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Licia Troisi: Nihal della Terra del Vento

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Licia Troisi Nihal della Terra del Vento

Nihal della Terra del Vento: краткое содержание, описание и аннотация

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Nihal è davvero strana, nel Mondo Emerso sembra non esserci nessuno come lei: grandi occhi viola, orecchie appuntite, capelli blu. È stata cresciuta da un armaiolo e vive in una delle tante città-torri della Terra del Vento, giocando a combattere insieme a un gruppo di amici che l’ha eletta capo per la sua forza e agilità. Ma tutto cambia all’improvviso quando la Terra del Vento viene attaccata dal Tiranno, il despota che già ha conquistato cinque delle otto Terre che compongono il Mondo Emerso. A nulla vale la resistenza dell’esercito dei popoli liberi, né i maghi che cercano di proteggere le città con incantesimi. A Nihal rimane solo una scelta: diventare un vero guerriero e difendere gli innocenti che rischiano di cadere sotto il potere del Tiranno.

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Tutta la determinazione di Nihal si sciolse come neve al sole. Aveva immaginato che la prova sarebbe stata dura, ma quel che le proponeva Soana era spaventoso. Le ritornarono in mente tutte le storie che aveva sentito sul conto di quel bosco, sul fatto che nessuno ne fosse mai uscito vivo e sui terribili spiriti maligni che lo popolavano. Per non parlare dei criminali o della peggior feccia umana che ne aveva fatto il proprio regno.

Un’idea rassicurante diradò la sua paura. «Be’, se siamo io e te…»

«No, Nihal. Sarai sola.»

Il terrore la riagguantò. «Ma… ma perché devo essere sola? Girano brutte voci sulla Foresta e io, ecco…»

«Pensi che proprio io, la sorella di tuo padre, ti manderei sola in un luogo pericoloso? Credimi, la Foresta è forse uno dei luoghi più sicuri di tutta la regione: il timore tiene lontani sia i malintenzionati sia la gente onesta, e bestie feroci non ce ne sono. Quelle che hai sentito sono favole per spaventare i bambini. Io non posso rimanere con te: devi essere sola per poterti meglio concentrare.»

Nihal balbettò ancora qualcosa: «Io non… ti prego…».

Soana le sorrise. «Su, fatti coraggio e affronta questa prova da bravo guerriero.»

La discussione si estinse nei preparativi per la partenza: Soana predispose una bisaccia con lo stretto necessario e solo dopo le insistenze di Nihal le permise di portare con sé la spada.

Si incamminarono nel silenzio del bosco.

Il sole filtrava tra gli scarni rami giocando a proiettare macchie di luce sulle foglie secche del sottobosco. La paura avvolgeva ancora Nihal, ma a tratti scemava di fronte a quello spettacolo. Il bosco però era anche pieno di ombre e fruscii, ciascuno dei quali le riportava subito alla mente timori e dicerie.

Nihal iniziò a sentirsi scrutata da mille occhi, quasi che le foglie stesse avessero sguardi maligni. Si voltava a ogni rumore e camminava con passo malcerto dietro a Soana, che invece procedeva spedita. Più di una volta le venne voglia di dire che rinunciava, alla magia e a tutto il resto: non c’era nulla che valesse un simile sacrificio. Ma alla fine l’orgoglio fu più forte del terrore.

Camminarono per un’ora buona, finché giunsero in una piccola radura circolare, lambita da una polla di acqua limpida. Al centro della radura c’era una specie di rozzo sedile di pietra.

«È qui» disse Soana.

Nihal si guardò intorno col cuore in gola. «Ma cosa devo fare?»

«Siediti sulla roccia, libera la mente da ogni preoccupazione e pensa solo alla vita che ti cresce intorno. A un tratto la sentirai fluire attraverso il tuo corpo e quello sarà il segno che hai raggiunto la comunione.» La maga si incamminò sulla via del ritorno. «Ci vediamo tra due giorni.»

«Aspetta! E poi?» chiese Nihal nel disperato tentativo di trattenerla ancora.

«E poi io verrò e ti chiederò di mostrarmi il tuo potere. È tutto. A presto, Nihal.»

La ragazza cercò ancora di chiamarla, con voce sempre più alta e disperata, ma il bosco aveva già inghiottito la maga. Allora cadde in ginocchio e lo sconforto l’attanagliò così forte che iniziò a piangere.

Era sola. E aveva paura. Quanta non ne aveva mai avuta in vita sua.

Gli alberi spogli le parvero scheletri pronti ad assalirla e la radura una prigione di legno. Se gli spiriti maligni l’avessero visitata, chi l’avrebbe sentita urlare in quella solitudine immensa? Pianse per quasi un’ora. Poi, più per stanchezza che per altro, si calmò.

