Licia Troisi - Nihal della Terra del Vento

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Nihal della Terra del Vento: краткое содержание, описание и аннотация

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Nihal è davvero strana, nel Mondo Emerso sembra non esserci nessuno come lei: grandi occhi viola, orecchie appuntite, capelli blu. È stata cresciuta da un armaiolo e vive in una delle tante città-torri della Terra del Vento, giocando a combattere insieme a un gruppo di amici che l’ha eletta capo per la sua forza e agilità. Ma tutto cambia all’improvviso quando la Terra del Vento viene attaccata dal Tiranno, il despota che già ha conquistato cinque delle otto Terre che compongono il Mondo Emerso. A nulla vale la resistenza dell’esercito dei popoli liberi, né i maghi che cercano di proteggere le città con incantesimi. A Nihal rimane solo una scelta: diventare un vero guerriero e difendere gli innocenti che rischiano di cadere sotto il potere del Tiranno.

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Nihal si sentì pervasa da una luce immensa, da un tepore avvolgente. Sentì che il suo cuore non poteva contenere tutta quella bellezza sovrumana ed ebbe paura di perdersi. Ma fu come se braccia materne la stringessero, la confortassero, le insegnassero che nel fulgore della bellezza ognuno mantiene la propria identità pur facendo parte di un tutto indivisibile. E allora iniziò a viaggiare sulle ali del vento, a cavallo di nuvole multiformi.

Vide terre dove i boschi non finivano mai e tutto era d’un verde accecante. Poi le sembrò di essere erba, fiore, di stendere i suoi petali delicati al tocco dei raggi del sole. E poi fu albero, e sentì le sue fronde penetrare il cielo e tendere le foglie al soffio dei venti. Fu frutto e fu uccello, fu pesce e animale. E infine nuda terra, da cui ogni seme riceve vita e da cui ogni essere proviene.

In un attimo le sembrò di aver compreso il senso dell’esistenza.

Si sentì vecchia di mille anni e saggia.

Sentì di essere nata, vissuta e morta miliardi di volte in ciascuno degli esseri che avevano calcato il Mondo Emerso.

Sentì che la vita non sarebbe mai finita.

Nihal riaprì gli occhi e fu come tornare a terra all’improvviso.

Era notte fonda. Seduta immobile su quella roccia aveva viaggiato nel cuore della natura per un giorno intero. Si appoggiò esausta allo schienale di pietra e solo allora si accorse che i folletti faceva cerchio ai suoi piedi. Ciascuno di loro irradiava una tenue luce colorata. In mezzo a tutti stava Phos: steso a pancia in giù, il mento tra le mani, la guardava sorridente.

«Come è stato?»

«Meraviglioso» rispose Nihal con gli occhi e il cuore ancora pieni di stupore.

Alla cena aveva provveduto Phos.

«Tu stattene qui buona. Noi cerchiamo qualcosa da mettere sotto i denti» le aveva detto, e rapido era scomparso nel folto con un nutrito codazzo di suoi simili. Quando era riapparso portava con sé, avvolto in un panno tenuto per i quattro lembi da altrettanti folletti, un grosso mucchio delle migliori primizie dell’autunno.

Dopo che si furono abbuffati di frutta secca, Phos porse a Nihal una ciotola colma di un liquido denso e trasparente. «Assaggia.»

Nihal annusò perplessa.

«Assaggia, ti dico. È buonissimo, e poi aiuta a riprendersi dalle grandi fatiche.»

Nihal ne portò un po’ alle labbra: effettivamente era squisito.

«È ambrosia, la resina del Padre della Foresta, l’albero più grande di questo bosco. Mica male, vero?»

Nihal ne bevve a sazietà, tra le chiacchiere di Phos e degli altri folletti. Quando alla fine si accoccolò sull’erba, con l’idea di guardare le stelle, si addormentò all’istante.

Quella notte il suo sonno fu del tutto privo di sogni.

Il mattino seguente si svegliò perfettamente riposata. Phos era accanto a lei, solo.

«Oggi vai via?»

Nihal si stropicciò gli occhi. «Credo di sì. Dovrebbe arrivare Soana a prendermi.»

«Ora siamo amici, vero?»

«Certo che lo siamo!»

«Ho una cosa per te. Un pegno d’amicizia.»

Il folletto le porse una gemma: era bianca, ma al suo interno brillavano migliaia di pagliuzze di tutti i colori dell’arcobaleno. Nihal se la girò e rigirò tra le mani guardandola con ammirazione.

«È una Lacrima» spiegò Phos. «Si trova ai piedi del Padre della Foresta: quando l’ambrosia si secca forma queste pietre. È una specie di catalizzatore naturale, che potenzia e aumenta la durata delle magie. Ho pensato che fosse un bel regalo da farti, per quando sarai maga. E poi è un segno di riconoscimento: di alberi come il Padre della Foresta ce ne sono in ogni bosco, quindi le Lacrime sono il simbolo del nostro popolo. Dovunque andrai, i folletti ti riconosceranno come amica.»

