Orson Card - I giorni del cervo

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I giorni del cervo: краткое содержание, описание и аннотация

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Sinistri presagi indicano che da Antiqua è salpata una flotta di navi: navi nere, cariche di neri guerrieri, di strani animali capelluti e di armi che portano una morte senza volto. La guerra è imminente. Il Bene e il Male, come nel più epico dei racconti, esploderanno in una battaglia cruenta alla quale parteciperanno anche forze soprannaturali e magiche. Tutti i popoli del continente, superate le antiche divisioni, si uniranno a combattere con l’esercito del Cervo, guidato dal valoroso Dulkancellin. Gli uomini di pace si trasformeranno in guerrieri, e i guerrieri in eroi. La salvezza del continente dipende dal loro coraggio

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Guardò gli occhi di Urubugala, aspettando una replica. Ma non venne. Gli occhi del mago si velarono di lacrime. — Hai sognato la libertà? — mormorò. — Anch’io, per trecento anni. Ma tu non sarai il solo a pagare un prezzo per la fine di Bella. La forza di Bella ci ha tenuti in vita per secoli, Donnola, Coniglio, Palicrovol, me. Quando la sua forza se ne andrà, cosa ci terrà in vita?

Orem aveva creduto che Donnola sarebbe semplicemente diventata Enziquelvinisensee Evelvenin di nuovo. Come era stata la notte delle nozze. Non gli era venuto in mente che gli anni trascorsi sarebbero anch’essi tornati.

— E tuttavia — disse Urubugala — pagheremo con piacere quel prezzo.

— Se farò quello che dici, sarà lo stesso necessario che Bella l’uccida.

— Sì.

— E dunque non saremo complici della sua morte?

— Qual è il prezzo per liberare il mondo? Un bambino. Qual è il prezzo per rendere schiavo il mondo? Lo stesso bambino. Morto, in entrambi i casi.

Orem si coprì la faccia con le mani e pianse.

Donnola

Quella notte Donnola Bocca-di-Verità venne da lui. Orem non parlò, perché non c’era bisogno di parlare. Lei gli tolse i vestiti e gli spalmò il corpo di balsamo, gli strofinò delicatamente le spalle gonfie, gli cambiò le bende ai piedi. Per un’ora lo curò. Lui allungò una mano e lei gliela prese.

— Donnola — disse Orem — come posso dare meno di quello che dai tu?

Donnola non disse nulla. Cosa poteva dire? Si chinò e lo baciò sulla mano, e questo lo fece piangere ancora, perché era debole, malato, e non poteva sopportare simili tenerezze. Allora, parlò. Parlò finché non riuscì più a parlare, le raccontò tutto ciò che era successo sotto terra e sopra, le disse degli dèi, delle torture, e sopra tutto di suo figlio, di come amava suo figlio.

E quando tutto fu detto, e Orem stava scivolando nel sonno, lei ancora gli teneva la mano. Lei la tirò via, ma lui gliela tenne, debolmente, e disse: — Ti amo.

E lei gli disse, perché era così giovane, così innocente, così pieno di dolore: — Anch’io. Ti amo. — Lo disse perché era vero.

Donnola uscì dal Piccolo Mastio e andò da Urubugala, dove lui attendeva insieme a Coniglio, nel palazzo. — Lo farà — disse loro.

— Se tutto andrà bene, mi odierà per sempre — disse Urubugala.

— Perché? — chiese Donnola.

— Gli ho mentito.

— Cosa gli hai detto? — chiese Donnola.

— Non te lo dirò, Enziquelvinisensee Evelvenin, altrimenti tu gli diresti la verità, e allora credo che ci abbandonerebbe.

— Perché non riesci a credere, Urubugala, che certi uomini agiscono meglio se sanno la verità, che non sapendola?

— L’esperienza è la mia sola maestra — rispose Urubugala. — Gli uomini sono migliori quando non sanno niente.

— E tu allora, Sleeve, che sai tutto?

Urubugala alzò le spalle. — Io sono solo il nano nero della Regina.

25

LA VITTORIA DELLE CENTO CORNA

Come Giovane e Bella morirono, e furono portati via sulla cresta delle Cento Corna.
La preparazione del figlio di dodici mesi

Svegliarono Orem che era ancora buio; si vestì alla luce delle candele, e percorse il Lungo Camminamento con l’aiuto delle guardie, perché non riusciva a camminare bene da solo. Faceva freddo; Orem aveva talmente diminuito il potere di Bella che la primavera nel Parco del Palazzo si era interrotta. L’inverno del mondo esterno era arrivato, alla fine. I fiori erano tutti morti, gli alberi avevano cambiato le foglie nel rosso e nell’oro; le fontane erano ghiacciate, e il vento, per la prima volta da secoli, soffiava forte.

