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George Martin: Il battello del delirio

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George Martin Il battello del delirio
  • Название:
    Il battello del delirio
  • Автор:
  • Издательство:
    Fanucci Editore
  • Жанр:
  • Год:
    1994
  • Город:
    Roma
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    978-88-347-0400-4
  • Рейтинг книги:
    5 / 5
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Il battello del delirio: краткое содержание, описание и аннотация

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Fiume Mississippi, 1857. Il ghiaccio di un gelido inverno ha appena distrutto la flotta commerciale del Capitano Abner Marsh. Privo di assicurazione, il vecchio armatore si ritrova solo, in bancarotta, disperato. Ma ecco che, inaspettatamente, un bizzarro straniero di nome Joshua York si offre di rilevare la metà della sua compagnia di navigazione in rovina, mettendo sul piatto una cifra spropositata. Ma non è tutto. York intende investire il proprio denaro nella costruzione del battello più lussuoso, più bello e soprattutto più veloce che abbia mai solcato le torbide acque del Mississippi, e per di più ne offre il comando al Capitano Marsh. L’unica condizione posta da York è semplice: gli ordini da lui impartiti saranno pochi, ma per quanto strani o assurdi possano sembrare, ogni qual volta verranno emanati, Marsh dovrà assicurarsi che essi vengano eseguiti alla lettera, senza fare domande. E così il nuovo gioiello del fiume, battezzato “Fevre Dream”, inizia il suo viaggio. Tuttavia, man mano che il battello discende il tortuoso corso del Mississippi, Marsh prende a insospettirsi sempre più. Perché il misterioso York si fa vedere soltanto di notte? Come mai lui e i suoi amici si dissetano ogni sera col disgustoso vino nerastro della sua riserva privata? Quando la verità sarà finalmente rivelata, il Capitano dovrà scegliere da che parte stare…

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«Allora?» domandò finalmente la voce dall’oscurità.

«Quattromila,» disse Billy la Serpe, «ma vi piacerà. È giovane, dolce e tenera, e bellissima, davvero bellissima.»

«Gli altri verranno tra poco. Alain e Jean sono già qui, quegli stolti. La Sete è in loro. Quando sarà pronta conducila nella sala da ballo.»

«Sì» disse Billy alla svelta. «Ci sono stati dei problemi all’asta, Mister Julian.»

«Problemi?»

«Un creolo, una canaglia di nome Montreuil. La voleva anche lui, non gli è piaciuto averla perduta. Potrebbe incuriosirsi. È un giocatore, l’ho visto spesso nelle sale da gioco. Volete che mi occupi di lui una di queste sere?»

«Descrivimelo,» comandò Julian. La sua voce fluiva melodiosa, dolce, profonda e sensuale, ricca come un raffinato cognac.

«È giovane, bruno. Occhi e capelli neri. Alto. Dicono che sia facile ai duelli. Tenace. Snello ma forte, un bel viso, come molti della sua razza.»

«Ci penserò io a lui,» disse Damon Julian.

«Sì, signore,» disse Billy Tipton la Serpe. Uscì dalla biblioteca per far ritorno alle sue stanze.

Emily subì una trasformazione quando il vestito di broccato le scivolò addosso. La schiava e la fanciulla scomparvero entrambe; pulita e vestita a dovere, era una donna dalla bellezza misteriosa, quasi eterea. Billy la Serpe la esaminò minuziosamente. «Perfetta,» disse. «Vieni, stai andando ad un ballo.»

Il salone da ballo era la camera più grande e sontuosa della villa, illuminata da tre enormi lampadari di vetro intagliato nei quali ardevano cento piccolissime candele. Ricchi dipinti ad olio raffiguranti paesaggi fluviali tappezzavano le pareti, ed il pavimento era di legno splendidamente lucidato. Ad un’estremità della stanza si apriva un’ampia porta a due battenti che dava accesso ad un piccolo foyer; una magnifica scalinata si ergeva all’estremità opposta, diramandosi in un due rampe parallele dalle balaustre scintillanti.

Quando Billy la Serpe la condusse nel salone, essi la stavano aspettando.

Erano in nove, compreso lo stesso Julian; sei uomini, tre donne, gli uomini in abiti scuri di taglio europeo, le donne in vesti di seta dalle tinte pallide. E tutti, con la sola eccezione di Julian, aspettavano sulla scalinata, rispettosamente immoti e silenti. Billy la Serpe conosceva ognuno di loro: le pallide donne, che rispondevano ai nomi di Adrienne, Cynthia e Valerie, Raymond il bel moro col volto da ragazzo, Kurt dagli occhi fiammeggianti come carboni ardenti, e tutti gli altri. Uno di essi, Jean, era pervaso da un lieve tremito mentre era lì che attendeva con le labbra ritratte dai denti lunghi e bianchi, la mano scossa da impercettibili spasmi. La Sete si era impossessata di lui ferocemente, malgrado ciò, non osò agire. Aspettava Damon Julian. Tutti aspettavano Damon Julian.

Julian si mosse. Attraversò il salone dirigendosi verso la giovane schiava Emily. Si muoveva con la grazia maestosa di un gatto. Come la tenebra che scorre, fluida e inevitabile. Pur pallidissimo, egli, in un certo qual modo, suscitava un’impressione di oscurità; i capelli erano neri e inanellati, l’abito austero, gli occhi, due pietre luccicanti.

S’arrestò dinanzi a lei, e sorrise. Julian aveva un sorriso affascinante, sofisticatamente controllato. «Squisita,» disse semplicemente.

