Margaret Weis - Il destino dei gemelli
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«Dove sceglierò,» aveva detto Raistlin.
«Potrei venire con te?» aveva chiesto Tas, avidamente.
«No, ci sarà bisogno di te nel tuo tempo,» aveva risposto Raistlin, fissando il kender in maniera molto strana, o così aveva pensato Tas in quel momento. «Per badare a Caramon...»
«Sì, immagino che tu abbia ragione,» aveva sospirato il kender. «Bisogna stargli dietro.» Avevano raggiunto la porta. Tas l’aveva guardata per un momento, poi aveva sollevato su Raistlin uno sguardo carico di desiderio. «Immagino che non potresti... spedirmi da qualche parte come hai fatto l’ultima volta? È un gran bel divertimento...»
Reprimendo un sospiro, Raistlin aveva spedito cortesemente il kender dentro uno stagno in mezzo alle anatre, con grande spasso di Tas. In effetti il kender non riusciva a ricordare un’altra volta in cui Raistlin fosse stato così gentile con lui.
Dev’essere dovuto al fatto che porrò fine al Cataclisma, aveva deciso Tas. È probabile che mi sia davvero grato... soltanto non sa esprimerlo in maniera adeguata. O forse non gli è permesso dimostrare gratitudine dal momento che è malvagio.
Quello era stato un pensiero interessante che Tas aveva preso in considerazione mentre usciva a guado dallo stagno per far ritorno tutto gocciolante all’arena.
Tas se l’era ricordato di nuovo quando, la notte prima del Cataclisma-che-non-ci-sarebbe-stato, era uscito un’altra volta. Ma i suoi pensieri su Raistlin erano stati brutalmente interrotti. Non si era reso conto di quanto la tempesta fosse peggiorata, e la ferocia del vento l’aveva un po’ sconcertato, sollevandolo letteralmente da terra e sbattendolo contro il muro esterno dell’arena, non appena aveva messo il naso fuori. Dopo essersi fermato un attimo per riprender fiato e controllare se non si fosse rotto qualcosa, il kender si era tirato su e si era rimesso in cammino verso il Tempio, con il magico congegno stretto saldamente in pugno.
Questa volta aveva avuto sufficiente presenza di spirito da tenersi rasente gli edifici, avendo scoperto che lì il vento non lo sballottava poi tanto. In realtà, camminare in mezzo alla tempesta era risultata un’esperienza piuttosto esilarante. A un certo punto un fulmine aveva colpito un albero accanto a lui, riducendolo in frantumi. In un altro punto del tragitto aveva mal calcolato la profondità dell’acqua che scorreva lungo la strada ed era stato trascinato via lungo l’isolato a gran velocità. Questo era divertente, e sarebbe stato ancora più spassoso se lui fosse stato in grado di respirare. Alla fine l’acqua l’aveva scaricato in maniera piuttosto brusca in un vicolo, dove aveva potuto rialzarsi in piedi e proseguire il suo viaggio.
Tas era stato quasi dispiaciuto di raggiungere il Tempio mettendo fine a tante avventure, ma ricordando la sua Missione Importante, era scivolato attraverso il giardino facendosi strada all’interno. Una volta là, come Raistlin aveva predetto, gli era stato facile mimetizzarsi attraverso la confusione creata dalla tempesta. I chierici correvano dappertutto, cercando di asciugare i pavimenti con gli stracci e di ripulirli dai vetri rotti delle finestre, riaccendendo le torce spente dal vento, confortando coloro che non ce la facevano più a resistere alla tensione.
Non aveva idea di dove si trovasse la Camera Sacra, ma non c’era niente che gli piacesse di più del vagare per luoghi strani e sconosciuti.
Due o tre ore (e parecchie borse rigonfie) più tardi si era imbattuto in una stanza che coincideva esattamente con la descrizione di Raistlin. qui giunto, essendo piuttosto affaticato, Tas era stato contento di riposare Dopo aver esaminato la stanza e averla trovata noiosamente vuota, avev oltrepassato l’altare, (vuoto anche quello,) e si era acquattato dietro tende, sperando (anche se era stanco) di trovare qualche tipo di caverna segreta dove il Gran Sacerdote stesse celebrando riti sacri vietati agli occhi dei comuni mortali.
