Oppure si erano incontrati alla congiunzione dei loro mondi, il posto dove l’aria e l’acqua si baciavano, e dove il fuoco al calor bianco scaturiva direttamente dal cielo per bruciare la terra?
La madre di Ducon non lo aveva mai detto. Si era limitata a partorire quel suo figlio dai capelli bianchi che, se Ducon aveva intuito giusto, apparteneva a entrambi i mondi, uno impenetrabile e l’altro assai poco sicuro per la sua sopravvivenza.
Mentre mangiava da sola nella sua stanza, Lydea cercò d’immaginare dove lui fosse andato quel mattino, e cosa stesse macchinando a sua insaputa. Poi continuò a leggere il libro che lo straniero aveva scelto. Non fu affatto sorpresa quando capitò su un’arcaica versione della storia del ventaglio.
Il mattino successivo, il protrarsi dell’assenza di Camas Erl non aveva migliorato l’umore della Perla Nera.
«Venite con me», disse bruscamente a Ducon. «Voi vi siete introdotto nelle mie stanze private, cercando di ficcare il naso in segreti che non vi appartengono, per la curiosità di scoprire ciò che so e ciò che faccio. Io posso rintracciare Camas Erl, ma ho bisogno dell’aiuto di un uomo intelligente, forte e discreto. Lui non è qui a darmi una mano, perciò voi dovrete prendere il suo posto.»
Ducon fece per dire qualcosa, poi esitò. L’escoriazione sulla tempia era rossa contro l’improvviso pallore del volto, come se lei lo avesse schiaffeggiato. La donna gli rivolse il suo sorriso ferino.
«Voi vi fidate troppo facilmente, come vostro zio. Per tutti questi anni io ho insegnato a Camas, così come lui insegnava a voi. L’ho trovato un uomo utile, e non voglio perderlo. Ma se mi avesse tradito, allora voi mi aiuterete a ucciderlo. Io ho i miei metodi.»
Ducon non riuscì a trovare nulla da dire. Lydea, col cuore che le batteva forte, lottò contro l’impulso di attrarre più vicino a sé l’apatico Kyel. Perfino la maestra Spina stava sbattendo rapidamente le palpebre, agitata. Infine Ducon disse, con voce rauca: «Perché io? Qualunque sfegatato preso dalla strada potrebbe andarvi bene. Perché rivelare a me i vostri poteri segreti?»
«Perché», rispose lei, sprezzante, «mi avete dimostrato che da voi non ho niente da temere.» Chiamò le guardie in biblioteca per vegliare sul principe. «Non lasciate entrare nessuno», ordinò. «Prendete prigioniero chiunque arrivi qui.» Fermandosi su Lydea, il suo sguardo lampeggiante non prometteva niente di buono. «Voi siete stata scelta da Camas e per il momento dovrò fidarmi. Ma se parlate di questa faccenda, vi farò tagliare la lingua e la getterò nella fogna.»
La maestra Spina chinò la testa, in silenzio. La Perla Nera scrutò il giovane principe, ma nella sua espressione assente nulla le fece sospettare che avesse prestato attenzione alle sue parole. Quindi rivolse a Ducon un gesto imperioso, e lui la seguì fuori dalla sala senza guardarsi indietro.
La maestra Spina si accorse di tremare. Sedette accanto a Kyel e restò in silenzio finché sentì l’imperturbabile maschera dell’incantesimo ricoprire i suoi pensieri. Si accorse però che il bambino aveva compreso qualcosa, perché le si appoggiò a una spalla per essere confortato ancor prima che lei pronunciasse il suo nome.
Quella notte, con sollievo di Lydea, Ducon andò a farle visita nell’ora più buia. Il giovane aveva con sé una candela e la usò per accendere quelle della stanzetta, mentre lei si toglieva i capelli dal viso e scacciava gli ultimi rimasugli dei suoi brutti sogni. Nel guardarlo in silenzio la ragazza lo trovò pallido, con gli occhi cerchiati per la stanchezza e un’aria stordita. Sedettero sul letto, uno accanto all’altra, e lui si passò una mano tra i capelli sudati e scarmigliati.
«Lei ha aperto la porta per me», sussurrò, non molto chiaramente, «e io l’ho seguita là dentro. Avevo cercato quella porta dappertutto.»
«La porta della sua stanza segreta, vuoi dire?»
«Il posto dove lei lavora. Ci dorme, anche», aggiunse. «Dentro una specie di bozzolo. Credo che ogni notte quell’affare ripari la sua malridotta carcassa.»
