Patricia Mckillip - La citta di luce e d'ombra

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La citta di luce e d'ombra: краткое содержание, описание и аннотация

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Il principe del regno di Ombria giace sul letto di morte, e già sua zia — una donna spietata che sembra immune al trascorrere degli anni e che tutti chiamano la Perla Nera — assapora il gusto del potere. L’erede al trono, infatti, è ancora troppo giovane per opporsi al volere della zia, mentre il nipote del principe è un artista totalmente disinteressato alle sorti del regno: il suo unico obiettivo è ricreare sulla tela tutto il fascino decadente della città di Ombria. Nessun essere vivente può ostacolare l’ascesa al trono della malvagia Perla Nera… o così sembra.

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«Tu devi considerare le conseguenze», rantolò il cortigiano. «I vantaggi sono incalcolabili.»

Per quanto fosse malridotto, Camas aveva più energia di quello che Ducon si sarebbe atteso. All’improvviso l’uomo si gettò contro di lui e lo colpì al petto con una spallata, cercando di farlo cadere nel fiume. Un fantasma apparve lì accanto, e aspettò con calma di vedere cosa sarebbe successo. Ducon vacillò sotto lo spintone, ma girò su se stesso e riuscì ad afferrare il cortigiano, ancorandosi a lui. Fu Camas a cadere in ginocchio sulla riva.

Dietro di lui, con un braccio piegato intorno al suo collo, Ducon sbottò, seccato: «Non fate resistenza. Ditemi solo una cosa: perché tutto questo è così importante per voi da spingervi a uccidere un principe di Ombria e mettere in pericolo la vita del suo giovane erede? Se Ombria è la vostra passione, i Greve ne sono i governanti. Allora, perché?»

Lo spettro scomparve. Con le mani strette all’avambraccio di Ducon, l’uomo ansimò: «Ormai sono così vicino… così vicino a capire…»

«A capire cosa?»

«Tu devi lasciarmi qui. Io ho parlato con spettri che sono sopravvissuti all’ultima trasformazione di Ombria…»

«Voi avete parlato con le illusioni della maga», disse Ducon, con voce piatta.

«No… essi mi appaiono di loro volontà. Ascoltami. Tempi pericolosi, una città alla disperazione, la casa regnante nel caos e in pericolo… tutto questo indica il cambiamento, e lo provoca. Più Domina Pearl spinge i cittadini nella miseria e nel disordine, più la loro speranza e il desiderio di un futuro diverso diventano forti. Capisci? Quando il desiderio sarà sopraffacente, il cambiamento sarà inevitabile. È già successo prima e succederà ancora, e noi stiamo per raggiungere quel punto…» Tacque, semisoffocato, quando il braccio di Ducon lo strinse ancora.

«Per colpa vostra.» Lui era in preda a una rabbia fredda come una lama di ghiaccio. «Voi e la Perla Nera state distruggendo Ombria per una fantasia… una favola da bambini.»

«No…» Aggrappato al braccio del giovane, Camas lottò per un’altra boccata d’aria. «Ascoltami…»

«Ascoltate voi. Non vi riporterò da Domina Pearl. Favola o verità, non lo saprete mai; non sarete qui a vederlo, e se questo cambiamento ci sarà, a causarlo sarà la vostra assenza, piuttosto che le vostre assurde fantasie storiche.»

«Cosa…»

«Voi farete un lungo viaggio per mare, verso le isole tropicali dove le navi di Domina Pearl si fermano a raccogliere quelle strane piante e i rettili velenosi. Non tornerete mai più in questa città.»

«Domina te lo impedirà…» gorgogliò l’altro.

«Non quando le avrò spiegato che stavate cospirando con la maga contro di lei. Vi metterà su una nave con le sue stesse mani.»

«No!» Il bisogno di respirare diede al cortigiano la forza di reagire. Annaspando con una mano afferrò Ducon per la blusa. «Io devo vedere… io devo essere qui…» Con l’altra trovò un sasso e lo agitò dietro di sé. Ducon fu svelto a chinare la testa per evitarlo, ma la sua presa si allentò. Camas si voltò, con gli occhi brucianti di visioni disperate. «Nessuno…» disse, avventando ancora la pietra che aveva in pugno. La sua mano, appesantita, colpì Ducon in piena faccia. La luce delle lampade lontane esplose in un nugolo di scintille, e il giovane si sentì cadere dentro di esse, mentre la voce del suo ex tutore urlava ancora: «Nessuno mi fermerà!»

«Nessuno andrà da nessuna parte», sbottò Faey.

Ducon alzò la testa. Le scintille che roteavano nei suoi occhi lasciarono lentamente il posto al terreno umido e alla punta delle scarpe di seta azzurra della maga. Si girò di fianco e sputò una boccata di sangue. Il vecchio cortigiano, vedendo in quella bellezza dai lunghi capelli rossi un altro spettro, rimase a fissarla come trasognato, poi sbatté le palpebre, quando la sentì dire a un nobiluomo in velluto nero e catene d’argento, con voce irritata: «Vattene via. Tutti voi, tornate nel calderone».

