Orson Card - Alvin l'apprendista

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Alvin l'apprendista: краткое содержание, описание и аннотация

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In un mondo dominato da magie, incantesimi e misteriose potenze negative, nasce Alvin “Settimo figlio di un settimo figlio” che possiede tutte le energie positive del Creato ed è destinato a combattere per la salvezza degli uomini e della Terra. Il giorno in cui nacque Alvin, Peggy — colei che vede tutti i futuri possibili — ne lesse il destino carico di dolori e pericoli, ma vide anche la missione a cui era predestinato. Una missione che gli avrebbe dato la gloria di essere ricordato come il costruttore di un mondo migliore.

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Il fabbro assunse un’espressione assente, come se fosse perso nel ricordo. «Sì, ti ha raccontato la verità, sono stato io a tirarlo fuori. Anche da morto era rimasto aggrappato alle radici di quell’albero, tanto che ho temuto di dover usare la scure per liberarlo. Vieni qui, ragazzo.»

Alvin gli si avvicinò. Il fabbro gli tastò e gli pizzicò i muscoli delle braccia.

«Be’, vedo che almeno non sei pigro. I ragazzi pigri si ammorbidiscono, ma tu sei forte come un contadino che lavora sodo. Su questo non potresti imbrogliarmi, credo. Eppure ancora non sai che cosa significhi lavorare sul serio.»

«Sono qui per imparare.»

«Ah, ne sono sicuro. Sai quanti ragazzi verrebbero di corsa a imparare da me? Gli altri mestieri vanno e vengono, ma di fabbri ci sarà sempre bisogno. Be’, in quanto al corpo mi sembri abbastanza forte. Vediamo il cervello. Guarda questa incudine. Questo, sulla punta, è il corno. Ripeti.»

«Corno.»

«E questa invece è la gola. E questa è la tavola. Non è ricoperta di acciaio duro, così che quando ci si batte sopra con uno scalpello a freddo, questo non perde il filo. Questo invece è il piano di acciaio sul quale si lavora il metallo caldo. E questo è il foro dove si appoggiano la presella, il martello per spianare e la chiodaia. E questo è il foro per punzonare, per quando faccio dei fori nella banda di ferro… Il punzone arroventato entra esattamente in questo spazio. Hai capito tutto?»

«Credo di sì, signore.»

«Allora ripeti una per una quali sono le parti dell’incudine.»

Alvin le ripeté meglio che poteva. Non si ricordava bene a che cosa servisse ciascuna, non tutte, almeno, ma se la cavò abbastanza bene, perché alla fine il fabbro annuì sorridendo. «Mi pare che tu non sia proprio idiota. Imparerai presto. Ed è un bene che tu sia grande per la tua età. Non dovrò tenerti per i primi quattro anni alla scopa e al mantice, come faccio con i ragazzi più piccoli. Ma l’età è un problema. Gli apprendisti di solito si tengono per sette anni, tuttavia il contratto firmato da tuo padre dice che resterai solo fino al compimento dei diciassette anni.»

«Ormai ne ho quasi dodici, signore.»

«Quello che devi capire è che voglio che tu resti per sette anni, se io lo ritenessi necessario. Non voglio vederti piagnucolare che vuoi andartene proprio quando hai imparato abbastanza da cominciare a renderti utile.»

«Sette anni, signore. Quando arriverà la primavera in cui starò per compiere diciannove anni, allora il mio tempo sarà scaduto.»

«Sette anni sono lunghi, ragazzo, e ho intenzione di farti mantenere la tua promessa. La maggior parte dei ragazzi cominciano a nove o dieci anni, qualcuno addirittura a sette, in modo da potersi guadagnare il pane già a sedici o diciassette anni e cominciare a guardarsi intorno in cerca di una moglie. Da te non tollererò niente del genere. Dovrai vivere da bravo cristiano, e levarti dalla testa di poter correre dietro alle ragazze dei dintorni, hai capito?»

«Sissignore.»

«Molto bene. I miei apprendisti dormono nel soppalco sopra la cucina. Mangerai a tavola con me, mia moglie e i miei figli. Ti sarò grato se in casa non aprirai bocca a meno che non ti venga richiesto… Non voglio che i miei apprendisti pensino di avere gli stessi diritti dei miei figli, perché non è così.»

«Sissignore.»

«E adesso devo scaldare di nuovo questa barra. Perciò puoi cominciare a darti da fare col mantice.»

Alvin si avvicinò all’impugnatura del mantice. Aveva la forma di una T, per essere azionato a due mani. Ma Alvin ne ruotò l’estremità in modo che assumesse la stessa angolazione del manico del martello quando il fabbro lo sollevava in aria. Poi cominciò ad azionare il mantice con un braccio solo.

