«A me basta anche solo sapere com’era, visto che a quanto pare ho preso tutto da lei.»
«Era molto giovane, più di tuo padre, e molto bella.» Soana parlava senza guardare la ragazzina, con lo sguardo perso verso la Foresta. «Morì che tu eri nata da pochi giorni.»
«E questi capelli, questi occhi? Queste cavolo di orecchie a punta?»
«Di persone con queste caratteristiche, come te e tua madre, ne nascono pochissime. Una ogni mille anni, si dice. Devi ritenerti fortunata.»
Soana sorrise, e la ragazzina si sentì di contraccambiare.
Passarono il resto del pomeriggio a parlare dell’infanzia di Soana e Livon a Salazar. Nihal si divertì molto. La maga era schiva e riusciva a controllare le proprie emozioni, però a tratti i sentimenti emergevano sul suo volto, che si colorava di tenerezza o di ilarità. In quei momenti Nihal riusciva a vedere quanto in realtà essa assomigliasse al fratello.
Sennar tornò che era già buio. Nihal e Soana avevano preparato la cena insieme. Fu buffo: quando si trattava di maneggiare una spada non aveva rivali, ma in cucina Nihal era un disastro.
A cena l’atmosfera di complicità che s’era instaurata fra zia e nipote parve spezzarsi: la maga non fece che parlare di arti magiche con Sennar e Nihal si annoiò. A quanto pareva Soana era disposta a lasciar trasparire qualcosa di sé solo in casi eccezionali.
Quando fu il momento di andare al letto, scoppiò il dramma.
«Dividerai la stanza con Sennar» disse Soana. «Gentilmente ti cede il suo letto. Lui starà sul pavimento.»
Nihal divenne rossa come un peperone. «Io dormo da sola.»
«Guarda che non mordo…» ribatté il ragazzo mentre portava le coperte per il suo giaciglio.
«Buonanotte, Nihal. Buonanotte, Sennar.»
Soana si ritirò nella sua stanza. La questione era chiusa.
Nihal si sedette sul letto di Sennar con aria truce.
«Devi cambiarti? Vuoi che esca?» le chiese lui.
Nihal lo fulminò con lo sguardo. «Dormo vestita.»
«Be’, io no. Ti spiacerebbe voltarti?»
La ragazzina non se lo fece ripetere due volte. Affondò la testa nel cuscino più che poteva.
«Fatto!»
Quando si girò, Sennar era sdraiato sul pavimento sotto uno strato di coperte. Al centro della stanza brillava un fuocherello azzurro che la rischiarava piacevolmente. Nihal non poté impedirsi di guardare con ammirazione l’incantesimo.
«Ti dà fastidio?»
Nessuna risposta.
«Be’, allora lo lascio acceso. Buonanotte.»
Per un po’ Sennar stette zitto, poi non riuscì a trattenersi. «Guarda che lo so che mi detesti. Mi hai stretto la mano solo perché te l’ha chiesto Soana. Comunque mi hai stupito: credevo che mi avresti picchiato pur di riavere il tuo pugnale. Non avrei mai immaginato che avresti deciso di imparare la magia.»
Nihal si ostinava a tacere; no, non avrebbe detto neppure una parola.
«Va bene, lo ammetto: ho approfittato di una tua debolezza, sono stato un po’ vile. Va bene così? Però il pugnale mi serviva: ci sono molte magie che hanno bisogno di lame appuntite. Magari te ne faccio vedere qualcuna.»
Nihal era muta come un pesce, ma Sennar non si fece scoraggiare. Scostò le coperte, si mise seduto e incrociò le gambe. «Senti, io non ho sonno. Se ti do noia, interrompimi.»
Da quel momento in poi non tacque un attimo.
Raccontò di quanto amasse il tempo uggioso dell’autunno; di come trovasse Soana straordinaria, come donna e come maga; del fatto che Soana ogni tanto parlasse di lei e di una quantità di cose più o meno futili.
Nihal taceva e si sforzava di disinteressarsi a quel cicaleccio, ma non ci riusciva. Un po’ voleva saperne di più di sua zia, un po’ doveva ammettere che le piaceva ascoltare quel tizio che la subissava di aneddoti.
