Robert Jordan - La corona di spade
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«Al’Thor non andrà a cercare nessuno personalmente» rise Sammael. «La sola cosa che devo fare è aspettare.» E mentre rideva, attraversò il passaggio per entrare nelle sue stanze, facendolo richiudere alle sue spalle.
Il Myrddraal si mosse dal suo nascondiglio nell’ombra, diventando visibile. Ai suoi occhi il passaggio aveva lasciato un residuo — tre macchie di nebbia luminosa. Non sapeva distinguere un flusso da un altro, ma poteva distinguere saidin da saidar per gli odori diversi. Saidin odorava come il filo di una lama affilata, la punta di una spina, saidar invece aveva un odore delicato, come di qualcosa che si sarebbe indurito con la pressione. Nessun altro Myrddraal era capace di fiutare quella differenza. Shaidar Haran non era come gli altri Myrddraal.
Shaidar Haran raccolse una lancia e la usò per aprire la sacca di Sammael, quindi per separare le pietre che erano cadute fuori. Stavano accadendo molte cose che non erano state programmate. Questi eventi avrebbero scatenato il caos, o...
Lungo la lancia si svilupparono delle fiamme nere rilasciate dalle mani di Shaidar Haran, la mano della Mano dell’Ombra. Quell’asta di legno fu ridotta in cenere in un istante e la punta della lancia cadde in terra. Il Myrddraal lasciò cadere in terra il legno carbonizzato e rimosse la polvere dalle mani. Se Sammael era al servizio del caos, allora era per il meglio. In caso contrario...
Il Myrddraal provò un dolore improvviso dietro al collo e fu pervaso da una sorta di debolezza. Era stato lontano da Shayol Ghul troppo a lungo. Quel legame doveva in qualche modo essere eliminato. Ringhiò e si voltò alla ricerca di quel margine d’ombra di cui aveva bisogno. Il giorno stava giungendo. Sarebbe giunto.
41
La corona di spade
Rand continuava ad agitarsi nel letto mentre sognava. Sogni selvaggi in cui discuteva con Perrin, e pregava Mat di trovare Elayne, i colori lampeggiavano ai margini della visione, Padan Fain gli saltava addosso con una lama dardeggiante, e talvolta gli sembrava di sentire una voce che si lamentava dal profondo delle nebbie parlando di una donna morta, sogni dove cercava di dare delle spiegazioni sul suo comportamento a Elayne, Aviendha o Min, a tutte e tre insieme; anche Min sembrava guardarlo con disprezzo.
«...non essere disturbato!» La voce di Cadsuane. Era parte dei sogni?
Quella voce lo spaventava; nei suoi sogni gridava alla ricerca di Lews Therin e quel suono echeggiava attraverso una nebbia densa, dove si muovevano sagome umane e cavalli che morivano gridando, una nebbia dove Cadsuane lo seguiva implacabilmente mentre lui correva ansimando. Alanna cercava di calmarlo, ma anche lei aveva paura di Cadsuane; Rand ne percepiva la paura, intensa come la sua. Aveva mal di cuore. E gli doleva anche il fianco; la vecchia ferita era in fiamme. Sentiva saidin. Qualcuno stava usando saidin. Era lui? Non lo sapeva e stava cercando con tutte le sue forze di svegliarsi.
«Lo ucciderai!» gridò Min. «Non ti permetterò di farlo!»
Rand aprì gli occhi e la fissò. Min non lo stava guardando, gli aveva cinto il capo con le braccia e guardava torva qualcun altro, lontano dal letto. Gli occhi erano rossi. Aveva pianto, adesso non più. Sì. Rand si trovava nel proprio letto, in camera sua, nel palazzo del Sole. Vedeva le testiere del letto, ebano intarsiato d’avorio. Senza giubba, con indosso una camicia di seta color crema, Min lo stringeva con fare protettivo, seduta sulle lenzuola di lino che lo coprivano fino al collo. Alanna era spaventata; quella sensazione la provava in fondo al cranio. Aveva paura ‘per’ lui. Non sapeva perché, ma ne era sicuro.
«Min, credo che sia sveglio» disse gentilmente Amys.
Min guardò in basso e il suo volto, incorniciato dai riccioli scuri, s’illuminò di un sorriso fugace.
Con molta cautela, poiché si sentiva debole, Rand scostò le braccia della ragazza e si mise a sedere. La testa gli girò in maniera vorticosa, ma Rand si costrinse a non sdraiarsi di nuovo.
