billy la Serpe aveva lasciato il cavallo posteggiato davanti ad una bettola. Vi montò in groppa e disse alla ragazza di camminargli al fianco. Si diressero verso il confine meridionale della città ed in breve lasciarono le strade principali. Si fermarono una sola volta, per poco tempo, così che Billy poté far riposare il cavallo e mangiare un po’ del pane secco raffermo e del formaggio che aveva nella bisaccia. Lasciò che Emily bevesse ad un ruscello.
«Siete voi il mio nuovo padrone, signore?» gli chiese allora in un inglese notevolmente corretto.
«Sorvegliante,» disse Billy la Serpe. «Conoscerai Julian stasera. Dopo il tramonto.» Sorrise. «Gli piacerai.» Poi le disse di chiudere la bocca.
Dato che la ragazza procedeva a piedi, percorsero il tragitto a rilento, sicché giunsero alla piantagione di Julian quasi all’imbrunire. La strada correva lungo il ramo paludoso del fiume e si snodava attraverso un fitto bosco in cui i grossi rami degli alberi erano coperti di pesanti strati di muschio. Girarono intorno ad una grande quercia secca e si ritrovarono nell’aperta distesa dei campi, rosseggianti nella cupa luce del sole al tramonto. I campi, incolti e straripanti di rigogliosa vegetazione, si estendevano dal margine del corso d’acqua per giungere fino al limitare della casa. Un vecchio pontile fradicio ed un deposito di legname sorgevano lungo il fiume per dare ad un battello di passaggio la possibilità di un attracco e di un rifornimento. Dietro la grande villa, una fila di baracche per gli schiavi. Ma di schiavi non ce n’erano, ed i campi non erano più stati coltivati da diversi anni. La villa non era particolarmente grande com’era nello stile delle case che sorgevano nelle piantagioni, né particolarmente lussuosa; non era altro che una solida struttura squadrata di legno ingrigito, con la vernice che andava scrostandosi dalle fiancate. La sola cosa che colpiva l’osservatore era un’alta torre sormontata da un camminamento.
«Eccoci a casa,» annunziò Billy la Serpe.
La ragazza chiese se la piantagione avesse un nome. «L’aveva,» rispose Billy, «tanti anni fa, quando c’era Garoux. Ma poi si ammalò e morì, lui e tutti i suoi bei figli, e da allora non ha nessun nome. Adesso chiudi la bocca e spicciati.»
La condusse verso il retro della costruzione, all’ingresso del quale lui stesso era solito servirsi, ed aprì il lucchetto con una chiave che teneva assicurata ad una catenina che portava intorno al collo. Aveva tre stanze tutte per sé nella porzione della villa destinata alla servitù. Trascinò Emily nella camera da letto. «Togliti i vestiti,» ordinò sbrigativamente.
La ragazza obbedì e prese a slacciarsi il vestito, ma guardò Billy con la paura negli occhi.
«Non guardarmi in quel modo,» le disse lui. «Tu appartieni a Julian, ed io non ti sfiorerò neppure con un dito. Vado a riscaldare un po’ d’acqua. C’è una tinozza in cucina. Lava via quella sporcizia, e vestiti.» Aprì un guardaroba di legno intagliato in intricate decorazioni e prese una veste scura di broccato. «Tieni, questa ti andrà bene.»
La ragazza la guardò a bocca aperta. «Non posso indossare niente del genere. Questo vestito è per una signora bianca.»
«Tu chiudi la bocca e fa’ come ti ho detto,» tagliò corto Billy la Serpe. «Julian ti vuole bella, ragazza.» Al che si allontanò, inoltrandosi nel cuore della villa.
Trovò Julian nella biblioteca immersa nell’oscurità, tranquillamente seduto su una grande poltrona di cuoio, un bicchiere da cognac in una mano. Tutt’intorno a lui, ammantati di polvere, i libri che erano appartenuti al vecchio René Garoux ed ai suoi figli. Nessuno di quei libri veniva toccato da anni. Damon Julian non amava la lettura.
Billy la Serpe entrò e restò rispettosamente sulla soglia, silente finché non fosse stato Julian il primo a parlare.
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