Dopo un tempo indefinito si decise a fermare il monologo di Sennar. «Senti un po’, si può sapere che cosa ti ho fatto? Perché hai voluto umiliarmi di fronte a tutti?»
Sennar si fece serio. «Perché? Perché tu giochi alla guerra senza conoscerla, Nihal.»
«E tu che ne sai della guerra?»
«Io sono nato e cresciuto sui campi di battaglia tra la Terra del Mare e la Grande Terra. E, credimi, la guerra non è come la immagini. È tutt’altro che un gioco e non ha nulla di divertente.»
A quelle parole Nihal non seppe come controbattere.
«E comunque adesso è davvero tardi. Domani dovrai fare la tua prova, è bene che tu dorma. Buonanotte.» Il ragazzo con i capelli rossi si seppellì sotto le coperte.
Nihal rimase per un po’ ad ascoltare il suo respiro nel buio.
Quando Nihal si svegliò il cielo era limpido e il sole splendente. Era una di quelle giornate in cui sembra che la natura voglia prendersi la sua rivalsa sull’autunno, ma invano, perché il freddo dell’inverno incipiente la incalza e ne soffoca gli ardori.
Sennar non era in camera e Nihal tirò un sospiro di sollievo: le parole del ragazzo pungevano ancora.
Indugiò nel letto ancora qualche minuto, quindi si alzò e raggiunse Soana nella sala principale.
La maga era seduta al tavolo, immersa nella lettura. Accanto a lei c’era una tazza di coccio fumante e una fetta di pane nero.
«Buongiorno, Nihal. Siediti, fai colazione.»
L’infuso era ottimo e sapeva di miele, e il pane ancora caldo. A Nihal tornò il buonumore.
«Se sei pronta ti parlo della prova» le disse Soana, e Nihal si concentrò sulle sue parole.
«Per decidere se addestrarti ho bisogno di capire quali sono le tue potenzialità. La magia è in parte una capacità innata, e se in te manca questa predisposizione, io non potrò insegnarti nulla. Vedi, Nihal, il mago è colui che sa entrare in sintonia con gli spiriti primigeni della natura: da essi trae la sua forza e i suoi poteri. Egli prega la forza vitale che permea il mondo e, se sa farsi accettare, ne riceve in dono i suoi beni. La capacità di comunicare con la natura può essere affinata ed educata, ed è questo il ruolo del maestro, ma deve essere innata. La prova serve proprio a misurare questa capacità.»
Nihal aveva iniziato a interessarsi al discorso, e interruppe Soana: «Mi stai dicendo che il mago è tale solo perché gli spiriti naturali lo vogliono?».
«All’inizio è così» rispose la maga, contenta della luce di curiosità che intravedeva negli occhi della ragazzina. «Le formule per gli incantesimi più semplici non sono altro che preghiere agli spiriti naturali. A questa categoria appartengono gli incantesimi di guarigione più blandi e qualche semplice incantesimo di difesa. Quando le si riesce a padroneggiare con disinvoltura, si passa alla fase successiva.» Il tono di Soana si fece grave. «Lo scopo finale è quello di riuscire a dominare la natura e piegarla al proprio volere: allora non saranno più gli spiriti a guidare la mano del mago, bensì lui a dominare gli elementi con la sua volontà. A questa seconda categoria appartengono tutte le formule offensive, comprese quelle che vengono imposte sulle armi. Solo quando si è in grado di far ciò si può essere degni di essere chiamati maghi.»
«E ci vuole molto tempo?»
«Dipende. Sennar è mio allievo da quando aveva otto anni e non è ancora pronto. Eppure, tra i maghi che ho conosciuto, nessuno ha una così spiccata propensione per la magia. Io stessa studio ancora oggi, perché la natura è un libro infinito, ricco di mistero e di potere.»
Quelle parole entusiasmarono Nihal, facendole dimenticare che Soana aveva parlato di anni di addestramento. Si sentiva pronta a tutto. «Va bene, dimmi qual è la prova.»
«Devi andare nella Foresta e lì, nel luogo più profondo e più folto, cercare dentro te stessa la comunione con la natura. Ti concederò due giorni e due notti: se non riuscirai in questo tempo, vuol dire che la magia non ti appartiene e dovrai rinunciare. In caso contrario, inizieremo l’addestramento.»
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