Guardandosi intorno, aveva sospirato. Niente... niente più di una parete coperta da tende. Sedendosi dietro le tende, aveva disteso il suo mantello per farlo asciugare, si era strizzato l’acqua dal ciuffo, e con l’aiuto del bagliore dei lampi che entrava dalle finestre di vetro colorato aveva cominciato a mettere ordine tra gli oggetti interessanti che erano finiti nelle sue borse.
Dopo un po’ le sue palpebre erano diventate troppo pesanti per riuscire a tenerle aperte e gli sbadigli avevano cominciato a fargli male alle mascelle. Acciambellandosi sul pavimento era scivolato nel sonno, soltanto un po’ infastidito dal rombo dei tuoni. Il suo ultimo pensiero era stato per Caramon... Si era già accorto della sua assenza e, a causa di ciò, era molto arrabbiato?
La cosa successiva che Tas aveva notato, era il silenzio. Perché mai questo avesse dovuto destarlo da un sonno perfettamente tranquillo fu sulle prime un mistero. Era anche un mistero il luogo in cui si trovava, ma poi se ne ricordò.
Oh, sì. Si trovava nella Camera Sacra del Tempio del Gran Sacerdote di Istar. Oggi era il giorno del Cataclisma. Trovando che tutto questo lo confondeva parecchio... alterare il tempo era un tale fastidio... Tas decise di non pensarci e di cercare invece di capire perché ci fosse tanto silenzio.
Poi se ne rese conto. La tempesta era cessata! Proprio come Raistlin aveva detto che sarebbe successo. Alzandosi in piedi, Tas sbirciò fuori, attraverso le tende, nella Camera Sacra. Attraverso le finestre poteva vedere la viva luce del sole. Tas deglutì per l’eccitazione.
Non aveva nessuna idea di che ora fosse ma, a giudicare dal bagliore del sole, doveva essere quasi metà mattina. Ricordò che la processione sarebbe cominciata tra poco, e avrebbe impiegato un po’ per dipanarsi attraverso il Tempio. Il Gran Sacerdote avrebbe invocato gli dei all’Alta Veglia, una volta che il sole avesse raggiunto il suo zenit nel cielo.
E infatti, mentre Tas pensava a questo, le campane si misero a suonare a distesa proprio sopra di lui, o per lo meno così gli parve, e il loro clangore lo sorprese più del tuono. Per un momento si chiese se non fosse condannato a passare il resto della vita con quei rintocchi che gli echeggiavano nelle orecchie... Poi le campane della Torre sopra di lui smisero di suonare, e qualche istante dopo lo fecero anche le campane dentro la sua testa. Sospirò di sollievo, e sbirciò di nuovo fuori dalle pieghe delle tende dentro la Camera Sacra, chiedendosi se non ci fosse la possibilità che arrivasse qualcuno a far le pulizie, quando vide una figura indistinta sgusciare dentro la stanza.
Tas si ritrasse. Tenendo le tende scostate soltanto di uno spiraglio, guardò con un occhio solo. La figura teneva la testa china, i suoi passi erano lenti e incerti. Sostò un attimo per appoggiarsi a uno dei banchi di pietra che fiancheggiavano l’altare, come se fosse troppo stanca per proseguire, poi cadde in ginocchio. Anche se indossava le vesti bianche come chiunque altro nel Tempio, a Tas parve che quella figura avesse un aspetto familiare perciò, quando fu abbastanza sicuro che l’attenzione della figura non era rivolta a lui, si arrischiò ad allargare lo spiraglio.
«Crysania!» disse fra sé con interesse. «Mi chiedo perché sia arrivata così presto...». Poi venne colto da un improvviso, sconfortante disappunto. E se anche lei si fosse trovata là per fermare il Cataclisma? «Accidentaccio! Raistlin ha detto che io potevo riuscirci...» borbottò.
Poi si rese conto che Crysania stava parlando: stava dicendo qualcosa fra sé, oppure pregava, Tas non ne fu ben sicuro. Tenendosi accostato alla tenda quanto più osava, ascoltò le parole sommesse da lei pronunciate.
«Paladine, dio dell’eterna bontà, il più grande e il più saggio, ascolta la mia voce in questo giorno di suprema tragedia. So che non posso fermare ciò che sta per giungere. E, forse è segno di mancanza di fede che io metta anche soltanto in dubbio ciò che fai. Ti chiedo soltanto questo, aiutami a capire! Mostrami che non ho fallito, tornando qui indietro nel tempo per compiere tutto ciò che mi ero proposta.
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