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Patricia Mckillip: La citta di luce e d'ombra

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Patricia Mckillip La citta di luce e d'ombra
  • Название:
    La citta di luce e d'ombra
  • Автор:
  • Издательство:
    Nord
  • Жанр:
  • Год:
    2005
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    978-88-429-1367-2
  • Рейтинг книги:
    3 / 5
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La citta di luce e d'ombra: краткое содержание, описание и аннотация

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Il principe del regno di Ombria giace sul letto di morte, e già sua zia — una donna spietata che sembra immune al trascorrere degli anni e che tutti chiamano la Perla Nera — assapora il gusto del potere. L’erede al trono, infatti, è ancora troppo giovane per opporsi al volere della zia, mentre il nipote del principe è un artista totalmente disinteressato alle sorti del regno: il suo unico obiettivo è ricreare sulla tela tutto il fascino decadente della città di Ombria. Nessun essere vivente può ostacolare l’ascesa al trono della malvagia Perla Nera… o così sembra.

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«Il giorno che tu apparisti qui, io ti venni dietro. E tu mi guidasti a…» Un’ombra scomparve dai pensieri di Ducon; il baluginante mantello di potere lo illuminò. «Mi guidasti da Faey.»

«È così che si chiama? La maga che abita nel sottosuolo? Noi non l’abbiamo mai saputo.»

«Tu cosa sei, nel tuo mondo?»

«Io governo, nel mondo riflesso. Non vivo nel sottosuolo, e anche se ho poteri magici non sono immortale.» L’uomo lasciò il braccio di Ducon. «Tu sembri aver ereditato il mio potere. Puoi riconoscerlo, ed emerge dai tuoi disegni. Ma tu non sei un mago, vero?»

«No. Sono solo un uomo con un carboncino da disegno.» Ducon sussultò quando dietro di lui cominciò a svolgersi un furioso duello di spade. L’elusivo e scintillante mantello di potere si strinse intorno a loro, offuscando le figure che si battevano e il rumore.

«La porta è aperta per sempre, ora?» domandò, senza sperarci troppo. «Tu puoi restare?»

«Noi siamo venuti perché nella tua disperazione hai trovato il modo di aprire una porta tra i nostri due mondi. Il mondo-ombra è la tua speranza. Quando non sarai più disperato e non avrai bisogno di noi, svaniremo e tu ci dimenticherai. Ogni volta che la maga del sottosuolo è abbastanza disturbata da uscire nel mondo di sopra, travagliato e sconvolto, questo altera l’equilibrio tra la disperazione e la speranza, tra la luce e l’ombra. Così, lei ci trascina nel vostro mondo, per ristabilire l’antico equilibrio tra noi. Ma sei stato tu a cercarci con i tuoi disegni, tu a vedere nell’ombra, tu ad aprire la porta.»

«Camas aveva intuito qualcosa di simile», disse Ducon, con amarezza. «Ti dimenticherò, allora? È successo anche a mia madre? È per questo che non parlava mai di te?»

«Forse», rispose suo padre. «O forse no. Io non l’ho mai dimenticata. Altri figli dei due mondi sono nati prima di te. Essi restano sempre nel loro mondo natale. Ma, come te, sono attratti dal mondo al quale in parte appartengono.»

«Mia madre tornò nel nostro mondo attraverso questa porta?»

«Sì. Era il posto a cui sentiva di appartenere.»

«Il mio giovane cugino…» Ducon aveva un groppo in gola; si sforzò di ignorarlo. «Mio cugino è… o era… il principe di Ombria, e la donna che voleva portarlo in salvo si è gettata con lui oltre quella soglia. Anche loro appartengono a questo mondo. È possibile riportarli qui… vivi?»

Suo padre ci pensò un poco. Il velo di luce che li circondava tornò abbastanza trasparente da consentire a Ducon di vedere che qualcuno si batteva ancora nella soffitta. Due o tre guardie s’intestardivano a ubbidire agli ordini della Perla Nera. Ma lei non si vedeva da nessuna parte. Anche Camas Erl se n’era andato, nei labirinti segreti del palazzo oppure nelle strade di Ombria, dove la sua padrona non avrebbe trovato porte che potessero salvarla, né letti, fuorché quello che sarebbe stato l’ultimo della sua vita.

«Disegnali», suggerì suo padre. Ducon si avvicinò al muro dove si apriva la porta e alzò il carboncino.

Le prime linee che tracciò raffiguravano però un viso che non era quello di Kyel, né di Lydea. Il giovane alzò l’altra mano per cancellarlo, ma quegli occhi sembravano guardarlo per dargli un messaggio, e dopo una pausa, stupito, ricominciò a disegnare. Quando il carboncino diede forma a uno spillone infilato tra i capelli si fermò ancora, preoccupato da ciò che poteva esserle accaduto e chiedendosi se anche lei fosse in qualche modo svanita oltre la porta. Poi l’oscura aura di colori che aleggiava intorno al carboncino diede a quegli occhi un’espressione che gli fece capire come stavano le cose.

