Nevyn si rese inoltre conto di aver pensato di conoscere il suo avversario soltanto per scoprire di essersi sbagliato. Lui aveva un antico nemico, un maestro oscuro contro cui aveva lottato parecchie volte negli ultimi cento anni, un Bardekiano particolarmente abile nel leggere i presagi degli eventi futuri. La guerra dell’anno precedente in Eldidd, questo recente tentativo di impadronirsi dell’opale dotato di dweomer, perfino il lasciare Rhodry in vita come una sorta di esperimento… tutto sembrava collimare alla perfezione con il modo di pensare di Tondalo. Naturalmente, questi avrebbe potuto manovrare ogni cosa a distanza, perché ormai doveva avere qualcosa come centocinquant’anni e di certo era troppo debole per viaggiare. Anche se potevano mantenersi in vita con mezzi innaturali, i maestri del dweomer oscuro non avevano modo di conservare anche la salute, soprattutto verso la fine: la Natura stessa cercava infatti di contrastarli, per il semplice fatto che essi andavano contro i suoi principi come acqua che scorresse verso monte.
Stretto nella morsa delle mani di Alastyr il coniglio marrone e bianco si dibatteva cercando di graffiare con le zampe posteriorì, ma lui gli sbatté la testa più volte contro il tavolo della cucina fino a quando il suo corpo si afflosciò; a quel punto Alastyr tagliò la gola all’animale e si chinò per succhiare il sangue caldo direttamente dalla ferita… anche se lo faceva da anni, quella procedura aveva ancora il potere di disgustarlo. Sfortunatamente essa costituiva però il solo modo per avere la certezza di assorbire tutto l’effluente magnetico del sangue, e per quanto la aborrisse Alastyr non riusciva quindi a capire perché altri maestri del dweomer oscuro lasciassero ai loro servi il compito di uccidere la carne per loro. Mentre beveva sentì la forza magnetica fluire dentro di lui in un piccolo processo di ringiovanimento, e una volta finito si pulì accuratamente la bocca con uno straccio, procedendo poi a scuoiare e a fare a pezzi il coniglio.
Nel suo animo, tuttavia, la paura era ormai tale da fargli pulsare il sangue nelle vene: desiderava fuggire, ma aveva al tempo stesso timore di tornare alla Confraternita per riferire un altro fallimento. Il Vecchio lo avrebbe forse perdonato, soprattutto grazie all’informazione sul sangue elfico di Rhodry che costituiva il fattore che aveva rovinato tutti i suoi calcoli, ma gli altri maestri del Sentiero Oscuro avrebbero visto in lui un debole, e una volta che un uomo s’indeboliva la sua fine probabile era quella di essere attaccato, distrutto e prosciugato del suo potere… un fato a cui sarebbe stato preferibile il suicidio.
Il pensiero della morte lo fece tremare tutto: in fin dei conti, era stata proprio la paura di morire a spingerlo verso il sentiero oscuro, tanti anni prima. Presto avrebbe dovuto decidere se fuggire o combattere… presto, molto presto. Anche se il dweomer non mandava nessun avvertimento di pericolo a quanti seguivano il Sentiero Oscuro, la pura e semplice logica gli diceva che gli restava poco tempo.
Sollevando lo sguardo dalle sue riflessioni si accorse che Sarcyn lo stava osservando.
— Che cosa vuoi? — domandò, secco.
— Volevo soltanto macellare quel coniglio per te, maestro. È mio compito servirti.
Alastyr gli porse il coltello, poi si lavò le mani sporche di sangue in un secchio d’acqua, vicino al quale Camdel sedeva accoccolato sulla paglia.
— Se saremo costretti a fuggire — osservò, — Camdel dovrà morire, perché la sua presenza servirebbe soltanto a rallentarci.
Gemendo il giovane lord si ritrasse e Sarcyn fissò il maestro con il coltello in pugno e un’espressione di furia omicida nello sguardo.
— Non ti permetterò di ucciderlo.
— Davvero? E chi sei tu per permettermi o meno di fare qualcosa?
