Orson Card - Il profeta dalla pelle rossa

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Il profeta dalla pelle rossa: краткое содержание, описание и аннотация

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L’America tranquilla e pacifica in cui Alvin è nato non esiste più: l’uomo bianco ha strappato la terra all’uomo rosso, ha tagliato, distrutto, bruciato. Il giovane Alvin, inconsapevole incarnazione di un potere arcano, è il solo che può ridare speranza a quella terra martoriata. Con l’aiuto di Ta-Kumsaw, un Rosso forte e orgoglioso, e di suo fratello Lolla-Wossiky, Alvin troverà la forza di battersi per la salvezza della sua terra, di cui vedrà persino il lontano e incerto futuro.

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«Ma tu gli dirai che non sono morto.»

«Sì, andrò a raccontargli che ti ho visto ammorbidire lame d’acciaio, camminare sull’acqua, prendere il volo in una tromba d’aria… Sapendo che trascorri una vita così monotona e priva di rischi insieme con questi Rossi, dormiranno sicuramente sonni tranquilli.»

Ta-Kumsaw lo interruppe: «Non sei che un vigliacco» disse. «Hai paura di dire la verità a tuo padre e a tua madre.»

«Ho dato loro la mia parola» si ostinò Measure.

«Non sei che un vigliacco. Non vuoi correre il rischio. Hai paura dei pericoli. Vuoi che Alvin resti con te per proteggerti!»

Per Measure questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Sferrò un pugno col braccio destro, fermamente intenzionato a entrare in contatto col sorriso di Ta-Kumsaw. Quando Ta-Kumsaw parò il colpo, Measure non ne rimase sorpreso; ciò che lo turbò fu la facilità con cui il Rosso gli aveva afferrato il polso, torcendolo da una parte. Measure si infuriò ancora di più e cercò di piazzare un sinistro al ventre di Ta-Kumsaw. Stavolta il contatto ci fu, ma il ventre del capo non era più cedevole di un ceppo di legno, e un istante dopo Ta-Kumsaw gli aveva immobilizzato anche l’altra mano.

Così Measure fece ciò che al suo posto avrebbe fatto qualsiasi buon lottatore. Alzò di scatto il ginocchio, centrando in pieno Ta-Kumsaw in mezzo alle gambe.

Ora, Measure fino a quel momento aveva fatto ricorso a quella mossa solo due volte, e in entrambi i casi il suo avversario era rovinato a terra senza opporre resistenza, contorcendosi come un lombrico calpestato. Ta-Kumsaw invece restò lì dritto impalato, come intento ad assorbire il dolore, sempre più infuriato a ogni istante che passava. Siccome stringeva sempre Measure per i polsi, il ragazzo cominciò a temere che dalla rabbia il Rosso gli strappasse in un colpo solo entrambe le braccia.

Ma Ta-Kumsaw lo lasciò andare.

Measure ritrasse le braccia e si strofinò i polsi indolenziti dove le dita del capo avevano lasciato una serie di segni bianchi. Ta-Kumsaw sembrava infuriato, certo, ma non con Measure. Era con Alvin che ce l’aveva. Si voltò abbassando sul ragazzo uno sguardo fiammeggiante, come se fosse stato sul punto di scuoiarlo vivo e fargli mangiare la sua stessa pelle.

«Hai osato giocarmi i tuoi sporchi trucchetti da Bianco» disse.

«Non volevo che nessuno dei due si facesse male» si giustificò Alvin.

«Mi ritieni un vigliacco come tuo fratello? Pensi che abbia paura del dolore?»

«Measure non è un vigliacco!»

«Già una volta mi ha buttato a terra con uno dei suoi trucchi!»

A Measure non piacque udire per la seconda volta la stessa accusa. «Sai benissimo che non gli avevo chiesto nulla! Battiamoci ora, se vuoi, e combatterò lealmente!»

«Prendendomi a ginocchiate?» disse Ta-Kumsaw. «Tu non sai che cosa voglia dire battersi da uomo.»

«Mi batterò con te in qualsiasi modo tu voglia» lo sfidò Measure.

Ta-Kumsaw sorrise. «Al gatlopp, allora.»

Ormai intorno a loro si era raccolta una piccola folla di Rossi, che alla parola gatlopp cominciarono a ridere e a lanciare urla di spregio.

Non c’era un solo Bianco in America che non avesse sentito narrare come Daniel Boone fosse riuscito a sfuggire ai Rossi la prima volta che lo avevano catturato, quando l’avevano fatto passare sotto il gatlopp, e lui era partito di corsa e non si era più fermato; ma circolavano anche storie di Bianchi che erano stati bastonati a morte. Scambiastorie aveva raccontato loro qualcosa a questo proposito, l’ultima volta che era stato da loro, l’anno precedente. Il gatlopp era come un processo, in cui i Rossi ti colpivano con maggiore o minor forza a seconda di quanto ti ritenessero meritevole di morte. Se ti ritenevano un coraggioso, ti picchiavano forte per metterti alla prova. Ma se ti consideravano un vigliacco, ti fracassavano le ossa in modo che tu non potessi uscirne vivo. Il capo non poteva ordinare al gatlopp con quanta forza colpire, o dove. Era il sistema di far giustizia più democratico e spietato che esistesse sulla faccia della terra.

