Orson Card - Il settimo figlio

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Alvin Miller è venuto al mondo in un’America in cui bianchi e indiani vivono in pace e George Washington è stato decapitato dagli inglesi. Magie, incantesimi e misteriose potenze negative sono presenze quotidiane e normali in questo “mondo alternativo” Ma Alvin è protetto da tutte le energie positive del Creato, perché, secondo un’antica profezia, “il settimo figlio di un settimo figlio avrà in sé poteri tali da far tremare il mondo”.

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«L’ho vista, la gamba. Sta migliorando. E nel tardo pomeriggio Alvin Junior era sveglio e ho potuto chiacchierare un po’ con lui».

«Sono contento che fosse sveglio, Elly, sono veramente contento, ma non penserai davvero che quella gamba possa migliorare! Una ferita di quel genere può anche dare segni di miglioramento, ma ben presto si può star sicuri che arriva la cancrena».

«Stavolta non penso proprio che vada così» disse lei. «Vuoi cenare?»

«Debbo essermi sbocconcellato almeno due filoni di pane mentre andavo avanti e indietro e mi chiedevo se saresti mai tornata a casa».

«Non mi piacciono gli uomini con la pancia».

«Be’, io ce l’ho già, e ti assicuro che chiede cibo come quella di chiunque altro».

«Mia madre mi ha regalato una forma di formaggio». Eleanor la depose sul tavolo.

Armor aveva i suoi dubbi. Per come la vedeva lui, se i formaggi di Faith Miller venivano così buoni ciò era dovuto almeno per metà al fatto che combinava qualcosa di strano col latte. Era impossibile trovare formaggio migliore nell’intera regione tra il Wobbish e il Tippy-Canoe.

Quando scopriva di essere in qualche modo venuto a compromessi con la stregoneria, Armor s’infuriava con se stesso. E quando era infuriato con se stesso non era assolutamente disposto a lasciar cadere la cosa, anche se sapeva benissimo che Elly non aveva nessuna intenzione di parlarne. «Perché pensi che la gamba non andrà in cancrena?»

«Sta migliorando così in fretta» disse Eleanor.

«Migliorando come?»

«Oh, in pratica è quasi guarita».

«Quasi quanto?»

Lei si voltò di scatto, roteò gli occhi, quindi gli diede nuovamente le spalle e cominciò a fare a spicchi una mela da mangiare col formaggio.

«Ti ho chiesto quasi quanto , Elly. Quanto gli manca a guarire?»

«È già guarito».

«Due giorni dopo che una macina da mulino gli ha portato via un pezzo di gamba, è già guarito?»

«Solo due giorni? Avrei detto che era passata una settimana».

«Il calendario dice che sono due giorni» ribatté Armor. «Il che significa che c’è di mezzo qualche stregoneria».

«A quanto dicono i Vangeli, Colui che guariva gli ammalati non praticava certo la stregoneria».

«Chi è stato, allora? Non venirmi a dire che tuo padre o tua madre sono riusciti a escogitare un rimedio di questa potenza da un giorno all’altro. Hanno forse evocato il demonio?»

Eleanor si voltò di scatto, il coltello ancora sospeso in aria per tagliare. Nei suoi occhi passò un lampo. «Può darsi che papà non sia esattamente un uomo di chiesa, ma in casa nostra il diavolo non ha mai messo piede».

Non era ciò che il reverendo Thrower gli aveva detto, ma Armor ebbe il buon senso di non introdurre anche lui nella conversazione. «Allora è stato quel mendicante».

«Si guadagna il vitto e l’alloggio lavorando duro come chiunque altro».

«Dicono che ha conosciuto personalmente quel vecchio mago di Ben Franklin. E Tom Jefferson, l’ateo degli Appalachi».

«Sa raccontare delle belle storie. E comunque non è stato lui a guarire il ragazzo».

«Be’, qualcuno sarà pur stato».

«Forse è semplicemente guarito da solo. A ogni modo la gamba è ancora rotta. Perciò non è un miracolo o roba del genere. È uno che fa in fretta a guarire, tutto qui».

«Be’, forse è uno che fa in fretta a guarire perché il diavolo si prende cura della sua genìa».

Dalla luce che le scorse negli occhi quando Eleanor si voltò, Armor fu a un pelo dal pentirsi di ciò che aveva detto. Ma poi pensò che non ce n’era motivo. Il reverendo Thrower aveva detto che quel ragazzo era perfino peggio della Bestia dell’Apocalisse.

Bestia o ragazzo che fosse, tuttavia, era pur sempre il fratello di Elly, e sebbene di solito sua moglie fosse la persona più buona e cara del mondo, quando le saltava la mosca al naso poteva diventare un’autentica furia.

«Ritira quello che hai detto» disse Eleanor.

