Margaret Weis - Il destino dei gemelli
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«Concedimi di poter restare qui, senza essere vista, e di ascoltare ciò che nessun mortale ha mai udito, né è sopravvissuto per poterlo riferire: le parole del Gran Sacerdote. È un brav’uomo, forse troppo bravo.» Crysania si prese la testa fra le mani. «La mia fede è appesa a un filo,» disse con voce talmente sommessa che Tas a stento riuscì a sentirla. «Mostrami qualche giustificazione per questo terribile gesto. Se è un tuo capriccio, morirò come è stato stabilito, forse insieme a tutti coloro che da tempo hanno perduto la fede nei veri dei...»
«Non dire che hanno perduto la loro fede, Reverenda Figlia.» Dall’aria sgorgò una voce che sorprese talmente il kender da farlo quasi cadere fuori dalle tende. «Di’ piuttosto che la loro fede nei veri dei è stata sostituita dalla loro fede in quelli falsi: il denaro, il potere, l’ambizione...»
Crysania sollevò la testa con un gemito, al quale Tas fece eco, ma fu la vista del suo volto, non la vista d’una risplendente figura bianca che si stava materializzando accanto a lei, che indusse il kender a trattenere il respiro. Era ovvio che Crysania non aveva dormito per molte notti, i suoi occhi erano grandi, cerchiati di scuro e infossati. Le guance erano scavate, le labbra secche e screpolate. Non si era data la pena di pettinarsi, i capelli le ricadevano sul viso come nere ragnatele mentre fissava timorosa e allarmata quella strana figura spettrale.
«Chi... chi sei?» balbettò.
«Mi chiamo Loralon. E sono venuto a condurti via. La tua morte non è contemplata, Crysania. Adesso sei l’ultimo vero chierico su Krynn e puoi unirti a noi che ce ne siamo andati molti giorni addietro.»
«Loralon, il grande chierico di Silvanesti,» mormorò Crysania. Lo fissò per lunghi istanti, stringendo nervosamente le mani davanti a sé mentre s’inginocchiava. «Non ancora. Devo ascoltare il Gran Sacerdote. Devo capire...»
«Non hai capito già abbastanza?» le chiese Loralon con severità. «Cosa hai sentito nella tua anima, quella notte?»
Crysania deglutì, poi si scostò i capelli dal viso con mano tremante. «Sgomento, umiltà,» bisbigliò.
«Certamente tutti devono sentire questo davanti alla potenza degli dei...»
«Nient’altro?» insistè Loralon. «Invidia, forse? Il desiderio di emularli? Di esistere al loro stesso livello?»
«No!» rispose Crysania con rabbia, poi arrossì, volgendo altrove la faccia.
«Adesso vieni con me, Crysania,» insistette Loralon. «Una vera fede non ha bisogno di dimostrazioni, di nessuna giustificazione, per credere a ciò che nel proprio cuore sa che è giusto.»
«Le parole del mio cuore echeggiano vuote nella mia mente,» replicò Crysania. «Sono soltanto ombre. Devo vedere la verità, che risplende alla limpida luce del giorno! No, non verrò via con te. Rimarrò a sentire quello che dirà! Saprò se gli dei sono giustificati!»
Loralon la guardò con un’espressione che era più di pietà che di collera. «Non guardi la luce, anche se ti trovi davanti ad essa. L’ombra che vedi proiettarsi davanti a te è la tua. La prossima volta che vedrai con chiarezza, Crysania, sarà quando verrai accecata dalla tenebra... la tenebra interminabile. Addio, Reverenda Figlia.»
Tasslehoff sbatté le palpebre e si guardò intorno. Il vecchio elfo se n’era andato! Si era mai trovato veramente là? Il kender se lo chiese con! inquietudine. Ma doveva esserci stato, poiché Tas poteva ancora ricordare le sue parole. Si sentiva raggelato e confuso. Cosa aveva voluto dire? Tutto gli era suonato così strano. E che cosa aveva voluto dire Crysania dichiarando che era stata mandata là a morire?
Poi il kender si rasserenò. Nessuno dei due sapeva che il Cataclisma non ci sarebbe stato. Non c’era da stupirsi che Crysania si sentisse triste e depressa.
«È probabile che si rallegri non poco quando scoprirà che dopotutto il mondo non verrà affatto devastato,» si disse Tas.