Nel parlare, Alastyr inviò un’ondata di odio lungo il cordone che univa la sua aura a quella di Sarcyn, assestando poi una torsione data dall’ira. Quelle emozioni si tradussero in un intenso dolore fisico e Sarcyn lasciò andare il coltello, cadendo in ginocchio con il volto contorto dal tentativo di evitare che la sua sofferenza trasparisse da esso. Con un ringhio Alastyr lo liberò dal dolore e lui si accasciò tremando.
— Ora tieni a freno la lingua finché non sarai interpellato — scattò il maestro. — Io devo riflettere.
Accostatosi alla finestra, lasciò vagare lo sguardo all’esterno, sentendo la paura serrarlo in una morsa e pulsare dentro di lui; quando infine si lanciò un’occhiata alle spalle vide che Sarcyn e Camdel erano stretti uno nelle braccia dell’altro.
Stolti , pensò. Forse li ucciderò entrambi.
Allorché giunse l’ora del pasto serale, Jill lo consumò nella camera di Nevyn insieme al vecchio e a Rhodry. Anche se lei non aveva fame, Rhodry stava consumando carne arrosto e cipolle fritte con voracità, come si conveniva ad un guerriero che mangiava sempre con abbondanza prima di una battaglia perché sapeva che avrebbe potuto non godere più di un altro pasto.
Se lui è un guerriero, io cosa sono? si chiese Jill. Di certo una codarda.
Per quanto detestasse quella parola, doveva ammettere di essere terrorizzata al pensiero che il dweomer oscuro volesse catturarla per motivi a lei ignoti. Alla fine non riuscì più a sopportare di guardare gli altri due che mangiavano e si avvicinò alla finestra.
La luce dorata della sera estiva le ricordò che il mondo reale e concreto era ancora là, libero dal dweomer, ma dentro di sé sapeva che non lo avrebbe mai più visto nella stessa maniera. Un interrogativo la tormentava, spaventandola quasi quanto il dweomer oscuro: come poteva sapere tante cose riguardo al dweomer? Pur essendosi trovata coinvolta in situazioni che avrebbero lasciato sconcertata la maggior parte della gente, lei aveva capito subito molte cose per puro istinto, come il fatto che la gemma potesse mutare forma, che l’apprendista possedeva il dweomer oscuro ed era in grado di capire se lei diceva o meno la verità, che poteva comunicare con Nevyn attraverso il fuoco. Con riluttanza, lentamente, lottando ad ogni passo, cominciava ad essere costretta a convincersi di possedere non soltanto il talento per il dweomer, ma anche di possederlo in quantità notevole.
Serrando le mani intorno al davanzale si affacciò alla finestra, cercando di rassicurarsi osservando il consueto e comune trambusto di servitori nel cortile sottostante, ma un momento più tardi vide l’Airone, che era fermo in un angolo nascosto vicino alle porte della fortezza e si stava sbirciando intorno.
Deve essere qui perché vuole parlare con me , pensò, e subito si chiese perché fosse andata alla finestra proprio nel momento giusto per riuscire a vederlo.
— C’è qualcosa che non va, bambina? — domandò Nevyn. — Sei impallidita.
— Oh, non è nulla. L’Airone è fermo vicino alle porte e credo che sia meglio parlare con lui.
Invece di scendere nel cortile, Nevyn insistette per mandare un servitore a chiamare l’Airone e ad accompagnarlo da loro; il pover’uomo si mostrò talmente nervoso all’idea di trovarsi all’interno della fortezza del gwerbret che non riuscì a stare seduto e prese a camminare con irrequietezza avanti e indietro, serrando fra le mani il boccale di birra che Jill gli aveva offerto.
— Dimmi, buon erborista — esordì infine. — Sei davvero certo che non ci possano sentire?
— Lo giuro. Se necessario mentirò anche in faccia al gwerbret per proteggerti.
— Benissimo, allora. — L’Airone s’interruppe per trangugiare un sorso di birra. — Penso che abbiamo trovato gli uomini che hanno tentato di avvelenare Ogwern.
Jill impiegò qualche istante a ricordare la storiella che Nevya aveva imbastito a beneficio dei ladri, ma il vecchio si eresse di scatto sulla persona e sorrise.
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