Emily avvampò e balbettò qualcosa. «Zitta,» le ordinò bruscamente Billy la Serpe. «Parla solo se è Mister Julian a chiedertelo.»

Julian fece scorrere un dito su una guancia bruna e soffice, e la ragazza tremò, e lottò per restare immobile. Le carezzò languidamente i capelli, le sollevò il viso verso il suo e lasciò che i suoi occhi si dissetassero in quelli di lei. A ciò Emily si ritrasse cercando di sfuggire il suo sguardo e gridò allarmata, ma le mani di Julian si posero saldamente ai lati del suo viso e le impedirono di guardare altrove. «Adorabile,» disse. «Sei bella, bambina. E qui apprezziamo molto la bellezza, tutti noi.» Lasciò andare il suo viso, prese una piccola mano nella sua e la sollevò. La girò col palmo in su e si chinò per posarle un bacio delicato sull’interno del polso.

La schiava stava ancora tremando, ma non oppose resistenza. Julian la fece volgere appena, ed offrì il suo braccio a Billy Tipton. «Vuoi fare tu gli onori di casa, Billy?»

E Billy la Serpe allungò una mano dietro di sé ed estrasse il coltello dal fodero che portava sul fondo della schiena. Emily sgranò gli occhi scuri, dilatati dal terrore, e cercò di divincolarsi, ma Billy la teneva saldamente ed era lesto di mano, assai lesto. La lama s’era appena vista guizzare nell’aria e, un istante dopo, era già bagnata; un solo, rapido fendente sull’interno del polso, là dove Julian aveva apposto il sigillo del suo bacio, ed il sangue sgorgò dalla ferita e cominciò a stillare sul pavimento, con un ticchettio amplificato dalla quiete del salone da ballo.

La ragazza prese subito a piagnucolare, ma prima che comprendesse appieno ciò che stava accadendo, Billy la Serpe aveva già rinfoderato il coltello e si era allontanato per lasciar posto a Julian, il quale riprese possesso della mano di lei. Le sollevò il braccio ancora una volta, adagiò le labbra sul polso e incominciò a succhiare.

Billy la Serpe si ritirò verso la porta. Gli altri discesero la scala e si fecero più vicino, accompagnati dal fruscio sommesso delle seriche vesti delle dame. Si disposero intorno a Julian e alla sua preda in un famelico circolo, gli occhi scuri e roventi. Quando Emily perse i sensi, Billy la Serpe si lanciò avanti e l’afferrò tra le braccia, sorreggendola. Quasi non aveva peso.

«Incantevole,» mormorò Julian quando si staccò da lei, le labbra roride, gli occhi pesanti e paghi. Sorrise.

«Ti prego, Damon,» implorò colui che si chiamava Jean, tremando come un uomo in preda alla febbre.

Il sangue fluiva lungo il braccio di Emily in un rivolo lento e cupo, e Julian trafisse Jean con una lunga occhiata, fredda e malvagia. «Valerie,» disse poi, «tocca a te.» La pallida giovane dagli occhi violetti e dalla veste gialla si fece avanti, s’inginocchiò graziosamente e cominciò a leccare il flusso terribile. Soltanto quando ebbe pulito il braccio, premette la sua bocca sulla ferita aperta.

Fu Raymond a prendere il suo posto col permesso di Julian, fu poi la volta di Adrienne e di Jorge. Infine, quando tutti si furono saziati, Julian si rivolse a Jean con un cenno e un sorriso. E quello si avventò su di lei con un singhiozzo soffocato, rubandola all’abbraccio di Billy la Serpe. Cominciò allora a strapparle la morbida carne della gola. Damon Julian lo guardò con una smorfia di disgusto. «Quando avrà finito,» disse, rivolgendosi a Billy la Serpe, «ripulisci tutto quanto.»

CAPITOLO TERZO

NEW ALBANY, INDIANA
Giugno 1857

Le nebbie erano dense sul fiume, e l’aria umida e fredda. Era da poco passata mezzanotte quando Joshua York, giunto alfine da St. Louis, incontrò Abner Marsh nei cantieri deserti di New Albany. Marsh stava aspettando quasi da mezz’ora quando apparve York, materializzandosi quasi dal muro di nebbia come fosse stato una spettrale apparizione. Dietro di lui, silenziosi come ombre, comparvero altri quattro.

Marsh si aprì in un largo sorriso che mise in mostra la deforme dentatura. «Joshua,» disse, annuendo agli altri sbrigativamente. Li aveva conosciuti in un incontro fugace occorso in aprile a St. Louis, prima di imbarcarsi per raggiungere New Albany dove avrebbe seguito e sorvegliato la costruzione del suo sogno. Erano amici e compagni di viaggio di York — una comitiva che più strana Marsh non l’aveva mai veduta. Due erano uomini di età indeterminata ed avevano nomi stranieri che il Capitano non riusciva né a ricordare né a pronunziare; e così, per comodità, li chiamava Smith e Brown, suscitando l’ilarità di York. Non facevano altro che chiacchierare e parlottare in un astniso ciangottio forestiero. Il terzo uomo, un tipo degli stati dell’est con le guance infossate e vestito come un becchino, si chiamava Simon e non diceva mai neppure una parola. Della donna, Katherine, si sapeva che era britannica. Alta, quasi un po’ curva, con un’aria malaticcia, rammentava a Marsh un grosso avvoltoio bianco. Ma era amica di York, tutti e quattro lo erano, e Joshua lo aveva avvertito sulla possibile peculiarità delle sue amicizie, sicché Marsh stava ben attento a frenare la lingua.

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