«Che fai, ragazzo?» esclamò il nuovo padrone di Alvin. «Non durerai dieci minuti se azioni il mantice con un braccio solo.»

«Allora tra dieci minuti passerò al braccio sinistro» rispose Alvin. «Se devo chinarmi ogni volta che abbasso l’impugnatura, non diventerò mai abbastanza forte da maneggiare il martello.»

Il fabbro gli gettò un’occhiata di fuoco. Poi rise. «Hai la lingua svelta, ragazzo, ma anche cervello. Fa’ come vuoi, finché ce la fai, ma bada di non rallentare perché ho bisogno di un fuoco bello caldo, e questo per adesso è più importante che rinforzare le tue braccia.»

Alvin cominciò a pompare. Ben presto avvertì il dolore del movimento cui non era abituato rodergli il collo, il petto e il dorso. Eppure continuò a lavorare, senza mai interrompere il ritmo del mantice, costringendo il suo corpo a soffrire. Avrebbe potuto far sì che i muscoli gli si sviluppassero immediatamente, insegnando loro la via con i suoi poteri segreti. Ma non era quello lo scopo per cui Alvin si trovava lì, di questo era sicuro. Perciò lasciò che il dolore facesse come meglio credeva; lasciò che il suo corpo si sviluppasse naturalmente, e ogni nuovo muscolo fosse conquistato grazie a un faticoso esercizio.

Alvin resisté quindici minuti con la mano destra, dieci con la sinistra. I muscoli gli dolevano, e quella sensazione gli piacque. Makepeace Smith sembrava soddisfatto di lui. Alvin capì che in quel luogo sarebbe cambiato, che quel lavoro avrebbe potuto fare di lui un uomo forte e abile.

Un uomo, non un Creatore. Non era lì che si sarebbe compiuto il suo destino. Ma poiché il mondo non vedeva un Creatore da un migliaio di anni o giù di lì, presso chi avrebbe dovuto svolgere il suo apprendistato al fine d’imparare quel mestiere?

IV

MODESTY

Whitley Physicker aiutò Peggy a scendere dal calesse di fronte a una bella casa a due piani in uno dei quartieri più eleganti di Dekane. «Preferirei accompagnarti fino alla porta, Peggy Guester, tanto per accertarmi che ci sia qualcuno in casa per accoglierti» disse il dottore, ma Peggy capì che non si aspettava che lei gli consentisse di farlo davvero. Se c’era una persona al mondo che sapeva quanto lei detestasse avere gente intorno, quella era proprio il dottor Whitley Physicker. Perciò Peggy lo ringraziò e lo salutò calorosamente.

Mentre alzava il batacchio della porta, udì il calesse allontanarsi e gli zoccoli del cavallo echeggiare sul lastricato. Le venne ad aprire una cameriera, una ragazza tedesca sbarcata così recentemente in America da non sapere nemmeno quel tanto d’inglese necessario a chiedere il nome di Peggy. La invitò a entrare con un gesto, la fece sedere su una panca nell’ingresso, quindi le porse un vassoio d’argento.

A che cosa serviva quel vassoio? Da quello che scorgeva nella mente di quella giovane straniera, Peggy non riuscì a raccapezzare quasi nulla. Si aspettava qualcosa… Ma che cosa? Un foglietto di carta? Peggy non riusciva davvero a capire. La ragazza le avvicinò ancora il vassoio, con insistenza. Peggy non poté che alzare le spalle.

Alla fine la giovane tedesca lasciò perdere e se ne andò. Peggy attese, seduta sulla panca. Esplorò la casa in cerca di fiamme vitali, e trovò quella per cui era venuta. Solo allora comprese a che cosa serviva quel vassoio… per il suo biglietto da visita. In città le persone, o almeno i ricchi, portavano con sé dei bigliettini con su scritto il loro nome, per annunciarsi quando andavano a far visita a qualcuno. Peggy ricordò addirittura di aver letto qualcosa del genere in un libro, ma era un libro sulle Colonie della Corona, e non avrebbe mai creduto che anche nei territori liberi la gente stesse dietro a simili formalità.

Poco dopo fece il suo ingresso la padrona di casa. La ragazza tedesca la seguiva come un’ombra, adocchiando Peggy da dietro l’elegante abito da pomeriggio della sua donna. Dalla fiamma vitale della nuova arrivata, Peggy capì che non si sentiva vestita in maniera particolarmente elegante; tuttavia ai suoi occhi parve una regina.

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