La Regina teneva Giovane fra le braccia, nella piazza davanti al palazzo. Il bambino vide Orem e lo chiamò. Orem non parlò, rimase in piedi in silenzio, dove le guardie lo avevano fatto fermare. Cercò di escludere la voce del bambino dalla sua mente, ma non ci riuscì. Anche noi, che ascoltavamo, pensavamo di non riuscire a sopportarlo, ma ci riuscimmo.

— Papà — gridò il bambino. — Dove sei stato? Voglio raccontarti una storia.

Donnola, Urubugala e Coniglio erano dalla parte opposta della piazza, rispetto a Orem. Solo Urubugala non stava fermo. Ballava, saltava, si rotolava a terra, faceva capriole; solo una volta venne vicino a Orem, e gli sussurrò: — Tutto quello che lei fa, fallo anche tu!

Poi se ne andò a recitare la parte del buffone in un altro posto, fingendo di essere legato da incantesimi che non riuscivano a legarlo del tutto.

La prima luce apparve nel cielo orientale. Erano all’ombra del palazzo, ma Bella aveva fretta. Lei sapeva cosa era veramente necessario al rito e cosa no; la luce diretta del sole non era necessaria, e lei iniziò il Passaggio.

Tolse tutti i vestiti a suo figlio, e lo fece stendere sul tavolo d’argento. Giovane gridò, perché il metallo era freddo; ma rimase lì, piangendo, mentre anche Bella si toglieva i vestiti. Orem guardò Urubugala… Doveva spogliarsi anche lui? Bella aveva imparato quasi tutto ciò che sapeva dai libri di Sleeve. Urubugala scosse la testa.

Giovane gridò e pregò sua madre di lasciarlo scendere: è freddo, è freddo. Orem sapeva che non poteva fuggire; Bella l’aveva legato, e le reti di Orem erano ripiegate dentro di lui. Noi guardammo, e Orem si mantenne calmo come se le grida di suo figlio fossero i richiami di un uccello, lontani e privi di senso.

Si mantenne calmo e fece tutto quello che faceva Bella, ogni segno delle mani, ogni parola che mormorò. Dopo un po’ Giovane smise di piangere e cominciò a giocare, afferrando le dita di sua madre mentre lei faceva i segni. Se spezzava una sequenza, lei la ripeteva, e lo stesso faceva Orem. Ci volle molto tempo, ma non fece errori; Donnola, Coniglio e Urubugala guardavano, per esserne sicuri.

Mentre il cielo diventava più luminoso, appena prima che il sole superasse il tetto del palazzo, la Regina sorrise e prese uno spillone da un servitore e se lo passò su un braccio, facendone uscire il sangue. Immerse un dito nel sangue e lo spalmò sulle palpebre del bambino.

Cosa devo fare? chiese Orem con gli occhi. La risposta venne da Coniglio, che d’improvviso cominciò a cantare una canzone sconcia dei tempi in cui combatteva nell’armata ribelle di Palicrovol. La solennità venne interrotta; le guardie balzarono addosso al vecchio per farlo stare zitto.

Nella confusione Urubugala andò vicino a Orem e gli prese la mano. Orem era pronto: si era già tagliato un polso con un’unghia. Il sangue aveva formato una goccia sulla leggera ferita. Urubugala ne prese un po’ sulle dita e se ne andò.

Mentre si rotolava davanti all’altare, saltò su e sputò in faccia a Bella. Lei gridò; delle guardie lo legarono, come avevano imbavagliato Coniglio; ma mentre sputava aveva toccato gli occhi del piccolo con le dita sporche di sangue.

Tornata la calma, Bella riprese la cerimonia, ma continuava a guardare il cielo per vedere quanto fosse luminoso. In lontananza si sentivano i rumori di una battaglia appena iniziata, e grida da molte migliaia di gole. Palicrovol finalmente aveva iniziato l’attacco.

Troppo tardi, ormai. Anche se la città fosse stata priva di difese, non avrebbe potuto superare in tempo le mura e i valli.

Altre parole, altri segni; poi la luce del sole splendette dalle torri dell’Angolo del Castello. Bella chinò il capo. Tutto era stato fatto, tranne l’uccidere e il bere.

Ma Bella non prese subito il pugnale. Guardò Orem e gli sorrise. — Marito mio, Piccolo Re, che mi ami lealmente e con tutto il tuo cuore, credi che io mi lasci ingannare così facilmente? Credi che non abbia visto le tue mani muoversi, le tue labbra borbottare? Credi che non abbia visto la mano tagliata, il sangue sugli occhi del bambino? Quanto sciocca mi credete voi sciocchi? Perché neppure Sleeve è infallibile, tanto più con un cervello marcio e ficcato in una testa troppo piccola. Il Passaggio può essere fatto solo fra genitore e figlio se il figlio ha inghiottito il fluido del tuo corpo con le proprie labbra. In tutti questi mesi il bambino ha succhiato il mio seno; cosa ha succhiato di tuo, Piccolo Re?

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