Katharine Kerr
L’incantesimo dei druidi
A mio padre, Sgt. John Carl Brathin (1918–44),
che è morto per liberare l’Europa da un male peggiore di quello che qualsiasi romanziere potrà mai inventare.
Un migliaio di ringraziamenti a tutti gli amici e i parenti, troppo numerosi per essere elencati, che hanno dovuto sopportare le mie crisi di distrazione, il mio inarrestabile bisogno di scrivere e la mia vera e propria ossessione per questo mondo immaginario. Soprattutto, però, ringrazio mio marito, Howard Kerr, che in fin dei conti è costretto a vivere con me quando lavoro.
NOTE SULLA PRONUNCIA DELLA LINGUA PARLATA A DEVERRY
La lingua parlata a Deverry è pre-celtica, quindi anche se strettamente collegata al gallese, al bretone e al cornovagliese, non è identica a nessuna di queste lingue esistenti, e non deve essere scambiata per tale.
Gli scrivani di Deverry distinguono le vocali in due categorie: nobili e comuni. Quelle nobili hanno due pronunce diverse, quelle comuni una sola.
A come in father quando è lunga; quando è breve, si usa una versione più corta dello stesso suono, come in far.
O come in bone quando è lungo; come in pot quando è breve.
W come l’ oo di spook quando è lungo; come quello di roof quando è breve.
Y come la i di machine quando è lungo; come la e di butter quando è breve.
E come in pen.
I come in pin.
U come in pun.
Le vocali sono generalmente lunghe nelle sillabe accentate, brevi in quelle non accentate. La Y costituisce l’eccezione fondamentale a questa regola, perché quando compare come ultima lettera di una parola è sempre lunga, indipendentemente dal fatto che la sillaba sia accentata o meno.
I dittonghi hanno una pronuncia costante.
AE come in mane.
AI come in aisle.
AU come il suono ow in how.
EO come una combinazione dei suoni eh ed oh.
EW come in gallese, una combinazione dei suoni eh ed oo.
IE come in pier.
UI come il suono wy nel gallese del nord: una combinazione dei suoni oo ed ee.
È da notare che OI non costituisce mai un dittongo ma genera invece due suoni distinti, come in carnoic (KAR-noh-ik).
Le consonanti sono come in inglese, con le seguenti eccezioni:
C è sempre un suono duro, come in cat.
G è sempre un suono duro, come in get.
DD si pronuncia come il th di thin o di breathe , ma il suono si fa sentire molto più che in inglese e si contrappone al TH, che è il suono muto, come in the o in breath.
R è un suono molto marcato.
RH è una R muta, pronunciata più o meno come se fosse scritta hr.
DW, GW e TW formano un suono unico, come in Gwendolen e in twit.
Y non è mai una consonante.
I è considerata una consonante se posta davanti a vocale all’inizio di una parola, e questo vale anche per la desinenza plurale -ion.
Le consonanti doppie vengono sempre pronunciate chiaramente entrambe, al contrario di quanto accade in inglese; è da notare però che DD è considerato una consonante unica.
L’ accento cade di solito sulla penultima sillaba, ma i nomi composti e i nomi di luoghi costituiscono spesso un’eccezione a tale regola.
Nel complesso, ho trascritto i nomi e i vocaboli elfici e bardekiani sulla base del sistema di ortografia sopra esposto, che è abbastanza adeguato, almeno per quanto concerne la lingua del Bardek. Quanto alla lingua elfica, in un’opera di questo tipo l’uso dell’intero apparato con il quale gli studiosi cercano di rappresentare le sottigliezze e le sfumature delle diverse lingue avrebbe soltanto creato confusione e sarebbe risultato pesante. Per esempio, l’orecchio umano non è in genere in grado di cogliere le differenze esistenti fra suoni come A, Ä ed , quindi perché si dovrebbe cercare di creare una distinzione sulla carta stampata? Il lettore deve però ricordare che le parole elfiche hanno un’accentatura del tutto diversa da quella in uso a Deverry e nel Bardek. Dal momento che quella elfica è una lingua agglutinante, le svariate componenti di un nome possono essere accentate sulla base del loro significato piuttosto che del loro posto nella sequenza delle sillabe. Per esempio Canbaramelim, che è un nome composto dai morfemi corrispondenti ad aspro + nome del luogo + fiume, si pronuncia CAHN-BAHR-ah-MEH-lim.
Ogni luce proietta un’ombra, e così fa anche il dweomer. Alcuni uomini scelgono di porsi nella luce e altri nell’ombra, quindi siate sempre consapevoli che la posizione da voi occupata è una questione di scelta, e non lasciate che l’ombra strisci su di voi cogliendovi alla sprovvista…
Dal Libro segreto di Cadwallon il Druido
S’incontrarono nelle profondità delle Terre Interiori, in un luogo dove si potevano recare soltanto coloro che avevano conquistato il cuore del dweomer. Il corpo fisico di ciascuno dei presenti giaceva addormentato in stato di trance in una diversa città del regno di Deverry, in modo che la mente fosse libera di assumere una nuova forma e di viaggiare fino a quell’antico boschetto di querce che cresceva sotto un sole mite e gradevole. Per un migliaio di anni i maestri del dweomer che avevano immaginato quel boschetto, ricreandone ogni particolare con la loro mente addestrata e discutendone fra loro i dettagli, erano stati così numerosi che ormai le immagini in questione vivevano in maniera autonoma sul piano astrale, e c’era sempre chi sapeva come raggiungerle.
Coloro che erano adesso riuniti in quel boschetto avevano scelto un aspetto molto semplice per la loro immagine mentale; il volto era uguale a quello fisico, ma il corpo appariva sottile, stranamente attenuato e vestito con una versione stilizzata degli abiti consueti, calzoni e camicia bianca per gli uomini e un vestito dello stesso colore lungo fino alla caviglia per le donne. La scelta del colore bianco non aveva un particolare significato ed era dovuta soltanto al fatto che mantenere quella tinta richiedeva un’energia minore di quella necessaria per i colori vivaci. Una alla volta, le figure apparvero nel boschetto, finché tutti e trentadue i convenuti furono presenti e rimasero a fluttuare al di sopra dell’erba priva di sostanza, in attesa che colui che aveva indetto quella riunione prendesse la parola.
L’uomo in questione era alto e molto anziano, con una massa di folti capelli bianchi e penetranti occhi azzurri. Anche se portava il titolo di Maestro dell’Aethyr, preferiva però essere conosciuto come Nevyn… un nome che era di per se stesso un assurdo perché significava «nessuno». Accanto a Nevyn c’era un individuo basso e snello, con i capelli brizzolati e intensi occhi grigi che gli dominavano il volto: il suo nome era Aderyn, e da un punto di vista strettamente tecnico non aveva nessun diritto di essere presente nel boschetto perché il suo Wyrd non era più legato alla razza umana ma a quella degli elfi, gli Elcyion Lacar, che vivevano ad ovest di Deverry. Aderyn era tuttavia stato chiamato perché poteva offrire una testimonianza in merito agli strani eventi che costituivano la causa di quella riunione.
— Allora, ci siamo tutti? — chiese infine Nevyn. — Dunque, ognuno di voi ha sentito almeno qualcosa di quello che è successo la scorsa estate, giusto?
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