«Chi è questa ragazza?» domandò suo padre. «Ha qualcosa, dentro, che ti somiglia.»

«È Mag», rispose Ducon. «Ci sta guardando.» Si spostò sull’altro lato della porta, dove l’arcobaleno ornava il montante intatto, e raccontò a suo padre la storia di una bambola di cera, mentre la sua mano disegnava le altre due facce che aveva nel cuore, e il mondo che lui aveva conosciuto trovava la sua conclusione.

28

Poi per sempre

Il principe di Ombria e la sua governante sedevano sul letto, e osservavano i pupazzi sparsi sulla vasta distesa della coperta di seta. Il principe, reduce da un sostanzioso pasto pomeridiano, aveva le palpebre pesanti e un’aria insonnolita, ma scacciò uno sbadiglio e le sue mani si mossero alacremente tra i pupazzi, cercando e scartando, finché trovarono la Luna, con gli occhi di cristallo e mani a forma di stella.

«Io sarò la Luna», disse Kyel. «Tu devi esprimere un desiderio quando mi guardi.»

Lydea fece scivolare le dita nella testa della Volpe di pelliccia rossa, dal sorriso astuto. «Il mio desiderio è che tu faccia il tuo sonnellino.»

«No», replicò il principe. «Devi esprimere un vero desiderio. E io lo realizzerò, perché io sono la Luna.»

«Allora dovrò esprimere un desiderio da Volpe. Ebbene, io voglio che tutti i pollai abbiano la porta aperta, e inoltre chiedo la capacità d’arrampicarmi sugli alberi.»

La Luna si abbassò dietro la collina azzurra del ginocchio di Kyel. «Perché?»

«Per sfuggire ai cani del contadino che mi correranno dietro.»

«Allora dovresti chiedere la capacità d’arrampicarti fin sulla Luna», la corresse il principe.

«È un buon desiderio, ma sulla Luna non ci sono galline. E poi come tornerei a Ombria?»

La Luna sorse ancora, e alzò una mano. «Su una stella.»

La governante sorrise. La Volpe accarezzò i capelli del principe, mentre lui metteva via la Luna e la sostituiva con la Maga che aveva un occhio d’ametista e uno di smeraldo, e indossava un mantello nero arricchito con lunghi nastri di colore cangiante.

«Io sono la Maga che vive nel sottosuolo», dichiarò il principe. «C’è davvero una maga che abita laggiù?»

«Così…» Lydea s’interruppe, e lasciò che a rispondergli fosse la Volpe. «Così dicono, mio signore.»

«Dove sta? Ha una casa?»

Lei esitò ancora, pensando a una favola che rammentava a stento. «Credo di sì. Forse ha un’intera città, sotto Ombria. Alcuni dicono che abbia un’ancestrale nemica, la quale appare nei periodi duri della nostra storia. È allora, ma soltanto allora, che la maga sale dal mondo sotterraneo, per combattere il male e riportare la speranza a Ombria.»

«La mia tutrice conosce tutta la città. Forse sa dove abita la maga.»

«Non ne sarei sorpresa. La tua tutrice sa molte cose.»

La Maga abbassò il suo lungo naso sulla seta. Kyel prese un altro pupazzo e lo guardò in silenzio per un momento. La Regina dei Pirati, dalle unghie curve come scimitarre e con una cupola di capelli neri dentro cui teneva le sue armi, gli restituì lo sguardo con i crudeli occhi d’onice. Kyel mise giù anche lei, in silenzio, accigliandosi un poco. Si distese sui cuscini. Lydea allontanò i pupazzi da lui e cominciò ad alzarsi.

«No», mormorò il principe, insonnolito. «Resta ancora. Raccontami una favola.»

«Ma poi dovrai dormire.» Lydea sedette accanto a lui, e distrattamente raccolse la Pecora Nera, dagli occhi d’argento, la cui lunga bocca era curva in un sorriso.

«Raccontami la favola del medaglione.»

«C’era una volta, mio signore, nel migliore e nel peggiore di tutti i mondi possibili, una principessa che s’innamorò di un giovane, il quale amava disegnare.»

«Come Ducon.»

«Molto simile a tuo cugino, sì. E ogni giorno, per un anno intero, la principessa gli donò una rosa. Andava a coglierla all’alba nel giardino di suo padre, e poi la portava nel punto più alto del castello, un punto così alto che tutti l’avevano dimenticato, fuorché i piccioni che facevano il nido sotto il tetto sfondato. Lassù, lei aveva trovato una porta segreta tra il migliore e il peggiore dei mondi. Ogni giorno i due innamorati s’incontravano sulla soglia di quella porta. Lei gli dava la rosa, e lui le offriva un disegno della città in cui viveva. Ma sebbene si amassero molto, non potevano sposarsi, perché appartenevano a mondi diversi: lei era una principessa, e lui un artista che vendeva i suoi quadri nelle taverne per guadagnarsi da vivere.

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