Un uccellino ritardatario si era posato poco lontano da lei e beveva dalla pozza con rapidi guizzi del capo. La scena la distolse dalle sue paure; cercando di fare il minor rumore possibile afferrò la bisaccia e ne estrasse un pezzettino di pane. Lo sbriciolò e lo gettò nei pressi dell’uccellino – doveva essere un piccolo migrante della specie dettatestaquadra – che dapprima sembrò spaventarsi, poi si convinse che non c’era pericolo e si buttò con foga sulle molliche.

Nihal mise qualche briciola sulla palma e lo tese all’uccellino, che le guardò sospettoso per qualche minuto prima di saltarle in mano. Nihal pensò che se nel bosco vivevano creature come quella, forse gli spiriti maligni non erano poi così numerosi come si diceva. D’altronde, indietro non poteva tornare, visto che non conosceva la strada.

Tanto valeva cercare di superare la prova.

Quando l’uccellino volò via Nihal fu di nuovo sola. Si accomodò sulla pietra e pose la spada al suo fianco, pronta per ogni evenienza.

Cercò di concentrarsi, ma si accorse che non era facile: scattava a ogni minimo fruscio e la mano correva subito all’arma. Purtroppo la Foresta era piena di scricchiolii di ogni sorta: se Nihal chiudeva gli occhi le sembrava di udire passi furtivi e l’unico modo per tranquillizzarsi era riaprirli e guardarsi intorno. Era assolutamente impossibile cercare di entrare in contatto con la natura in quelle condizioni, perché Nihal quella natura la sentiva nemica.

All’ora di pranzo era esausta.

Cercò di mangiare, ma aveva lo stomaco chiuso.

Tentò di dormire, perché si sentiva mortalmente stanca, ma non ci riuscì: la paura non le dava tregua.

Allora si gettò sull’erba e guardò il cielo al di sopra della radura: fantasticò di essere un uccello per poter volare via da lì, lontano, verso straordinarie avventure. Riprese a piangere sommessamente: sentiva il disperato bisogno di avere vicino qualcuno con cui parlare.

I guerrieri non piangono, i guerrieri non hanno paura , si ripeteva, e a poco a poco quella litania ebbe il potere di calmarla.

Si disse che avrebbe affrontato la prova con coraggio.

Si accomodò di nuovo sulla pietra e provò a concentrarsi. Le cose andarono meglio: si era abituata agli scricchiolii e non dava loro più peso. Iniziò persino a percepire la vita della natura, ma sentiva che quella vita scorreva accanto a lei senza neppure sfiorarla.

Quando iniziò a calare la notte si rese conto di non essere capace di accendere un fuoco. Il buio avanzava inesorabile e Nihal si sentiva sempre più sperduta: sgranava disperatamente gli occhi per cercare di vedere, ma l’oscurità la avvolgeva sempre più velocemente.

D’un tratto, uno scricchiolio diverso dal solito. Nihal tese le orecchie. Passi. Prese la spada e si mise in posizione di attacco.

«Chi è là?» domandò incerta.

Nessuna risposta. I passi continuarono a risuonare ritmici.

«Chi è?» chiese più forte.

Silenzio.

Allora si lasciò prendere dal panico. «Chi diavolo è? Rispondete! Rispondete!» urlò a squarciagola, mentre i passi erano ormai a pochi metri da lei.

«Zitta, Nihal, sono io!»

Sennar. Era la sua voce.

Nihal gettò via la spada e gli si avventò contro piangendo. Lo tempestò di pugni sul petto, ma quando sentì le sue braccia che la stringevano lo abbracciò con forza, singhiozzando senza ritegno e dimenticando che si trattava del suo più acerrimo nemico.

«Su, su, non piangere. Ora ci sono qui io. È tutto finito.»

Per prima cosa Sennar accese il fuoco. Cercò qualche bastoncino secco, ne fece un mucchietto e vi pose sopra la mano. Essa divenne insolitamente luminosa e poco dopo il fuoco avvampò allegro e scoppiettante. Nihal si era asciugata le lacrime ma singhiozzava ancora rannicchiata in disparte.

«Sono venuto di nascosto, non credo che Soana avrebbe approvato.» Sennar ridacchiò. «È che so quanta paura ha la gente della Terra del Vento della Foresta e immaginavo che fossi terrorizzata. Scusami se ti ho spaventata, non volevo.»

Nihal tirò su col naso. «Grazie.»

«E di che? I nemici bisogna tenerseli cari!»

La ragazzina sorrise. Era felice di non essere più sola. Il fuoco crepitante le dava sicurezza e improvvisamente la radura le sembrava una stanzetta accogliente.

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