Da un lato vide Amys, affiancata da Bera e Kiruna. I lineamenti giovanili di Amys erano inespressivi, ma la donna spinse indietro i lunghi capelli bianchi e sistemò lo scialle scuro, come se stesse riordinandosi dopo un attimo di agitazione. All’apparenza anche le due Aes Sedai erano serene, eppure ricordavano una regina pronta a combattere per il suo trono e una donna di campagna pronta a combattere per la propria fattoria. Stranamente, se Rand aveva mai visto tre persone unite, non solo fisicamente, erano queste tre, spalla a spalla come se fossero un solo corpo.
Dal lato opposto del letto vide Samitsu, con quei campanellini d’argento fra i capelli, insieme a una Sorella snella con folte sopracciglia nere, uno sguardo selvatico e i capelli corvini, in piedi vicino a Cadsuane con le mani sui fianchi. Samitsu e l’Aes Sedai dai capelli corvini portavano scialli con le frange gialle e avevano le mandibole serrate, esattamente come Bera e Kiruna; eppure l’espressione severa di Cadsuane le faceva apparire tutte e quattro esitanti. I due gruppi di donne non si guardavano, piuttosto osservavano gli uomini.
Vide Dashiva, con le spille della spada d’argento e il Drago rosso e oro appuntate sul colletto, vide anche Flinn e Narishma, con i volti cupi, che cercavano di guardare le donne da entrambi i lati del letto. Jonan Adley stava accanto a loro, la giubba nera sembrava bruciata su una manica. I quattro uomini erano colmi di saidin, inondati, a quanto pareva. Dashiva ne stava trattenendo la stessa quantità che era in grado di attingere Rand. Questi guardò Adley, che annuì leggermente.
Rand si accorse di colpo di non indossare nulla sotto le lenzuola, scese all’altezza della vita, e nulla di sopra, tranne la fasciatura che copriva il fianco. «Quanto tempo ho dormito?» chiese Rand. «Com’è possibile che sia ancora vivo?» Rand mise una mano sulle bende con molta circospezione. «La lama di Fain è stata presa a Shadar Logoth. Una volta l’ho vista uccidere un uomo in pochi istanti solo tramite un leggero contatto. È morto subito, tra dolori atroci.» Dashiva mormorò un’imprecazione che conteneva il nome di Fain.
Samitsu e l’altra Sorella Gialla si scambiarono un’occhiata stupita, ma Cadsuane si limitò ad annuire, e gli ornamenti dorati che aveva" fra i capelli dondolarono. «Sì. Shadar Logoth; spiega di sicuro molte cose. Se sei ancora vivo, puoi ringraziare Sumeko e mastro Flinn.» Cadsuane non guardò in direzione dell’uomo brizzolato, ma questi sorrise come se lei gli avesse rivolto un inchino. Per la verità, con sua sorpresa, le Gialle gli rivolsero un cenno del capo. «Naturalmente anche Corele, qui presente» proseguì Cadsuane. «Ognuno di loro ha fatto la sua parte, incluse alcune cose che non credo siano state eseguite dai tempi della Frattura.» La voce di Cadsuane divenne lugubre. «Senza loro tre, ormai saresti di sicuro morto e forse sei ancora in pericolo, se non ti lascerai guidare da noi. Adesso devi riposare, non fare alcuno sforzo.» Lo stomaco di Rand borbottò rumorosamente, per cui Cadsuane aggiunse: «Siamo solo riuscite a farti bere un po’ d’acqua e del brodo, da quando sei stato ferito. Due giorni sono un periodo molto lungo senza cibo, per un uomo malato.»
Due giorni. Solo due. Rand evitò di guardare Adley. «Voglio alzarmi» disse.
«Non lascerò che ti uccidano, pastore,» disse Min perentoria «e non permetterò nemmeno che ti faccia del male da solo.» Gli cinse le spalle come se volesse trattenerlo.
«Se il Car’a’carn desidera alzarsi,» disse Amys atona «dirò a Nandera di far entrare le Fanciulle che sono nel corridoio. Soprattutto Somara ed Enaila saranno felici di offrirgli l’assistenza di cui ha bisogno.» Amys abbozzò un sorriso. Anche lei una volta era stata una Fanciulla e sapeva quale fosse la situazione attuale. Kiruna e Bera non sorrisero, ma lo guardarono come se fosse un vero stupido.
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