E poi il kender udì delle voci lontane levarsi in un canto. La processione! Stava cominciando. Per l’eccitazione Tas fu quasi sul punto di lanciare un evviva. Temendo di venir scoperto, si affrettò a tapparsi la bocca con le mani. Poi diede un’ultima rapida sbirciata a Crysania. Sedeva sconsolata, facendosi piccola piccola al suono della musica. Distorta dalla distanza, questa suonava stridente, aspra e sgradevole. Il volto di Crysania era cinereo, al punto che Tas, per un attimo, si allarmò, ma poi vide che stringeva le labbra con fermezza, con lo sguardo che le s’incupiva.
«Ti sentirai bene molto presto,» le disse Tas in silenzio, poi il kender si ritrasse dietro la tenda per tirar fuori dalla sua borsa il meraviglioso congegno magico. Si sedette, tenendo il congegno fra le mani, e attese.
La processione parve durare un’eternità, per lo meno dal punto di vista del kender. Sbadigliò. Le Missioni Importanti erano decisamente noiose, decise con irritazione, e sperò che qualcuno avrebbe apprezzato quello che lui aveva dovuto sopportare, una volta che tutto fosse finito. Gli sarebbe piaciuto da matti giocherellare con quel congegno magico, ma Raistlin gli aveva bene inculcato nella mente che doveva lasciarlo stare fino a quando non fosse giunto il momento, e poi seguire le istruzioni alla lettera. Talmente intensa era stata l’espressione negli occhi di Raistlin e talmente gelida la sua voce da penetrare perfino l’atteggiamento incurante del kender. Tas sedeva là, tenendo stretto l’oggetto magico, quasi timoroso di muoversi.
Poi, proprio quand’era sul punto di rinunciare, in preda alla disperazione (e il suo piede sinistro stava lentamente perdendo ogni sensibilità) sentì un’esplosione di voci bellissime subito fuori della porta! Una luce brillante penetrò le tende. Il kender combatté la propria curiosità, ma alla fine non riuscì a resistere alla tentazione di dare una sbirciatina. Dopotutto, non aveva mai visto il Gran Sacerdote. Dicendosi che aveva bisogno di vedere quello che stava succedendo, lanciò un’altra occhiata attraverso la fessura.
La luce quasi lo accecò.
«Grande Reorx!» farfugliò il kender, coprendosi gli occhi con le mani. Ricordò che una volta, da bambino, aveva sollevato lo sguardo sul sole, cercando di capire se era davvero una gigantesca moneta d’oro e, se era così, in qual modo avrebbe potuto toglierla dal cielo. Era stato costretto a letto per tre giorni, con degli stracci inzuppati sugli occhi.
«Chissà come ci riesce?» si chiese Tas, mentre arrischiava un’altra occhiatina attraverso le dita.
Fissò il cuore di quella luce, come aveva fissato il sole. E vide la verità. Il sole non era una moneta d’oro. Il Gran Sacerdote era soltanto un uomo.
Il kender non provò il tremendo choc che aveva scosso Crysania quando aveva visto l’uomo vero che c’era dietro l’illusione. Forse ciò era dovuto al fatto che Tas non aveva preconcetti su come il Gran Sacerdote avrebbe dovuto essere. I kender non si lasciavano mai sgomentare da niente o da nessuno (anche se Tas doveva ammettere di sentirsi un po’ strano nelle vicinanze del cavaliere della morte, Lord Soth.) Rimase perciò solo moderatamente sorpreso nel vedere che il tanto sacro Gran Sacerdote era niente più di un umano di mezza età, mezzo calvo, con pallidi occhi azzurri, e l’espressione terrorizzata di un cervo intrappolato in una macchia. Tas rimase sorpreso, e deluso.
«Mi sono preso tutti questi fastidi per niente,» pensò il kender, irritato. «Non ci sarà nessun Cataclisma. Non credo che quest’uomo riuscirebbe a farmi arrabbiare abbastanza da indurmi a lanciargli addosso una torta, per non parlare di un’intera montagna di fuoco.»
Ma Tas non aveva nient’altro da fare (e moriva davvero dalla voglia di far funzionare il congegno magico), perciò decise di rimanere là ad osservare e ad ascoltare. Malgrado tutto, qualcosa avrebbe potuto succedere. Cercò di vedere Crysania, chiedendosi cosa provasse, ma l’alone di luce che circondava il re sacerdote era così luminoso che non riusciva a, vedere nient’altro nella stanza.
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