«Suvvia, questa è la cosa più stupida che abbia mai sentito. Come faccio a ritirare quello che ho detto?»

«Dicendo che sai che non è vero».

«Ma io non posso sapere se è vero o non è vero. Ho detto ‘forse’, e se uno non può più dire ‘forse’ a sua moglie quanto gli pare e piace, allora sarebbe meglio che fosse morto e sotterrato».

«Sono d’accordo. E se non ritiri quello che hai detto, non dubitare che preferiresti essere morto e sotterrato!» E si mosse verso di lui stringendo una mela in ciascuna mano.

Ora, il più delle volte che Elly si avvicinava a lui in quel modo, anche se era veramente arrabbiata, lui si lasciava rincorrere per la casa e di solito dopo un po’ lei finiva col mettersi a ridere. Ma non stavolta. Gli spiaccicò una mela in testa, l’altra gliela tirò addosso, e poi corse di sopra in camera, si mise a sedere sul letto e scoppiò in un pianto dirotto.

Poiché Eleanor non era tipo da mettersi a piangere, Armor ne concluse che le cose si erano spinte troppo oltre.

«Ritiro quello che ho detto, Elly. È un bravo ragazzo, questo lo so».

«Oh, di quello che pensi non m’importa nulla» scattò lei. «Di queste cose non capisci un accidente».

Non erano molti i mariti che si sarebbero fatti dire dalla moglie una cosa del genere senza mollarle un manrovescio. A volte Armor avrebbe voluto che Elly capisse come lo spirito di cristiana sopportazione del marito tornasse tutto a suo vantaggio.

«Qualcosa invece credo proprio di capirne» ribatté.

«Hanno intenzione di mandarlo via» disse Eleanor. «A primavera lo manderanno a bottega da qualcuno, come apprendista. Lui non ne è affatto entusiasta, questo è certo, ma non si oppone, se ne sta li disteso nel letto e ne parla tranquillamente, ma da come ti guarda sembra voler dire addio a tutti quanti».

«E come mai vogliono mandarlo via?»

«Te l’ho detto, per fargli imparare un mestiere».

«Da come lo tengono nella bambagia, mi è difficile credere che gli permettano di allontanarsi».

«E non parlano nemmeno di mandarlo qui nelle vicinanze. Addirittura al confine orientale del territorio dell’Hio, vicino a Fort Dekane. Pensa, praticamente a mezza strada tra qui e il mare».

«Sai, a pensarci bene non è affatto una decisione irragionevole».

«E perché?»

«Con questi Rossi che cominciano a creare problemi, preferiscono saperlo lontano di qui. Chiunque altro può restarsene qui in attesa di una freccia in fronte, ma non Alvin Junior».

Eleanor lo fissò con evidente disprezzo. «Qualche volta sei così sospettoso che mi fai venir voglia di vomitare, Corazza-di-Dio».

«Non sono sospetti. È la realtà».

«Tu non sapresti distinguere la realtà da un cavolfiore».

«Mi toglieresti questa mela dai capelli, o preferisci mangiartela?»

«Sì, sarà meglio che faccia qualcosa, o me la spiaccicherai tutta sulle lenzuola».

Scambiastorie si sentiva quasi un ladro a partire prendendo con sé tanta roba. Due paia di calzettoni grossi. Una coperta nuova. Un mantello di pelle d’alce. Carne essiccata al sole e formaggio. Una buona cote.

E le cose che non sapevano nemmeno di avergli donato. Un corpo riposato, senza più dolori e ammaccature. Un passo disinvolto. Volti cordiali bene impressi nella mente. E storie. Storie annotate nella parte del libro chiusa da una fibbia, la parte nella quale egli solo scriveva. E storie vere, scritte faticosamente dalle loro mani.

Dal canto suo Scambiastorie aveva contraccambiato la loro generosità, o per lo meno ci aveva provato. I tetti riparati per l’inverno, altri lavoretti qua e là. Soprattutto, avevano potuto leggere le parole scritte di pugno da Ben Franklin, e poi da Tom Jefferson, Ben Arnold, Pat Henry, John Adams, Alex Hamilton… persino da Aaron Burr, prima del duello, e da Daniel Boone, dopo. Prima che Scambiastorie arrivasse da loro, erano parte della loro famiglia, parte del territorio del Wobbish, e nulla più. Adesso appartenevano a storie molto più vaste. La guerra d’indipendenza degli Appalachi. Il Patto Americano. Ora vedevano la loro marcia faticosa in quelle regioni selvagge come un filo tra molti, e potevano avvertire la consistenza dell’arazzo che con quei fili era stato tessuto. In realtà non era nemmeno un arazzo, ma un tappeto. Un buon tappeto spesso e resistente che generazioni di americani dopo di loro avrebbero potuto calpestare. C’era una poesia, là dentro; e, prima o poi, l’avrebbe messa per iscritto.

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