Mi aveva punto sul vivo: ma riuscii a dominare la mia collera. Dissi: «Se non vuoi accettare, Lur, allora darò gli ordini personalmente. Ma allora la nostra città sarà divisa, e facile preda per il nemico.»
Lur rifletté.
«Quindi non vuoi la guerra contro i piccoli cani gialli? E sei persuaso che se la ragazza verrà loro restituita, la guerra non ci sarà? E allora cosa aspetti? Perché non la rimandi subito insieme ai prigionieri? Portali al Nansur, parlamenta con i nani che sono là. Il dialogo fra i tamburi potrebbe sistemare tutto in poco tempo… se tu hai ragione. E allora questa notte potremo dormire senza che i tamburi ci disturbino.»
Era vero: ma intuivo la malizia delle sue parole. La verità era che non volevo rimandare subito Evalie. Altrimenti non avrei avuto mai più una occasione per giustificarmi con lei, lo sapevo, per vincere la sua diffidenza… per indurla ad accettarmi ancora come il Leif che lei aveva amato. Ma se avessi avuto un po’ di tempo… forse ci sarei riuscito. E l’Incantatrice lo sapeva.
«Non possiamo farlo troppo in fretta, Lur,» obiettai, soavemente. «Penserebbero che abbiamo paura di loro… come la mia proposta ti ha indotto a pensare che io li temessi. Per concludere un trattato del genere abbiamo bisogno di ben altro che un’affrettata conversazione fra tamburi. No: terremo la ragazza come ostaggio fino a quando avremo fissato le nostre condizioni.»
Lur piegò il capo, riflettendo, poi mi guardò con gli occhi limpidi e sorrise.
«Hai ragione, Dwayanu. Manderò a prendere i prigionieri non appena mi sarò ripulita della sporcizia di Sirk. Verranno condotti nella tua camera. E nel frattempo non farò altro. Ordinerò d’informare i Rrrllya di Nansur che presto i loro compagni catturati torneranno tra loro con un messaggio. In questo modo, almeno, acquisteremo tempo. E abbiamo bisogno di tempo, Dwayanu… Tutti e due.»
La guardai, attento. Lei rise e spronò il cavallo. La seguii oltre la porta, nella grande piazza cintata. Era affollata di soldati e di prigionieri. Lì il rullo dei tamburi era più intenso. Sembrava provenire dalla stessa piazza, da tamburi invisibili percossi da suonatori invisibili. I soldati erano chiaramente a disagio, i prigionieri eccitati, tesi in un curioso atteggiamento di sfida.
Entrato nella cittadella chiamai vari ufficiali che non avevano preso parte all’attacco contro Sirk: ordinai che la guarnigione delle mura di fronte al Ponte Nansur venisse rafforzata. Inoltre, comandai di suonare un allarme per far rientrare i soldati e la gente dagli avamposti e dalle fattorie. Ordinai di rafforzare anche la guardia sulle mura dalla parte del fiume e di avvertire la popolazione della città che quanti desideravano rifugiarsi nella rocca potevano farlo, ma prima del crepuscolo. Mancava un’ora scarsa al cader della notte. Non ci sarebbero stati problemi per provvedere a loro in quella piazza immensa. Feci tutto questo nell’eventualità che il messaggio non sortisse alcun effetto. In quest’ultimo caso, non volevo causare un massacro a Karak, che poteva resistere ad un assedio fino a quando io fossi riuscito a convincere il Piccolo Popolo della mia buona fede. O convincerne Evalie, e indurla a concludere la pace.
Poi condussi Evalie nelle mie stanze: non era l’appartamento del Gran Sacerdote, dove la Piovra Nera incombeva sui tre seggi, ma un complesso di comode stanze in un’altra parte della cittadella. Il drappello che mi aveva seguito durante il sacco di Sirk e più tardi, venne con noi. Affidai Evalie a Dara. Mi feci lavare, medicare e fasciare le ferite, poi mi vestii. Le finestre guardavano sul fiume, e i tamburi rullavano da impazzire. Ordinai di portare cibo e vino, e chiamai Evalie. Me la portò Dara. Era stata ben trattata, ma non volle mangiare con me. Mi disse: «Temo che il mio popolo avrà ben poca fiducia nei messaggi che tu invierai, Dwayanu.»