«Grazie, Phos. È… è bellissima.»

Nihal era commossa. Avrebbe voluto ricambiare quel dono, ma non aveva nulla di altrettanto significativo. Poi vide la sua spada, ancora appoggiata al trono di roccia. «Io non ho oggetti così preziosi da darti» disse al folletto. «Però la cosa che mi sta più a cuore è la mia spada. La farò fondere da mio padre e ti porterò uno spadino adatto alle tue dimensioni.»

Phos sbatté le ali con entusiasmo. «Vedrai, imparerò a tirare di spada e diventerò il più forte folletto spadaccino del Mondo Emerso.»

Risero insieme, poi Phos drizzò le orecchie.

«Sta arrivando Soana. Meglio che non mi veda. Non sarebbe contenta di sapere che ti ho aiutata.»

Le sorrise un’ultima volta e si dileguò veloce come un lampo.

Soana giunse poco dopo, accompagnata da Sennar. Era ancora più bella del solito. Per l’occasione indossava una sontuosa tunica viola con rune e simboli magici ricamati in nero e oro. «Come è andata?» le chiese.

Nihal pregustava già il trionfo. «Bene. Sono entrata in comunione con la natura. È stata un’esperienza fantastica.»

Soana sorrise misteriosa e fece un cenno a Sennar. «Vedremo.»

Il giovane mago estrasse dalla sua sacca sei pietre, le dispose a terra secondo un ordine preciso e si concentrò: all’improvviso si formarono sei scie luminose a congiungere le pietre a coppie, formando una stella. Quindi pose la sua mano al centro e il fuoco divampò alto.

Solo allora Soana si fece avanti. Chiuse gli occhi e allargò le braccia, tenendo le palme delle mani rivolte verso il cielo. «Per l’aria e l’acqua, per il mare e il sole, per i giorni e le notti, per il fuoco e la terra, invoco te, spirito supremo, perché l’animo del mio discepolo sia temprato dalle lingue del tuo fuoco.»

La fiamma si fece più vivida.

Soana aprì gli occhi e guardò intensamente la sua aspirante allieva.

«Metti la mano nel fuoco, Nihal.»

Nihal credette di non aver capito. «Scusa?»

«Ho detto di mettere la mano nel fuoco» ripeté Soana, seria. Nihal si sentì morire. «Come, la mano nel…»

«Nihal. Obbedisci.»

Lo sguardo di Soana non ammetteva repliche, ma a Nihal tremavano le gambe e il suo braccio si rifiutava di muoversi. Toccò a lei chiudere gli occhi e pregare disperatamente che la natura l’avesse accettata davvero. Tutto è uno e uno è tutto, la fiamma non brucia perché è parte di me e io sono parte di lei , si ripeteva mentre tendeva la mano. Quando sentì avvicinarsi il calore, il coraggio le venne meno. Aveva la bocca secca e il cuore le batteva all’impazzata. Tutto è uno e uno è tutto. Tutto è uno e uno è tutto… Adesso, o mai più! Nihal trattenne il fiato e le lacrime e immerse la mano nel fuoco.

Nessun dolore. Neppure il calore che aveva sentito poco prima.

Quando ebbe il coraggio di riaprire gli occhi rimase incantata: la sua mano era circondata da lingue di fiamma che la avvolgevano come un guanto.

Poi Soana batté una volta le mani, il fuoco scomparve, la fiamma si dissolse e tutto tornò come prima.

Nihal si guardò stupefatta la mano: era rosea e fresca.

«È un miracolo…» sussurrò, come parlando a se stessa.

«No, Nihal. È un fuoco magico. Se tu mi avessi mentito, la tua mano ora sarebbe cenere.»

Soana le cinse le spalle con un braccio. «Sei stata davvero brava, mia allieva.»

E Nihal sentì d’aver vinto.

Iniziò il tempo dell’addestramento.

Per Nihal fu un periodo faticoso ma affascinante. Imparò ad apprezzare la magia a poco a poco. Ogni nuovo incantesimo la faceva sentire sempre più parte della vita che pulsa in ogni cosa e che aveva sentito nella radura.

Certo, la meditazione la annoiava e i mille esercizi preparatori, indispensabili all’apprendimento di un nuovo sortilegio, la snervavano. Ma al tempo stesso cominciava ad appassionarsi a quegli sforzi e sentiva scendere nel suo spirito una calma a cui non era abituata.

Non ci volle molto, tuttavia, perché fosse chiaro che il suo destino non era quello. Nihal imparava con facilità, ma le mancava la prepotenza della forza magica tipica dei grandi maghi, che in Sennar invece era ben evidente.

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