«Ha trovato Camas?»
«In un certo senso. Sembra che lui sia andato a vagabondare nella storia. E ha parlato con un sacco di spettri. Io ho dovuto girare per lei gli specchi che usa per guardare in vari posti, e dirle ciò che so delle zone di Ombria su cui essi si aprono.»
«In quale parte di Ombria ci sono tutti questi spettri?» domandò lei, perplessa. Poi si diede la risposta da sola, col fiato mozzo. «Nella sottocittà.»
«Sì.»
«Il Nobile Erl è andato laggiù? Con la maga?»
«All’incirca. Ma possiamo considerarlo perduto; non fa che chiacchierare con gli spettri di cose senza senso. Tu l’hai conosciuto. Hai visto che tipo è. Sembrava così prudente e ragionevole… ma mi ero sbagliato.» Si alzò di scatto, e lei vide un lampo di rabbia nei suoi occhi. «Mi ha mentito, ed era pronto a tradire anche Kyel. Questo non posso perdonarglielo. Aveva il vestito sporco e stracciato, i capelli appiccicati al viso, e l’aria di non aver mangiato più di quello che mangiano gli spettri. Domina Pearl non è riuscita a capire in che punto della sottocittà fosse. Non è in grado di dire se Faey abbia qualcosa a che fare con gli spettri che stanno con Camas. Se lui avesse saputo della loro esistenza, sarebbe andato a cercarli già da un pezzo e per conto suo; nessuno avrebbe potuto trattenerlo. Lei ha cercato di richiamarlo qui.»
«E lui non ha voluto venire?»
«Mi è sembrato che non l’abbia neanche sentita.» Ducon fece qualche passo avanti e indietro, poi si voltò verso Lydea. «Adesso lei vuole che io vada laggiù e lo porti fuori. Con l’aiuto di Faey, dice lei, se ne avrò bisogno. Mi ha assicurato che la maga l’ha in simpatia e fa sempre quello che lei chiede.»
Lydea ripensò a quando Faey camminava sulla riva del fiume con Ducon su una spalla, e alla fredda rabbia con cui si era voltata nel sentirsi paragonare a Domina Pearl. «È ridicolo.»
«È quello che lei pensa. Sono venuto a dirtelo adesso, perché tu sappia dove sarò domani.»
Una morsa di paura strinse la gola di Lydea. «Mi lascerai sola…»
«Farai lezione a Kyel.»
«Sono sorvegliata da una donna capace di farmi tagliare la lingua per una sciocchezza. Se si accorge che so a malapena contare sulle dita…»
Lui tornò a sedersi sul letto e le scostò una ciocca di capelli dal volto. «Anche in queste condizioni riesci a sembrare una calma e dignitosa istitutrice, maestra Spina. Domina Pearl ha troppe cose a cui pensare per ricordarsi che tu esisti.»
«Me lo auguro», mormorò lei. Poi, per qualche motivo, la riservata maestra Spina si trovò a stringergli un polso. «Ma, Ducon, il Nobile Erl sa chi sono io! Me lo ha detto! Se lo riferisse a lei…»
«No, non lo farà», rispose subito Ducon. «Lo sapeva fin dall’inizio, e non le ha detto niente. Se gliene parlasse ora, resterebbe preso nella rete delle sue stesse bugie. Glielo ricorderò, non appena lo trovo. Tornerò il più presto possibile; non oso lasciare solo Kyel troppo a lungo.»
«Sii prudente. Non perderti insieme al Nobile Erl.»
«Non è questo che intendo fare.»
Qualcosa nella voce di lui la fece irrigidire. «Che vuoi dire?»
«C’è una domanda che devo porgli. Voglio sapere cosa desidera tanto intensamente che per averlo distruggerebbe la Casa dei Greve e la città che ama.»
Ducon si alzò. Per un istante indugiò con una mano accanto a una guancia di lei, poi si voltò senza toccarla e uscì.
Dopo aver oltrepassato i cancelli del palazzo insieme ai carri del latte e della verdura provenienti dal mercato, nella luce argentea dell’alba, Mag andò nelle cucine con due cestelli di granchi tra le braccia, e li lasciò nel primo posto adatto che vide. Poi, nel proseguire, raccolse un secchio e uno straccio, e uscì da una porta interna. Per una volta si era vestita in modo decente, con un abito scuro e senza fronzoli.
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