«Più tardi parleremo dell’altro messaggio, Evalie. Non sono stato io a inviarlo. E Tsantawu, che è morto tra le mie braccia, mi ha creduto quando gli ho detto che non ero stato io.»
«Ti ho sentito dire a Lur che le avevi promesso Sirk. A lei non hai mentito, Dwayanu… perché Sirk è caduta. Come posso crederti io?»
Ribattei: «Avrai la prova che dico la verità, Evalie. Ed ora, giacché non vuoi mangiare con me, va con Dara.»
Evalie non trovò nulla da ridire su Dara. Dara non era un traditore bugiardo, ma un soldato, e combattere a Sirk o altrove era il suo mestiere. Andò con lei.
Mangiai poco e bevvi parecchio. Il vino mi ridiede una nuova vita, scacciò gli ultimi residui di stanchezza. Per il momento accantonai risolutamente la mia angoscia per Jim, pensando a ciò che intendevo fare ed a come dovevo farlo. Poi bussarono alla porta, ed entrò l’Incantatrice.
Le trecce rosse l’incoronavano, allacciate con il filo di zaffiri. Non recava i segni delle lotte sostenute quel giorno, né tracce di stanchezza. Gli occhi erano fulgidi e limpidi, le labbra rosse sorridevano. La sua voce dolce e bassa, il suo tocco sul mio braccio richiamarono ricordi che credevo svaniti insieme a Dwayanu.
Chiamò, e dalla porta entrò una fila di soldatesse, conducendo una dozzina di pigmei slegati: i loro occhi gialli si accesero d’odio nel vedermi, ma anche di curiosità. Parlai gentilmente con loro; mandai a chiamare Evalie. Lei arrivò, ed i pigmei dorati le corsero incontro, le si buttarono addosso come una frotta di bimbi, cinguettando e trillando, accarezzandole i capelli, toccandole le mani ed i piedi.
Evalie rise, li chiamò per nome uno ad uno, poi parlò rapidamente. Riuscii a capire poco di quel che diceva: dall’espressione rannuvolata di Lur mi resi conto che lei non aveva capito nulla. Ripetei ad Evalie, meticolosamente, quanto avevo detto a Lur: e lei già lo sapeva almeno in parte, perché aveva dimostrato di comprendere l’uiguro, o l’ayjir, meglio di quanto volesse ammettere. Poi, per Lur, tradussi dalla lingua dei nani.
Il patto venne concluso in fretta. Metà dei pigmei avrebbero subito attraversato il Nanbu per raggiungere la guarnigione oltre il ponte. Per mezzo dei tamburi parlanti, avrebbero inoltrato il nostro messaggio alla roccaforte del Piccolo Popolo. Se fosse stato accettato, il rullo dei tamburi sarebbe cessato immediatamente.
Dissi a Evalie: «Quando parleranno con i loro tamburi, dicano che non verrà chiesto nulla di più di quanto era stabilito dalla vecchia tregua… e che non li attenderà più la morte, quando attraverseranno il fiume.»
L’Incantatrice disse: «E questo che significa, Dwayanu?»
«Ora che Sirk è stata annientata, è una punizione che non ha più motivo di essere, Lur. Che raccolgano pure le loro erbe ed i loro metalli come vogliono: è tutto.»
«Tu hai in mente qualcosa d’altro…» Lur socchiuse gli occhi.
«Loro mi hanno capito, Evalie… ma diglielo anche tu.»
I pigmei si scambiarono trilli; poi dieci di loro si fecero avanti: erano quelli prescelti per portare il messaggio. Mentre stavano per andarsene, li fermai.
«Se Sri si è salvato, ditegli di venire con l’ambasceria. Meglio ancora… che la preceda. Avvertitelo per mezzo dei tamburi che venga al più presto possibile. Lui è il mio salvacondotto, e resterà con Evalie fino a quando tutto non sarà sistemato.»
I pigmei si consultarono e acconsentirono. L’Incantatrice non fece commenti. Per la prima volta vidi gli occhi di Evalie addolcirsi nel guardarmi.
Quando i pigmei se ne furono andati, Lur andò alla porta e fece un cenno. Entrò Ouarda.
«Ouarda!»
Mi era simpatica. Ero contento di sapere che era ancora viva. Le andai incontro a mani tese. Lei me le strinse.
«Sono state due soldatesse, Signore. Avevano delle sorelle a Sirk. Hanno tagliato la scala prima che potessimo impedirglielo. Le abbiamo uccise,» disse.
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