Il volto di Camas s’imporporò. Lui aprì e chiuse la bocca un paio di volte senza emettere suono. «Tu hai osato…» riuscì infine a dire. «Non puoi esser stata tu a farli, tutti quanti…»

«Tu sei un povero sciocco, uomo», rispose lei, impietosita. Afferrò Ducon con una mano ingioiellata e lo tirò in piedi come se fosse una piuma. Poi squadrò il cortigiano con occhi metallici. «Non li ho fatti. Li ho richiamati dai miei ricordi.»

«Tu li hai conosciuti tutti?» domandò l’altro, con voce rauca.

«Oh, basta.» La maga era esasperata. «Sono giorni che sento le tue farneticazioni.» Gettò a Ducon un foglio ripiegato. Il sigillo era rotto, ma lui lo riconobbe. Aprì il foglio. Faey, con voce secca come le ruote dei carri nelle strade sopra le loro teste, gli riferì il contenuto prima che lui leggesse. «Quella donna ha preso Mag.»

Ducon sentì un’improvvisa fitta di dolore nel punto in cui Camas lo aveva colpito. «Quando l’ho lasciata era al sicuro», mormorò, addolorato. «Almeno, così credevo.»

«Lei non è capace di restarsene seduta ad aspettare. La Perla Nera vorrà sapere se la mia bambola di cera conta qualcosa per me, prima di distruggerla. E se io potrò considerare l’idea di offrirle qualcosa in cambio della sua salvezza.»

«Cosa farai?»

«Quello che devo», si limitò a rispondere lei. «Per ora le farò un’offerta. Gliela porterai tu, insieme a Camas Erl.»

«No», protestò lui, incredulo. «Non devi restituirle il Nobile Erl.»

«Date le circostanze, penso che sia meglio non offendere la reggente.» Faey si rivolse al cortigiano, ammorbidendo i suoi modi. «Scusa se sono stata un po’ brusca. Oggi sono nervosa. Spero che prima di andartene accetterai un paio di scarpe. D’accordo?»

«Te ne sarò grato», annuì cautamente lui. «Non riesco a ricordare come abbia potuto perdere una scarpa. Quanto a questo, non ho molto chiaro cosa io abbia detto e fatto negli ultimi…» Esitò, tastandosi la barba. «Giorni?»

«Gradisci anche una tazza di tè?»

«Sarà un piacere. Ancor più, se potrò parlare con te per qualche momento, circa i tuoi ricordi più antichi. So che la reggente ti sarà grata per qualunque cosa tu possa dirmi.»

«Ti dirò tutto ciò che vuoi sapere», rispose la maga.

«Io non ho nessuna intenzione», intervenne Ducon, in tono sofferente, «di riportare il Nobile Erl sotto lo stesso tetto di Kyel.» Fece un passo verso la maga, stringendo i pugni. «Ha aiutato Domina Pearl ad assassinare suo padre. Tu hai detto che devo essere io a occuparmi di lui. Lo ucciderò con le mie mani, prima di riportarlo a…»

Faey lo fissò con uno sguardo duro come la madreperla, privo di ogni espressione umana. I suoi occhi erano incolori, raggrinziti, due bianche luci che gli bruciavano i pensieri nella testa e la capacità di parlare.

«Io farò quello che devo fare per Mag», disse. La sua voce raggelava il cuore. «E tu farai quello che ti viene detto.»

La maga tornò a spogliarsi del peso dei secoli, prese a braccetto Camas Erl e s’incamminò lungo il fiume, adeguandosi all’andatura incerta del vecchio cortigiano. In quanto a Ducon, le cui gambe lo tradivano, per ubbidire al suo incantesimo, non poté far altro che tenerle dietro.

25

La caccia selvaggia

Lydea era stata esposta ai pericoli della sua ignoranza per la maggior parte di quella mattina, in biblioteca, sotto la sorveglianza di guardie che sembravano disposte a mozzarle la testa per una parola sbagliata, e ringraziava il cielo per la voce pacata della maestra Spina. Sedeva il più possibile vicino a Kyel, ma non osava toccarlo; non aveva idea di cosa vedesse la Perla Nera attraverso quegli occhi duri fissi su di loro. Il bambino sembrava sentire la sua tensione. Non le aveva ancora domandato dove fosse Ducon, o perché lei si limitasse a leggergli libri di storia e non gli insegnasse parole in altre lingue. La giovane sfidò le guardie immobili e silenziose tra gli scaffali passando a Semplici Regole di Aritmetica. Si stava sforzando, con i modi misurati della maestra Spina, di rendere comprensibili quei concetti a Kyel, quando Domina Pearl entrò dalla porta come un furioso vortice di vento.

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