«Vedo che hai paura» disse Ta-Kumsaw.

«Certo che ho paura» disse di rimando Measure. «Sarei un idiota a non averne, soprattutto visto che i tuoi ragazzi già mi considerano un vigliacco.»

«Mi sottoporrò anch’io alla prova, camminando davanti a te» decise Ta-Kumsaw. «E dirò loro di colpirmi con la stessa forza con cui colpiranno te.»

«Non lo faranno» borbottò Measure.

«Se glielo dico, lo faranno» disse Ta-Kumsaw. Doveva aver visto l’incredulità sul viso di Measure, perché subito dopo aggiunse: «Se così non fosse, passerò sotto il gatlopp una seconda volta».

«E se mi uccideranno, morirai anche tu?»

Ta-Kumsaw studiò per qualche istante il corpo di Measure. Magro e forte Measure sapeva di esserlo, a forza di abbattere alberi e spaccar legna, portare secchi d’acqua, sollevare balle di fieno e issare sacchi di grano nel mulino. Ma non era duro. La sua pelle era malamente scottata a causa del sole preso sulle dune, anche se aveva cercato di proteggersi con una coperta. Forte ma morbido, così lo giudicò Ta-Kumsaw dopo averlo studiato.

«Il colpo capace di ucciderti» disse Ta-Kumsaw «a me non procurerebbe che qualche livido.»

«Allora ammetti che non è leale.»

«Lealtà è quando due uomini affrontano lo stesso dolore. Coraggio è quando due uomini affrontano lo stesso dolore. Tu non vuoi una prova leale, vuoi una prova facile. Vuoi esser sicuro. Sei un vigliacco. Sapevo che non l’avresti fatto.»

«Lo farò» disse Measure.

«E tu!» esclamò Ta-Kumsaw, puntando il dito verso Alvin. «Non toccherai nulla, non curerai nulla, non guarirai nulla, non allevierai il dolore di nessuno!»

Alvin non proferì verbo, limitandosi a fissarlo. Era l’espressione che Alvin assumeva quando non aveva la minima intenzione di fare quello che gli dicevi.

«Al» intervenne Measure. «Devi promettermi che non ti immischierai.»

Al strinse più forte le labbra e non rispose.

«È meglio che tu mi prometta di non immischiarti, Alvin Junior, o io a casa non ci andrò proprio.»

Alvin promise. Ta-Kumsaw annuì e si avvicinò ai suoi ragazzi, rivolgendosi a loro in shawnee. A Measure dalla paura veniva voglia di vomitare.

«Perché hai paura, uomo bianco?» chiese il Profeta.

«Perché non sono uno stupido» disse Measure. «Solo uno stupido non avrebbe paura di passare sotto il gatlopp.»

Il Profeta rise e se ne andò.

Alvin era di nuovo seduto sulla sabbia, intento a disegnare col dito, o a scrivere, o quel che era.

«Non sei arrabbiato con me, vero, Alvin? Perché devo proprio dirtelo, non puoi essere arrabbiato con me più di quanto io non sia arrabbiato con te. Verso questi Rossi non hai alcun debito, ma verso papà e mamma ce l’hai, eccome. Così come stanno le cose, non posso costringerti a far nulla, ma posso dirti che mi vergogno di vederti dalla loro parte, contro di me e il resto della tua famiglia.»

Al sollevò lo sguardo, e i suoi occhi erano pieni di lacrime. «Forse in realtà sono dalla parte della mia famiglia, non ci hai pensato?»

«Mi pare un modo ben strano, visto che in questo modo sicuramente farai star male tuo padre e tua madre per mesi e mesi.»

«Non ti viene mai da pensare a qualcosa di più grande della nostra famiglia? Non ti viene da pensare che forse il Profeta stia preparando un piano per salvare la vita a migliaia e migliaia di Rossi e di Bianchi?»

«Ecco la differenza tra me e te» disse Measure. «Io non credo che esista qualcosa di più grande della famiglia.»

Quando Measure se ne andò, Alvin stava ancora scrivendo. Measure non aveva fatto caso a ciò che Alvin aveva scritto sulla sabbia. L’aveva visto, ma non l’aveva guardato , non l’aveva letto. Ora, tuttavia, quelle parole gli balzarono alla mente, SCAPPA SUBITO, ecco quello che Alvin stava scrivendo. Un messaggio per lui? E allora perché non gliel’aveva comunicato a voce? La cosa non aveva senso. Probabilmente quelle parole non erano dirette a lui. E sicuramente Measure non aveva la minima intenzione di scappare. Se l’avesse fatto, Ta-Kumsaw e tutti quei Rossi lo avrebbero considerato per sempre un vigliacco. E poi che differenza ci sarebbe stata? In quei boschi i Rossi l’avrebbero acchiappato in un batter d’occhio, e l’avrebbero comunque fatto passare sotto il gatlopp, solo che stavolta sarebbe stato molto peggio.

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